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Chi segue questo blog da qualche anno sa che uno degli interessi e dei temi di riflessione principale del quale mi sono occupato è quello che riguarda la Social Enterprise.

Si tratta di un tema a me molto caro sul quale lavoro da anni e che mi sembra importante riprendere anche alla luce di un recente report di Deloitte dedicato proprio a questo argomento (qui maggiori informazioni per chi fosse interessato all’approfondimento: https://www2.deloitte.com/insights/us/en/focus/human-capital-trends.html). In realtà il taglio del report è un po’ differente rispetto alla definizione e all’accezione di social enterprise che abbiamo utilizzato noi in questo contesto, ma ci sono elementi che possono essere sicuramente mutuati e presi in considerazione per l’evoluzione delle aziende nelle quali lavoriamo. Il taglio che viene restituito nel report è, infatti, molto più improntato alla socialità e a un contributo che più che al business si declina dell’assistenza e nel sociale.

Vediamo quali sono i messaggi principali che emergono da questa trattazione.

In primo luogo il report si concentra sul ruolo della C-Suite e delle modalità che contraddistinguono la testa del’azienda. Mentre le organizzazioni hanno radicalmente cominciato a cambiare, i livelli più alti dell’impresa sono ancora arroccati nei loro silos e hanno difficoltà nell’agire in modo collaborativo, spesso fuori anche dai confini dell’impresa. Guardiamo a quello che è stato fatto dal gruppo BMW / Mini / Rolls Royce e da Daimler quando hanno dichiarato e deciso di voler stabilire una partnership per rivoluzionare il futuro della mobilità e dei trasporti (qui maggiori informazioni sul comunicato stampa che hanno rilasciato durante la “fusione” di Car2Go e DriveNow e – più in generale – del loro ecosistema: https://www.car2go.com/media/data/na/press/releases/bmw_group_daimler_ag_combining_mobility_services.pdf). Pensateci: si tratta di una vera e propria rivoluzione epocale nel modo di considerare l’organizzazione.
In questo senso l’azienda collaborativa si estende ben oltre i confini dell’impresa e ben oltre la collaborazione tra interno ed esterno dell’azienda e riguarda i network di aziende e la società intera.
Nei prossimi anni – secondo il report – ci si aspetta una forte crescita di questo tipo: attorno a modalità di lavoro che siano molto lontane da quelle tradizionali e possano apparire anche contro-intuitive rispetto a quelle a cui siamo stati abituati. E’ in gioco il miglioramento – in senso ampio – dell’intera società e non solo del mondo lavorativo.

Un altro tema molto interessante che viene messo in luce nel report riguarda la gestione della forza lavoro. Considerando che le nostre aziende si stanno muovendo verso modelli sempre meno legati alle tradizionali forme di lavoro fisso diventa cruciale ingaggiare la popolazione aziendale fornendo nuovi modelli e nuovi meccanismi che possano premiare i comportamenti funzionali al benessere dell’azienda e – come abbiamo visto – della società in senso ampio. I meccanismi di reward e di compensation, oltreché di riconoscimento più esteso della performance aziendale devono essere presi in considerazione sganciandosi dall’approccio one-size-fits-all che è stato applicato nel recente immediato passato.

E’ bene sottolineare anche come le tecnologie siano cambiate negli ultimi anni e come la proliferazione di piattaforme collaborative metta i manager di fronte a una maggiore esigenza di chiarezza.

Collaborative Channels - Deloitte

Diventa fondamentale riflettere sulla dimensione di integrazione tra tecnologia, business, processi, cultura e persone in modo molto più consistente rispetto al passato.

Per chiudere con la definizione di Deloitte di Social Enteprise:

“A social enterprise is an organization whose mission combines revenue growth and profitmaking with the need to respect and support its environment and stakeholder network. This includes listening to, investing in, and actively managing the trends that are shaping today’s world. It is an organization that shoulders its responsibility to be a good citizen (both inside and outside the organization), serving as a role model for its peers and promoting a high degree of collaboration at every level of the organization.”

Questa definizione – a chiusura dell’articolo – sebbene leggermente differente rispetto a quella a cui siamo abituati sottolinea una dimensione fondamentale dell’impresa del futuro che è quella di generare valore, senso e significato per tutti gli stakeholder coinvolti, ma soprattutto per la società intera.

E’ questo il contributo fondamentale – in sintesi – che una organizzazione collaborativa dovrebbe essere in grado di fornire.

McKinsey ha pubblicato di recente una ricerca molto interessante (la trovate qui, se siete interessanti al dettaglio: McKinsey research on Social Collaboration) che mette in luce lo stato dell’arte attuale relativo alla social e digital collaboration e il futuro del settore.

