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Twitter is a great place to tell the world what you’re thinking before you’ve had a chance to think about it.” – Chris Pirillo

Questa divertente quote di Chris Pirillo ci aiuta a riprendere un discorso già affrontato in parte con l’analisi del caso Costa Crociere ( http://www.sociallearning.it/social-media-crisis-management-il-caso-di-cos ) e che richiama all’attenzione un aspetto molto interessante e spesso – purtroppo – messo in secondo piano.

Ciò che mi piacerebbe condividere in questa sede sono alcuni spunti e alcune riflessioni, esempi concreti e casi studio tratti dalla rete e che vertono sul tema della costruzione di una social media policy: ovvero di una serie di regole (anche se sarebbe meglio dire di consigli) attorno a cui organizzare i comportamenti e gli atteggiamenti dei propri dipendenti e collaboratori.

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Capita – e le notizie sono anche parecchie in questo ultimo periodo – di leggere di dipendenti che perdono il loro lavoro o vengono scartati a colloqui di selezione per un’incapacità o – meglio – una mancata consapevolezza nell’uso dei social media. Sono numerosi i casi di “leggerezza” in questo senso che lasciano un segno – alle volte anche pesante – sia sulla reputazione del brand sia sulla vita dei singoli dipendenti.
E’ per questo motivo che la costruzione di una policy e di una serie di assett fondamentali che riguardando un corretto uso dei social media è quanto mai importante per regolarne l’attività e rendere tutti più sereni e più liberi.

La prima premessa da fare – quasi scontata, ma sempre doverosa – è che la policy sui social media – così come la strategia da impiegare nel loro utilizzo – è quanto di più sartoriale esista: non esistono ricette pronte o pillole magiche, ma solo esempi a cui ci si può ispirare per costruire il proprio prodotto che sarà chiaramente pensate e ritagliato, appunto, sulle nostre singole e assolutamente specifiche esigenze.

Cerchiamo di vedere assieme alcuni punti fondamentali.

Fare chiarezza sull’utilizzo dei canali
A cosa ci riferiamo? Di che cosa stiamo parlando? Come sottolinea questo interessante articolo ( http://www.inc.com/guides/2010/05/writing-a-social-media-policy.html ) il termine “policy” è un cappello generale attorno a cui ruotano tutta una serie di “regole” molto specifiche.
Il primo punto da chiarire potrebbe essere proprio quello legato alla comprensione dei canali verso i quali ci stiamo aprendo e della definizione di regole specifiche al loro interno. Va da sé che – pur con una base comunque – questi consigli saranno diversi e personalizzati secondo il canale identificato

Utilizzate le regole dei social media
Può sembrare una banalità ma una social media policy deve basarsi sulle regole dei social media: trasparenza, integrità, rispetto verso gli altri e attitudine alla conversazione sono le basi dalle quali partire. Un esempio di alcune regole generiche che si applicano in qualunque contesto lo trovate in questo interessante documento che fornisce alcune utili indicazioni e consigli su come relazionarsi ( http://www.shiftcomm.com/downloads/socialmediaguidelines.pdf )

Chi, come quando e perché
Quando si definiscono delle regole e delle practice è importante definire non solo i motivi che hanno spinto a questa decisione ma anche – e soprattutto – chi se ne dovrà occupare e dettagliare molto bene quali saranno i ruoli in questo senso. Policy e Strategy vanno di pari passo e devono essere relizzate l’una a partire dall’altra e viceversa. Solo in questo modo si potrà evitare di realizzare un modellino capace di funzionare solo in linea teorica.
Chiarire inoltre le motivazioni che ci portano alla definizione di una policy e sottolineare l’importanza che i social media hanno raggiunto in azienda è sempre un’ottima base di partenza

Proteggere le informazioni personali e delicate
Come indicato anche in questo articolo ( http://socialfresh.com/a-template-to-help-start-your-social-media-policy/ ) il rispetto delle norme legali, delle informazioni personali, della privacy e di qualunque informazione confidenziale legata al brand deve essere trattata in modo riservato e confidenziale: nel rispetto del lavoro di tutti.  

Keep it simple!
Forse la regola più importante, cercate di essere semplici, diretti efficaci: non dovete fornire un breviario o un manuale di istruzioni per l’uso complicatissimo da usare. Ma dei suggerimenti, utili, efficaci e, perché no, piacevoli da impiegare. Coca Cola ad esempio ( http://www.thecoca-colacompany.com/socialmedia/ ) ha organizzato il tutto attorno a 7 regole/principi guida fondamentali:

  • LEADERSHIP : The courage to shape a better future;
  • COLLABORATION : Leveraging our collective genius;
  • INTEGRITY : Being real;
  • ACCOUNTABILITY : Recognizing that if it is to be, it’s up to me;
  • PASSION : Showing commitment in heart and mind;
  • DIVERSITY : Being as inclusive as our brands; and
  • QUALITY : Ensuring what we do, we do well.

