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In uno degli ultimi post abbiamo analizzato come ogni tipologia di business e di impresa stia muovendo i propri passi verso un ecosistema sempre più digitale e in che modo questo abbia influenzato sostanzialmente tutti i processi delle organizzazioni e delle imprese, a differenti livelli e in modo trasversale rispetto alle industry di appartenenza e alle dimensioni.

Un report di EY dello scorso ottobre mette l’accento sul fenomeno del digitale all’interno del mondo assicurativo sottolineando i cambiamenti e le sfide che questo tipo di mercato si troverà ad affrontare nel prossimo – immediato – futuro.

Vediamo di analizzare nello specifico alcuni dei risultati che emergono dal report. L’importanza del digitale è ormai sotto agli occhi di tutti. Come si legge nel report è un processo che richiede un modo di lavorare e un approccio completamente nuovi rispetto a quelli a cui eravamo abituati.

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Alcune delle informazioni chiave che emergono dall’analisi:

  • Le compagnie di assicurazione hanno compreso che non sono abbastanza pronte rispetto alla trasformazione digitale e stanno provando ad attrezzarsi per fare il passo, consapevoli – allo stesso modo – dell’importanza di questo mercato. E’ oltre l’80% delle aziende intervistate a non sentirsi leader in questo
  • Le aspettative sono alte ma le competenze non rispondono altrettanto bene. 2/3 delle organizzazioni sono consapevoli che ciò che hanno realizzato è ancora immaturo e non sufficiente.
  • Il potenziale è trattenuto.
    Molte di queste realtà non stanno liberando completamente il potenziale che risulta inespresso e inefficace. Per quanto riguarda gli ostacoli ci si trova di fronte a problemi di natura differente: culturale, organizzativa e tecnologica. Questo rende le organizzazioni in oggetto incapaci di cogliere le possibilità della trasformazione digitale come vorrebbero.
  • La Customer Experience gioca un ruolo chiave.
    Anche le assicurazioni hanno compreso che devono lavorare seriamente e sinceramente senza molte “storie” sulla customer experience e sul coinvolgimento effettivo del consumatore all’interno delle logiche organizzative in modo molto più pro-attivo.
  • La misurazione rappresenta un fattore critico di successo ed è di importanza strategica fondamentale.
  • Le assicurazioni devono imbracciare il cambiamento introdotto dal mobile e dai social media in modo più significativo e consistente.
  • E’ importante che l’intera azienda sia coinvolta.
    Dai livelli più alti a quelli più bassi, dall’interno all’esterno tutti devono entrare in gioco e spendersi in prima persona nella creazione di valore per tutto l’ecosistema aziendale.

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In riferimento a quanto detto e quanto emerso sono visibili anche alcuni dati molto interessanti che sottolineano questo tipo di processi.

Il 57% delle organizzazioni interpellate ritiene che i modelli organizzativi interni non siano in grado di facilitare il digitale, la barriera legata al vecchio modo di funzionare e di lavorare sembra essere lo scoglio culturale e aziendale maggiore nell’adozione di nuove modalità. Il 79% delle aziende ritiene di essere ancora in una fase esplorativa e rispetto al Customer Care addirittura l’89% non considera le precedente interazioni con i clienti quando consiglia un determinato servizio o prodotto, dando origine a una pessima esperienza utente che spesso sfocia nella perdita del cliente o nella mancanza di proposizioni di valore.

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La comprensione dell’importanza del digitale nella costruzione di una esperienza utente significativa è ormai cosa assodata e moltissime organizzazioni sono consapevoli del fatto che rappresenti una sfida corretta da intraprendere nel prossimo futuro. E’ tuttavia solo il 46% delle aziende a credere che i consumatori cambieranno compagnia se l’organizzazione fallirà nel processo di trasformazione digitale. La necessità è quindi avvertita ma non in modo così urgente e consistente.

Il mobile è un altro grosso punto di domanda per queste aziende. E’ solo il 43% a fornire un supporto mobile a fronte di un 72% che lo offre anche online. Il mobile quindi non è ancora percepito come un asset fondamentale ma come un di più non affatto strategico.