Chi segue questo blog sa che quello della collaboration è un tema a me caro ormai dal 2010 e che mi sono sempre occupato di progetti a supporto delle organizzazioni di medie e grandi dimensioni nell’introduzione di tecnologie collaborative all’interno del contesto aziendale. Tutto questo per sottolineare che di acqua sotto ai ponti, rispetto a qualche anno fa, ne è passata parecchia e che la collaboration è divenuta sempre di più un tema oggetto di sperimentazioni concrete e casi di successo che hanno portato numerose aziende a migliorare i propri processi lavorativi.

Sono queste le medesime riflessioni dalle quali muove McKinsey, cercando di analizzare meglio la situazione attuale e fornendo alcune utili indicazioni che possono aiutarci a intuire quale possa essere il (prossimo) futuro della trasformazione digitale.
Vediamo insieme alcuni dei punti chiave che sono messi in luce dall’analisi condotta.

  • Il primo dato rilevante che emerge è che – nonostante – tutto il tempo passato, lo spazio di miglioramento è ancora molto e le tecnologie collaborative potrebbero essere ancora largamente impiegate in modo più consistente all’interno delle organizzazioni

When asked about their own use of communication tools in their day-to-day work, most executives report that social technologies overall are largely supplemental. Nearly three-quarters of respondents say they rely primarily on older technologies, such as email, phone calls, and texting, to communicate with others at work.

Extent of Social Collaboration Technologies

  • Il dato positivo – come si vede molto bene dal grafico – è che la situazione è comunque fortemente in crescita e migliorata rispetto al 2012, in cui l’uso delle tecnologie collaborative è raddoppiato.
  • La questione maggiormente delicata riguarda – probabilmente – il fatto che ad essere impiegate per collaborare siano, molto spesso, ancora tecnologie abbastanza vecchie (email, messaggistica) che, solo in modo limitato, mettono a fattore comunque le reali potenzialità della collaboration
  • Sono ancora poche le aziende che stanno impiegando la collaboration come leva fondamentale di business e come strumento per la gestione delle community interne o per rivedere i propri processi interni in chiave di business. E’ qui che il vero contributo delle social technologies è molto più forte ed è qui lo spazio di manovra maggiore che ancora non è stato del tutto intuito e sperimentato

Social Messaging

  • La crescita resta comunque molto rappresentativa come si legge nel report:

The changes in employee-to-employee communication that more sophisticated technologies are already bringing about—and the potential they have to drive further change—is notable for a few reasons. First, the internal use of social technologies remains the most common reason companies adopt these tools. Eighty-five percent of all respondents say their companies use social technologies for internal purposes, up from 80 percent in 2015 and 69 percent in 2014. At the same time, a growing share of executives say they use social tools with partners: 59 percent in 2016, up from 49 percent the year before.

Per quanto riguarda i processi che sono toccati dal fenomeno, il maggiormente impattato risulta essere quello di supporto al cliente e di servizio after sales, a testimonianza del grande impatto che le tecnologie collaborative possono avere all’interno dell’impresa per migliorare anche la relazione e il servizio al cliente.

Services impacted by social technologies

L’analisi di McKinsey si conclude con una benefici, anche molto consistenti, che le tecnologie collaborative portano all’interno delle imprese. Si tratta comunque – a mio avviso – di benefici troppo connessi a una dimensione di engagement e poco a quella di business.

Nella mia esperienza progettuale le aziende hanno la necessità di collegare fortemente la collaborazione (come anche il digitale in senso più ampio) alla soluzione dei loro problemi di business. E’ fondamentale per le imprese capire come – e in che modo – le digital collaboration technologies possano impattare in modo significativo sul loro modo di fare impresa e di relazionarsi con clienti e dipendenti interni.

Che efficienza creano? In che modo mi permettono di servire meglio il cliente? Di quanto posso abbattere il tasso di risoluzione dei problemi? In che modo posso facilitare l’onboarding dei nuovi assunti? Come posso ridurre il tempo speso nelle riunioni? Come riduco il traffico di email scambiate? Come mi libero e risolvo i problemi legati all’overflow informativo? Come migliore la mia capacità di innovare attraverso servizi partecipati? Come creo un’organizzazione in grado di imparare e di conoscere? Come miglioro la motivazione e l’engagement dei miei dipendenti? In che modo posso diminuire i costi IT della mia azienda?

E’ a tutte queste domande – e molte altre – che un serio progetto di collaboration dovrebbe essere in grado di rispondere. La strada è tracciata e il mercato è ormai maturo, il futuro sarà di coloro che saranno in grado di connettere la trasformazione digitale a seri indicatori di business e fare davvero la differenza.

Chi segue questo blog sa che da qualche anno mi occupo di analizzare gli impatti e gli effetti che la digital transformation sta avendo, ha avuto e avrà sempre di più nel modificare processi e dinamiche delle organizzazioni che compongono la nostra società.

Di recente un report di Forrester titolato “The Digital Business Imperative” mette l’accento proprio su queste dinamiche. Vediamo di analizzarlo assieme e di estrarne i messaggi principali che ci sono sicuramente utili per inquadrare meglio il fenomeno e per trarne considerazioni interessanti utili anche ad essere applicate al contesto quotidiano di cui facciamo esperienza tutti i giorni.

  • I consumatori di oggi sono digitalizzati (e non ci sono più per te), avevamo iniziato a parlarne qualche mese fa e in precedenza, ma ora il percorso di trasformazione è quasi completo. Entro il 2017 il 74% della popolazione americana avrà accesso e possederà almeno uno smarpthone mentre il 46% disporrà di un tablet. La realizzazione di esperienze digitali integrate e multicanali sempre più indirizzate all’online stanno profondamente modificando le logiche di acquisto e di proposizione di prodotti e servizi.
  • I nostri competitor fanno un altro mestiere (e sono digitali), se pensiamo a servizi che sono legati all’economia collaborativa (di cui abbiamo giù parlato in passato) sta emergendo una nuova fascia di aziende che sempre di più mettono in crisi e sottolineano l’inefficacia dei vecchi modelli, obbligando le organizzazioni a ripensare completamente i loro modelli di business. Nel 2012 PayPal ha supportato transazioni per oltre 145 miliardi di dollari e Netflix oggi ha 44 milioni di abbonati, il doppio di un’azienda come Comcast che pure ha fatto del digitale e della centralità del customer care uno dei suoi asset fondamentale nel passato. Nascono nuovi modelli che obbligano seriamente a ripensare le vecchie logiche e che distruggono – alle volte – le logiche a cui eravamo abituati.
  • I canali e i touchpoint sono digital. Le organizzazioni hanno compreso che l’unico modo per comunicare con i propri clienti è quello di usare un mix corretto e strategicamente oculato di canali digitali (sia online che offline) nella realizzazione di una customer experience il più possibile integrata.
    Nel 2017 si stima che il digitale influenzerà oltre il 50% di tutti gli acquisti negli stati uniti e il 72% degli adulti americani userà servizi di digital banking all’interno delle principali operazioni e relazioni con la propria banca. Due dati significativi che fanno riflettere sulla pervasività del fenomeno di cui stiamo parlando.
  • Ogni resistenza è futile: sarete assimilati. Nessun business è – infatti – immune alla digital disruption tutti i settori – chi più chi meno, chi prima chi dopo – saranno fortemente trasformati dalla rivoluzione alla quale stiamo assistendo. Non si tratta più di una questione da discutere, ma di una presa di coscienza che deve avvenire quanto prima. Il 93% dei partecipanti all’indagine Forrester è convinta che il digitale cambierà profondamente il loro business nell’arco dei prossimi 12 mesi.
  • Gli attuali modelli di business sono il  vero – e più profondo – punto debole. Le strutture fordiste e standardizzate nelle quali le organizzazioni si sono arroccate per anni non sono sufficienti e non bastano a fare fronte al mutato contesto e scenario del mercato. Il 68% delle organizzazioni sta – infatti – sperimentando problemi di coordinamento e afferma di trovare molte più barriere e resistenze all’interno dell’impresa che non all’esterno.
  • Le strategie digitali sono inefficaci. Dopo anni spesi a dotarsi di una strategia digitale (il 74% degli intervistati dice di averne una) è solo 1/3 di questa percentuale a credere che sia sufficiente ed efficace a fronteggiare i prossimi cambiamenti.

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  • Il digitale stesso deve essere ripensato con un focus maggiore sulle persone e su dinamiche di ecosistema. Non si può ragionare solo su una unica fetta della torta, è quindi necessario approcciare il digitale come parte di un processo di change management  molto più ampio ed esteso che parte dalle persone per le persone, che abbia un serio legame con il business e che sia in grado – davvero – di cambiare profondamente l’intera organizzazione, partendo non solo dai clienti e dai consumatori ma dagli stessi dipendenti interni dell’organizzazione e dell’impresa che devono essere l’agente del cambiamento e i principali attori della trasformazione.

Come si legge anche nel report:

Your business needs a reset. You need to look at digital holistically. You need to transform your business by applying digital thinking across everything you do — how you win, serve, and retain customers; how you operate your internal processes; and how you source business services. In short, you must become a digital business.

Digital businesses continuously exploit digital technologies to both create new sources of value for customers and increase operational agility in service of customers.

E’ necessario che l’intera azienda ragioni come un complesso e articolato ecosistema in cui tutti gli attori (stakeholder, management, dipendenti, consumatori, partner…) si muovono all’unisono per generare valore.

La customer experience di alto livello – che oggi rappresenta uno dei driver fondamentali dell’impresa – e che è in grado di condurre le aziende a risultati tangibili e profitti eccezionali, riesce a nascere solo in un contesto come quello illustrato. Solo in un contesto in cui le organizzazioni riescano a ragionare molto di più come organismi viventi e come sistemi che come macchine organizzate per seguire processi consolidati.

Cosa possono fare quindi le organizzazioni per sopravvivere a queste sfide e a questo contesto?