Il report oltre a fornire degli ottimi spunti e moltissimi dati interessanti mette a disposizione anche una roadmap per coloro che volessero cominciare a intraprendere un serio e significativo cammino in questa direzione:

  • Costruire una strategia digitale e definire chiaramente gli obiettivi
  • Consentire lo sviluppo di risorse e di expertise dedicate al mondo del digitale e ai suoi processi. Nuove logiche richiedono nuovi modi di ragionare e nuove competenze che non tutti hanno.
  • Calcolare il corretto investimento, pensare di intraprendere un percorso di questo tipo senza il budget economico per sostenerlo è quantomeno rischioso. Processi complessi richiedono investimenti complessi per poter funzionare a dovere.
  • Misurare e ancora misurare: l’importanza degli analytics è chiave per riuscire a sopravvivere e a comprendere in che direzione si sta andando.
  • Sviluppare e prevedere supporti per il mobile, considerando anche – e soprattutto – che il mercato sta andando totalmente in quella direzione e questo è quello che chiedono i consumatori.
  • Considerare la cultura dell’organizzazione: non tutte le aziende sono ugualmente pronte e non tutte le aziende si muovono allo stesso modo comportandosi in maniera analoga. Comprendere come sono fatte e come ragionano è sicuramente un punto chiave fondamentale.
  • Creare una cultura della collaborazione e dell’innovazione

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Ancora molto spazio di investimento e di manovra dunque per chi voglia conquistarsi un pezzo in questo settore in cui a fronte di una consapevolezza non si sono ancora avviati i giusti meccanismi in grado di far accadere concretamente le cose. Si tratta quindi di uno spazio interessante sia da presidiare sia da tenere d’occhio per i prossimi mesi e anni. Il settore risulta senza dubbio molto forte e il contributo che il digitale può fornire a questo tipo di processo altrettanto significativo.

Non molto tempo fa – a seguito di un intervento svolto per le BCC dell’Emilia Romagna – avevo concretizzato alcune riflessioni sull’applicazione degli strumenti e delle pratiche di social enterprise all’interno del settore bancario e assicurativo. Nello specifico avevo analizzato trend e prospettive, ma anche applicazioni concrete, di come il banking potesse beneficiare attivamente dell’adozione di soluzioni mutuate dalla social enterprise (Per riferimenti e maggiori dettagli si veda anche il relativo post: https://sociallearning.it/2012/12/05/applicare-il-social-business-allecosistema-ba/ ).

Da quel post alcune cose sono cambiate e alcuni trend – che al tempo sembravano solo lontani – hanno cominciato a concretizzarsi e a divenire “spendibili”. Grosse realtà hanno cominciato a muoversi in questa direzione e quello che – fino a qualche tempo fa – nel nostro paese sembrava un lontano miraggio destinato a un mercato di nicchia, è divenuto di fatto un modo imprescindibile di lavorare.

Un recente report di KPMG ( http://www.kpmg.com/IT/it/IssuesAndInsights/ArticlesPublications/Pagine/socialbanking.aspx ) mostra l’evoluzione che il mercato ha assunto in questo senso nell’ultimo periodo.
Al di là dei dati di contesto e di penetrazione della rete internet a livello italiano e degli usi funzionali che ne vengono fatti, il report di 80 pagine mette in evidenza alcune dimensioni pratiche legate proprio al settore del banking.

Schermata 2013-06-05 alle 20.15.40Cerchiamo di riassumere alcuni dei dati maggiormente significativi dell’analisi:

  • il 61% delle banche impiega almeno un social media
  • E’ LinkedIn quello ad essere maggiormente impiegato con il 71% del campione analizzato. Il numero è di più di due volte superiore rispetto ai medesimi dati del 2010: il che dimostra una crescente penetrazione dei social media all’interno anche di questo settore.
  • Il nuovo cliente delle banche è un consumatore che ricalca le logiche del social customer di cui più e più volte abbiamo parlato in questa e in altre sedi. E’ un consumatore molto più consapevole, più informato, che orienta i propri comportamenti di acquisto di beni e servizi a seconda di quelle che sono le opinioni dei propri pari. Opinioni che ricerca attivamente tramite i network e opinioni che gli giungono attraverso le nuove logiche push introdotte dai social media. E’ un consumatore che tende a connettersi con persone che gli somigliano e ad avere una aspettativa sempre maggiore. Pretende di essere ascoltato e ha molta più voce rispetto al passato.