Forrester mette in luce una serie di punti fondamentali che sono da tenere in considerazioni per assicurarsi il successo delle iniziative di digitalizzazione dell’organizzazione:

  • Settare il digitale come uno dei punti cruciali della propria strategia di business e del proprio percorso evolutivo come azienda. Considerare il digitale come leva fondamentale dell’impresa e fare di tutto per raggiungere gli obiettivi prefissati in questo senso è sicuramente uno dei primi passi da fare per comprendere e far comprendere l’importanza dell’evoluzione in questa direzione.
  • Collegare l’interno dell’azienda con l’esterno dell’azienda abilitando attraverso la social collaboration dinamiche di crescita del valore e di engagement di dipendenti e clienti
  • Mettere consumatori e clienti (ma anche i dipendenti dell’azienda) al centro della strategia. Partire sempre domandarsi sempre quello che vogliono i nostri clienti e cosa vogliono che facciamo per loro come azienda, in termini di prodotti, servizi offerti o anche “semplicemente” di esperienza.
  • Coltivare una cultura digitale. Le evidenze della social collaboration survey, condotta circa un anno fa con Emanuele Quintarelli hanno dimostrato come le aziende che hanno successo si discostino da quello che falliscono in questo tipo di progetti anche a causa di un budget troppo esiguo destinato a una mera dimensione tecnologica, anziché tenere presente anche le persone e i fattori di cambiamento culturale necessario per questo tipo di iniziative.
  • Alleatevi con l’IT. Non guardate all’IT come un dipartimento da sfiduciare o da temere ma come uno dei vostri migliori alleati e bracci operativi nell’ambito della realizzazione di una strategia di evoluzione digitale dell’impresa.

La strada è tracciata quindi: siete in grado di prenderla? O siete tra le aziende che non credono ancora al cambiamento e finiranno per essere …travolte?

In uno degli ultimi post abbiamo analizzato come ogni tipologia di business e di impresa stia muovendo i propri passi verso un ecosistema sempre più digitale e in che modo questo abbia influenzato sostanzialmente tutti i processi delle organizzazioni e delle imprese, a differenti livelli e in modo trasversale rispetto alle industry di appartenenza e alle dimensioni.

Un report di EY dello scorso ottobre mette l’accento sul fenomeno del digitale all’interno del mondo assicurativo sottolineando i cambiamenti e le sfide che questo tipo di mercato si troverà ad affrontare nel prossimo – immediato – futuro.

Vediamo di analizzare nello specifico alcuni dei risultati che emergono dal report. L’importanza del digitale è ormai sotto agli occhi di tutti. Come si legge nel report è un processo che richiede un modo di lavorare e un approccio completamente nuovi rispetto a quelli a cui eravamo abituati.

Quote

Alcune delle informazioni chiave che emergono dall’analisi:

  • Le compagnie di assicurazione hanno compreso che non sono abbastanza pronte rispetto alla trasformazione digitale e stanno provando ad attrezzarsi per fare il passo, consapevoli – allo stesso modo – dell’importanza di questo mercato. E’ oltre l’80% delle aziende intervistate a non sentirsi leader in questo
  • Le aspettative sono alte ma le competenze non rispondono altrettanto bene. 2/3 delle organizzazioni sono consapevoli che ciò che hanno realizzato è ancora immaturo e non sufficiente.
  • Il potenziale è trattenuto.
    Molte di queste realtà non stanno liberando completamente il potenziale che risulta inespresso e inefficace. Per quanto riguarda gli ostacoli ci si trova di fronte a problemi di natura differente: culturale, organizzativa e tecnologica. Questo rende le organizzazioni in oggetto incapaci di cogliere le possibilità della trasformazione digitale come vorrebbero.
  • La Customer Experience gioca un ruolo chiave.
    Anche le assicurazioni hanno compreso che devono lavorare seriamente e sinceramente senza molte “storie” sulla customer experience e sul coinvolgimento effettivo del consumatore all’interno delle logiche organizzative in modo molto più pro-attivo.
  • La misurazione rappresenta un fattore critico di successo ed è di importanza strategica fondamentale.
  • Le assicurazioni devono imbracciare il cambiamento introdotto dal mobile e dai social media in modo più significativo e consistente.
  • E’ importante che l’intera azienda sia coinvolta.
    Dai livelli più alti a quelli più bassi, dall’interno all’esterno tutti devono entrare in gioco e spendersi in prima persona nella creazione di valore per tutto l’ecosistema aziendale.

Insurance Inhibitors

In riferimento a quanto detto e quanto emerso sono visibili anche alcuni dati molto interessanti che sottolineano questo tipo di processi.

Il 57% delle organizzazioni interpellate ritiene che i modelli organizzativi interni non siano in grado di facilitare il digitale, la barriera legata al vecchio modo di funzionare e di lavorare sembra essere lo scoglio culturale e aziendale maggiore nell’adozione di nuove modalità. Il 79% delle aziende ritiene di essere ancora in una fase esplorativa e rispetto al Customer Care addirittura l’89% non considera le precedente interazioni con i clienti quando consiglia un determinato servizio o prodotto, dando origine a una pessima esperienza utente che spesso sfocia nella perdita del cliente o nella mancanza di proposizioni di valore.

Insurance Inhibitors 2

La comprensione dell’importanza del digitale nella costruzione di una esperienza utente significativa è ormai cosa assodata e moltissime organizzazioni sono consapevoli del fatto che rappresenti una sfida corretta da intraprendere nel prossimo futuro. E’ tuttavia solo il 46% delle aziende a credere che i consumatori cambieranno compagnia se l’organizzazione fallirà nel processo di trasformazione digitale. La necessità è quindi avvertita ma non in modo così urgente e consistente.

Il mobile è un altro grosso punto di domanda per queste aziende. E’ solo il 43% a fornire un supporto mobile a fronte di un 72% che lo offre anche online. Il mobile quindi non è ancora percepito come un asset fondamentale ma come un di più non affatto strategico.

Il report oltre a fornire degli ottimi spunti e moltissimi dati interessanti mette a disposizione anche una roadmap per coloro che volessero cominciare a intraprendere un serio e significativo cammino in questa direzione:

  • Costruire una strategia digitale e definire chiaramente gli obiettivi
  • Consentire lo sviluppo di risorse e di expertise dedicate al mondo del digitale e ai suoi processi. Nuove logiche richiedono nuovi modi di ragionare e nuove competenze che non tutti hanno.
  • Calcolare il corretto investimento, pensare di intraprendere un percorso di questo tipo senza il budget economico per sostenerlo è quantomeno rischioso. Processi complessi richiedono investimenti complessi per poter funzionare a dovere.
  • Misurare e ancora misurare: l’importanza degli analytics è chiave per riuscire a sopravvivere e a comprendere in che direzione si sta andando.
  • Sviluppare e prevedere supporti per il mobile, considerando anche – e soprattutto – che il mercato sta andando totalmente in quella direzione e questo è quello che chiedono i consumatori.
  • Considerare la cultura dell’organizzazione: non tutte le aziende sono ugualmente pronte e non tutte le aziende si muovono allo stesso modo comportandosi in maniera analoga. Comprendere come sono fatte e come ragionano è sicuramente un punto chiave fondamentale.
  • Creare una cultura della collaborazione e dell’innovazione

Cycle

Ancora molto spazio di investimento e di manovra dunque per chi voglia conquistarsi un pezzo in questo settore in cui a fronte di una consapevolezza non si sono ancora avviati i giusti meccanismi in grado di far accadere concretamente le cose. Si tratta quindi di uno spazio interessante sia da presidiare sia da tenere d’occhio per i prossimi mesi e anni. Il settore risulta senza dubbio molto forte e il contributo che il digitale può fornire a questo tipo di processo altrettanto significativo.

Ce l’abbiamo fatta!
Qualche notte insonne e qualche faticata non da poco per l’elaborazione dei dati ma alla fine… ce l’abbiamo fatta!
E’ online il sito dell’iniziativa che ho lanciato insieme all’amico Emanuele Quintarelli e lo trovate qui: Social Collaboration Survey 2013.

Un lavoro complesso che ci ha impegnati negli ultimi tre mesi nel tentativo tanto ambizioso quanto importante di provare a mappare lo stato della collaborazione all’interno delle aziende italiane, tentando di identificare: le metriche di successo, i problemi, le risorse coinvolte, le tecnologie, i processi e gli approcci strategici delle aziende che nel nostro paese stanno provando o hanno già avviato iniziative di trasformazione digitale al loro interno.

Collaboration in Italia

Come si legge sul sito abbiamo provato a dare risposta ad alcuni aspetti chiave per la comprensione del fenomeno della social collaboration e dell’importanza che sta avendo – e che sempre di più avrà nei prossimi anni:
  • Rilevanza: Quanto il tema della collaboration è sentito dalle aziende oggi e nel prossimo futuro?
  • Driver: Quali sono i driver di business che spingono le aziende ad introdurre strumenti ed approcci partecipativi?
  • Sponsor: Quali dipartimenti hanno la responsabilità di lanciare e/o di supportare le iniziative?
  • Maturità: Che livello di maturità hanno raggiunto le imprese del nostro paese da un punto di vista di collaboration?
  • Budget: Quanto consistenti sono i budget disponibili ed in quale aree del progetto vengono spesi?
  • Misurazione: Quali indicatori di performance e metriche sono utilizzati e quanto la misurazione dei risultati è già parte delle iniziative?
  • Best e worst practice: Quali strategie si sono rivelate particolarmente efficaci nel raggiungere alti livelli di adozione e quali errori è importante evitare?
  • Processi: Fino a che punto la collaboration interseca e migliora flussi di lavoro e processi di business esistenti in azienda?
  • Strumenti: Quali tool sono utilizzati più frequentemente dai dipendenti?

Ma che cosa intendiamo con il termine Social Collaboration?