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  • A livello di contenuto (come sappiamo è altrettanto importante il dato qualitativo) all’interno dei Social Media quando si parla di banche si parla soprattutto (41%) di servizio alla clientela e di capacità della banca di rispondere a stimoli, esigenze e bisogni espressi dai loro consumatori. A livello minore si parla di tassi e pagamenti (31%), e onestà della banca (15%). Temi che spesso devono fare i conti con un sentiment negativo e con consumatori tanto social quanto indispettiti.
  • Il 75% dei consumatori utilizza internet per condividere le proprie opinioni e percentuali altrettanto elevate li usano per orientare le proprie scelte. Diviene altresì fondamentale per i brand e per le banche presidiare questi canali e instaurare un dialogo con i propri clienti in modo da evitare problemi e massimizzare la loro capacità di risposta.
  • Grazie ai social media – rapidi, efficaci, economici, funzionali, di larga portata – le persone tendono a fidarsi molto di più delle opinioni dei propri pari (90%) rispetto all’advertising classico
  • Entrando poi più nel vivo dell’analisi emergono dati interessanti. E’ l’80% delle banche intervistate a ritenere i social media importanti per la comunicazione con i propri clienti.
  • La metà delle banche intervistate ha già lanciato strategie e impiegato questi canali in modo massiccio
  • Tutte le banche che non hanno avviato attività in questo senso hanno in progetto di farlo nei prossimi 12 mesi.
  • Tra le motivazioni che impediscono o che hanno impedito l’adozione dei social media all’interno delle banche: la mancanza di risorse (83%), la difficoltà – dovuta a mancanza di corretti processi di governance e di formazione – a stimare i pericoli del passaggio a queste soluzioni (67%).
  • Rispetto anche alla penetrazione dei differenti servizi emergono dati interessanti

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  • Utile risulta anche considerare quante di queste banche abbiano un team dedicato internamente (ben il 42%), mentre nessuna azienda affida completamente all’esterno la gestione dei canali. Esistono forme miste nel 37% dei casi, ma risulta comunque significativo analizzare il modello di maturità di queste soluzioni che non demandano la gestione a una realtà terza, a testimonianza – anche – di quanto il tema sia sentito e sensibile.
  • Nel 60% dei casi è stato stabilito anche un responsabile delle attività social. Ancora una volta una testimonianza di crescente interesse sul tema e di senso di progettazione non indifferente.
  • La maggior parte di queste iniziative sono guidate dalla funzione di Marketing e Comunicazione
  • E’ solo il 35% delle banche oggetti di analisi ad avere una social media policy interna.
  • Rispetto ala gestione emergono anche altri aspetti critici. Nel 56% dei casi – infatti – i canali social non sono presidiati all’esterno di orari di lavoro tradizionali. Ed è solo l’11% a dedicare attenzione 24 ore su 24 (festivi e weekend compresi).
  • Le iniziative che sono lanciate in rete risultano ancora molto legate a linee di business votate sulla comunicazione e sul marketing. Come si vede nello schema riportato sono sempre poche quelle che impiegano i social media per altre tipologie di iniziative.Schermata 2013-06-05 alle 21.43.57
  • Su uno dei temi che maggiormente dovrebbe interessare le banche (l’uso dei social media in funzione di customer care) emergono alcuni pesanti problemi: l’adozione e il livello di maturità in questo senso configura una fase ancora embrionale. E’ meno del 7% il numero di richieste che effettivamente viene gestita ed evasa attraverso i social network.

In questo senso emergono dunque alcuni trend precisi che configurano – finalmente – i social media come una realtà sempre meno di nicchia e pronta a entrare, a livello trasversale sulle industry in modo più massiccio e consistente.
E’ tuttavia interessante rimarcare come la strada da fare possa essere ancora molta e molto varia. Sull’interno dell’azienda per esempio ancora poco è stato fatto. Gli approcci guidati dall’esterno, guidati dai margini dell’azienda e dal contesto socio economico mutato, impongo ai dipartimenti “esterni” e limitrofi all’azienda comportamenti e cambiamenti più repentini. Risulta quindi chiaro che iniziative guidate dal marketing si siano affermate prima di altre anche se – a conti fatti – la direttiva di sviluppo si muove in entrambi i sensi: sull’interno e sull’esterno dell’ecosistema aziendale.

Per chi ha intenzione di fare dunque finalmente sul serio si pone il tema di sistematizzare gli sforzi fatti e di andare in un’unica direzione condivisa che massimizzi il risultato studiando strategie che integrino l’esterno e l’interno dell’azienda.