Un insieme di strategie, processi, comportamenti e piattaforme digitali che consentono a gruppi di persone all’interno dell’azienda di connettersi, interagire, condividere informazioni e lavorare ad un comune obiettivo di business

Finalita

Ma che cosa abbiamo scoperto, in sintesi?

  • In un momento di congiuntura economica negativa strumenti come quelli offerti dal digitale e dalla social collaboration sono in grado di insistere su nuove leve di produttività rilanciando con forza la capacità delle aziende di capitalizzare creatività, conoscenza e relazioni.
  • La collaboration è ben più di una moda passeggera. L’importanza che le aziende le attribuiscono è molto elevata. E’ il 75% delle aziende intervistate a ritenerla cruciale per i prossimi 3 anni.
  • Collaborare genera valore. Le imprese che usano in modo mirato le piattaforme social all’interno dell’organizzazione sono quelle che riescono a ottenere i maggiori benefici in termini di efficientamento del lavoro, riuso della conoscenza, e miglioramento nel coordinamento dei progetti.
  • Senza adozione non c’è ritorno. La collaboration semplicemente non funziona per le aziende che non sanno come misurare e non sanno come coinvolgere in maniera estesa tutto l’ecosistema aziendale.
  • Il Top Management ci mette la faccia. Le iniziative di successo sono quelle che partono da una forte sponsorship dall’alto e che coinvolgono in maniera estesa anche i dipendenti.
  • Serve del budget. Non è possibile pensare di innovare e di cambiare le modalità di lavoro interne all’azienda senza destinare del budget per queste iniziative che favoriscano il cambiamento e le modalità di gestione.
  • Misurare, misurare e misurare. Poche le aziende che lo fanno con indicatori, KPI e metrriche davvero significative, molte quelle che hanno un approccio ancora naive che impedisce un corretto processo. Le aziende più mature sono anche quelle che misurano di più e che più spesso fanno “un punto nave”.
  • Il Social Business è realtà. L’integrazione tra processi interni ed esterni per molte aziende è qualcosa di compreso e qualcosa che sta cominciando ad essere implementato e che promette di esserlo sempre di più nell’arco dei prossimi anni.
  • Grande e piccolo. Forte e debole. Aziende più grandi si comportano in modo differente dalle piccole e aziende di successo hanno processi completamente differenti rispetto a quelle che non riescono a sfruttare e capitalizzare il valore della social collaboration. Nell’indagine spieghiamo anche questo nel dettaglio.Ingaggio.

Per approfondire altri dati e altre informazioni vi lascio alla lettura completa del report che trovate su:
www.socialcollaborationsurvey.it e ricordatevi di farci sapere cosa ne pensate con l’hashtag #socialcollabsurvey. 

Ricordo infine che l’iniziativa è stata condotta a titolo gratuito da due persone – come me ed Emanuele – che lavorano da molto tempo in questo settore e che hanno voluto fornire un contributo – seppur modesto – sia alla comprensione dello stato dell’arte della collaborazione nel nostro paese sia alla diffusione di best practice e di modalità di impiego corretto di processi e strategie digitali all’interno delle organizzazioni.

Un grazie speciale – tra in tanti che ci hanno aiutato nell’iniziativa e nel farla circolare – ad Alessandro Fontana che è stato un valido e prezioso aiuto non solo dal punto di vista dell’information visualization ma anche nel fornirci spunti e rilfessioni di valore arricchendo notevolmente il report.

L’obiettivo?
Evolvere il nostro modo di lavorare, le nostre aziende, le nostre organizzazioni verso un modello più social, verso un modello più centrato sulle persone, più aperto, più collaborativo, più resiliente, un modello di organizzazione pensato dalle persone per le persone
.

Buona lettura!

E’ appena uscito un approfondimento di McKinsey che riprende gli studi della global survey su social technologies e cambiamento organizzativo (lo trovate qui se siete interessati a saperne di più – http://www.mckinsey.com/insights/high_tech_telecoms_internet/organizing_for_change_through_social_technologies_mckinsey_global_survey_results).

Emergono dall’analisi alcuni dati interessanti che meritano di essere sicuramente approfonditi e analizzati nel dettaglio.
Come visto in altre sedi e in altre analisi condotte o riportate anche in questo blog si conferma quanto sospettato non molto tempo fa.
Le tecnologie social e digital all’interno delle aziende hanno passato il picco della aspettative gonfiate e sono arrivate a un livello di produttività superiore (il famoso plateau della curva di adozione tecnologica). E’ ormai normale avviare strategie di ingaggio dei propri clienti che passino dall’online e ormai nessuno è dell’idea che il mondo del web sia un qualcosa di assolutamente lontano dai processi con i quali ci confrontiamo ogni giorno.

Tuttavia, per molte aziende si configura uno scenario di adoption che è ancora immaturo e che deriva da quelle che McKinsey definisce le fully networked enteprise: le aziende cioè che hanno saputo adottare soluzioni digitali sia al loro interno sia al loro esterno divenendo quello che in tempi non sospetti definivamo un social business. Un’organizzazione – in sintesi e per chiarire – più reattiva, più adatta al contesto sociale ed economico che stiamo vivendo e pensata dalle persone e per le persone, senza distinzioni classiche tra interno ed esterno e senza i silos che impediscono la diffusione e la circolazione di conoscenza e il lavoro collaborativo.

I livelli delle tecnologie digitali sono in forte crescita e ormai l’82% delle aziende sostiene di aver utilizzato o di utilizzare quotidianamente almeno uno dei sistemi riportati qui sotto.
La vera sfida sembra però collocarsi su un piano completamente differente.

Strumenti

Nonostante la maggiore maturità del mercato e la maggiore diffusione all’interno dell’organizzazione delle tecnologie social, c’è ancora molto spazio di crescita e di miglioramento.
Il 76% dei C-Level dichiara di usare le tecnologie social per comunicare con i consumatori e con l’esterno dell’azienda, toccando funzioni come marketing, customer care, supporto al cliente e via dicendo. Funzioni che – storicamente – sono sempre state maggiormente stimolate e sollecitate dalle pressioni e dalle istanze provenienti dall’esterno dell’azienda. Funzioni che non possono prescindere dall’investire in queste direzioni perché hanno compreso che i consumatori sono – inevitabilmente – cambiati.

Sono ancora poche (44%) le aziende che sostengono di utilizzare le social technologies per comunicare con partner, supplier o esperti esterni. Le aziende che hanno intrapreso un serio percorso di completa trasformazione digitale sono ancora un numero estremamente ridotto e sono rimaste di fatto stabili rispetto al 2012 con scarsi passi avanti, rappresentano un 20% del campione del totale delle aziende analizzate e – come ben visibile dal grafico sotto – all’interno i risultati sono ancora meno confortanti.
Questo trend testimonia ancora molta strada da fare soprattutto all’interno dell’organizzazione dove sono possibili ancora scenari evolutivi estremamente ampi e di sicura efficacia. Le aziende e le organizzazioni che vorranno distinguersi dai competitor e lavorare meglio (e con maggiore efficacia) dovranno investire seriamente in questo settore.

Stato

Le organizzazioni che hanno saputo implementare un serio percorso di trasformazione digitale hanno compreso che il lavoro maggiore da fare – e il maggiore scoglio – è sul versante del cambiamento culturale e organizzativo. Il ruolo della formazione è chiave. La comprensione altresì che i migliori progetti sono quelli che coinvolgono in massima misura sia il top management sia un pieno engagement dei dipendenti non è cosa banale. “Come in alto così in basso” quindi, per le aziende che hanno intenzione di adottare strategie di successo è prioritario comprendere che il cambiamento e il miglioramento passano in primo luogo da questo.

Stato

Il contesto della trasformazione digitale è in forte evoluzione e promette di crescere ancora molto negli anni a venire. Le organizzazioni che hanno in mente di intraprendere questo percorso dovranno seriamente investire su dimensioni che consentano un passaggio completo non limitandosi quindi all’analizzare il “problema” da un’unica prospettiva, considerando che questa prospettiva non è più sufficiente.

Tra le aree di importanza su cui investire e fare attenzione:

  • il focus su una dimensione organizzativa e non solo tecnologica. I benefici che le tecnologie social stanno portando non devono indurci a considerare i social media come una dimensione puramente tecnologica, le trasformazioni che stiamo vivendo sono frutto di profondi mutamenti sociali, culturali, politici ed economici. Le nuove modalità di lavoro che stanno emergendo sono frutto di queste nuove chiavi di lettura. Le aziende che sanno insistere sulle leve organizzative sono quelle in grado di trarre i maggiori benefici da processi di trasformazione digitale
  • Definire una strategia e una roadmap ben precise. Darsi degli obiettivi, dei KPI, misurarli, comprendere a che punto siamo e dove stiamo andando rappresenta sicuramente un asset molto importante e da non sottovalutare.
  • Fissare obiettivi elevati e puntare in alto. Le aziende che rischiano di più sono anche quelle che riescono a ottenere i risultati migliori. Comprendere i risultati che le tecnologie digitali possono portare nel nostro contesto è fondamentale per definire un percorso di crescita strutturato. Darsi tempo e modo di fare e di avere successo. Come si dice: “Roma non è stata costruita in un giorno”

Chiudo queste riflessioni informando che a breve uscirà anche la versione finale della Social Collaboration Survey 2013 realizzata con l’amico Emanuele Quintarelli e sarà sicuramente interessante avere dei dati e delle comparazioni tra quanto emerso dai report internazionali negli ultimi anni e quanto – invece – caratterizza il nostro paese in termini di adozione e di strategie di evoluzione verso un digital workplace sempre più maturo.

Jacob Morgan – attento studioso dei trend delle organizzazione e autore di The Collaborative Organization – ha recentemente rilasciato un nuovo report Chess Media Group dedicato al futuro del lavoro e alla social collaboration all’interno delle aziende di tutto il mondo.

Cerchiamo di capire i macrotemi che emergono dal report.

Collaboration has moved beyond the hype and has become a powerful way to drive business forward

Più nello specifico:

  • La consumerizzazione dell’IT e la crescente economia digitale richiedono alle organizzazioni di riconfigurare il proprio modo di fare business e di lavorare. Si modificano le modalità con le quali le persone commentano, collaborano, discutono e si relazionano tra loro.
  • La collaboration all’interno delle organizzazioni ha smesso di essere considerata una moda o un fenomeno superfluo o passeggero e sta diventando a tutti gli effetti uno dei principali pilastri sui quali costruire l’azienda del futuro.
  • Le persone vogliono connettersi in modo rapido ed efficace ai propri colleghi, clienti e fornitori ed essere sempre più rapidi nel lavoro e più efficaci rispetto al proprio day by day. Gli strumenti di collaboration e di social enterprise divengono quindi un driver fondamentale per strutturare processi integrati che permettano di lavorare meglio e con meno fatica.
  • Secondo una ricerca IDC gli investimenti in social collaboration cresceranno da 800 milioni nel 2011 a oltre 4,5 miliardi entro il 2016.
  • Entro il 2020 più del 50% della forza lavoro degli US sarà composta dai millenials per i quali queste modalità di lavoro saranno ormai la normalità.
  • Il 36% degli intervistati dichiara di utilizzare strumenti di collaboration all’interno dell’azienda da oltre 3 anni, il 31% invece da almeno un anno. E’ quindi oltre 1 persona su 6 a impiegare queste soluzioni nell’operatività quotidiana (o ad averne avuto esperienza)
  • Il potenziale inesplorato della collaboration all’interno delle aziende è ancora molto: le funzionalità più importanti e la completa socializzazione dei processi non sono ancora state affrontate. Significativo notare come i livelli sui quali ci si è soffermati al momento sono prevalentemente quelli “base”
  • Una delle prossime e principali sfide (avvertita come urgente da oltre il 54% degli intervistati) sta nell’integrazione tra le diverse soluzioni e differenti piattaforme che devono – all’atto pratico – risultare invisibili all’utente.
  • Abbattimento delle barriere e dei silos, è oltre il 49% degli utenti a ricercare e a volere un canale costante di dialogo con la C-Suite: con i livelli più alti dell’azienda e con chi ha un potere decisionale. La collaborazione e il lavoro del futuro – vale la pena ripeterlo – passa dall’informalità dei processi.
  • Il social funziona! E’ l’85% delle persone a ritenere che sarebbe meno efficace se non avesse questi strumenti a disposizione.
  • Non solo online: momenti di condivisione e workshop formativi rappresentano dei punti fondamentali per l’impostazione di una strategia efficace e in grado di migliorare il modo in cui lavoriamo.

Social Collab

  • Dinamiche e innesti interessanti si leggono anche nel trend legato al BYOD (Bring Your Own Device): le persone che lavorano in un’azienda che consenta questa politica
  • Le aziende stanno cominciando ad adottare modalità di lavoro più flessibili e più aperte che consentono una gestione maggiormente autonoma del lavoro. E’ addirittura l’81% delle aziende ad adottare questo tipo di modalità di lavoro o perlomeno ad avere in progetto pratiche che consentano di farlo nel breve termine.
  • Lavorare sul workplace aziendale per renderlo migliore: funziona non solo in termini di strategie per i propri dipendenti, ma anche – e soprattutto – per poter creare sinergie e strategie con i talenti sul mercato ed essere in grado di attrarli e trattenerli in modo molto più efficace.

Social Collab

Quali strategie adottare per massimizzare la propria efficienza e la propria capacità di costruire business?

  • Il ruolo dei leader e dei C-Level è fondamentale e deve servire come esempio e modello per gli altri. Non si tratta di pura retorica ma l’impiego efficace di strategie che consentano un coinvolgimento esteso dell’ecosistema aziendale che parta dalle risorse più importanti per costruire progetti concreti.
  • Coinvolgere tutti in dipendenti e partire dalle loro esigenze per la configurazione di nuovi ambienti di lavoro collaborativi
  • Non dimenticare la dimensione IT che risulta una componente strategica e fondamentale per fare in modo che le cose funzionino adeguatamente
  • Creare una serie di politiche BYOD che consentano l’impiego di queste strategie in modo regolamentato dando occasione ai dipendenti di capire e utilizzare il modello in modo sicuro e massimizzandone l’efficienza
  • Realizzare politiche e sistemi di ricompensa che permettano di valorizzare nuove modalità di lavoro e incentivino la collaborazione sulla competizione, che consentano l’emersione di modalità di lavoro differenti e sappiano riconoscere anche iniziative parallele dei dipendenti laddove queste insorgano.