Qui di seguito a mo’ di conclusione una serie di documenti utili da cui trarre spunto e a cui ispirarsi per la realizzazione della propria policy dedicata ai social media.

KODAK

Red Cross (Blogging Guidelines)

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TNT (Italia)

In rete sono poi presenti alcune raccolte di Social Media Policy famose.
La migliore (che conta, al momento in cui si scrive, oltre 195 policy) è questa: http://socialmediagovernance.com/policies.php#axzz1mM6vcG2x

Foto di apertura – http://www.flickr.com/photos/perspective/

Ne parlano tutti i giornali: nazionali e internazionali.
Prima di tutto non posso che accodarmi al cordoglio e al dolore di coloro che hanno perso delle persone care, ma anche essere solidale nei confronti di chi ha vissuto quegli attimi di terrore e paura. Non posso nemmeno esimermi dal premettere che con questo post non voglio analizzare gli errori del capitano Francesco Schettino né i contorni legali, nautici e via dicendo che questa situazione sta – giustamente o meno – generando.

 

In questa sede – come proprio del tema di questo blog – vorrei analizzare la situazione dal punto di vista degli errori, dei punti di forza e di quanto è stato fatto di corretto o di completamente errato nella gestione di quella che possiamo definire “Social Media Crisis“.
Sappiamo ormai che i Social Media hanno assunto dimensioni preponderanti per i brand – specie se questi sono di grandi dimensioni e internazionali, come nel caso di Costa Crociere – e che siano tanto utili quanto rischiosi se non gestiti correttamente.

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Cerchiamo di riassumere quanto successo immediatamente dopo il tragico evento.
Roberta Milano – in un suo posto pubblicato il 14 Gennaio qui http://www.robertamilano.com/2012/01/costa-crociere-te-lo-rivelan-gli-occhi-e… – ha giustamente condiviso alcune riflessioni a caldo parlando di engagement e di quanto Costa Crociere si stesse comportando bene nell’utilizzo dei Social Media.
Devo dire di essermi trovato parzialmente d’accordo con quello che ha scritto fino a quello che è successo nei giorni scorsi che mi ha portato a ridimensionare i miei criteri di valutazione.
Ma per prima cosa vediamo di raccogliere qualche dato interessante. Ebbene: quello che emerge dai canali analizzati (Costa Crociere ha impiegato Twitter Youtube e Facebook per comunicare la crisi della Concordia) è un quadro come quello riportato in figura.

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Come facilmente intuibile il canale in cui si è concentrata la maggior parte dell’interazione è Facebook.
Ad integrazione segnalo come su Twitter basti fare una ricerca con un hashtag o sulle mention ( come qui – https://twitter.com/#!/search/@costacrociere ) per rendersi conto di quante richieste dirette stiano piovendo sul brand.
Dall’analisi dei canali social di Costa Crociere emerge un utilizzo come cassa di risonanza per i comunicati stampa e le notizie ufficiali dell’azienda sulla tragedia.
Un utilizzo sicuramente sensato ma che – comunque – utilizza solo parte delle grandi potenzialità che i social media hanno nella gestione delle emergenze e nel far circolare l’informazione in rete.

 

Ecco, poi, uno di quelli che considero uno dei più grandi degli errori commessi dal brand. L’aggiornamento delle immagini di sfondo a poche ore della tragedia.
Sono riuscito a cogliere lo screenshot proprio pochi secondi prima che le immagini venissero rimosse e l’aggiornamento cancellato in seguito a numerose polemiche.
Di per sé credo sia grave perché mostra un’attenzione a un dettaglio poco significativo e fa trasparire una mancanza di consapevolezza nei confronti delle reazioni che un gesto del genere – a poche ore dal disastro – possa generare.

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Interessante risulta poi essere anche l’analisi dei commenti che sono emersi su Facebook che – a mio avviso – forniscono uno spaccato dell’Italia. Sono presenti commenti di ogni genere e tipologia, da chi accusa a chi giustifica, da chi pontifica a chi analizza freddamente la situazione, insulti e lodi si mescolano allo stesso modo nel creare un quadro davvero “bizzarro”.
Qui di seguito una gallery dei commenti che gli utenti hanno postato sulla pagina ufficiale di Facebook del Brand Costa Crociere ( http://it-it.facebook.com/CostaCrociere )

Ecco una gallery delle “parodie” e dei meme che stanno cominciando a generarsi in rete sull’argomento. I gruppi e le fanpage dedicate alla questione si sprecano (ovviamente). Impattando a livello negativo sulla reputazione e sull’immagine generale del brand.

Cercando di riassumere quanto abbiamo visto:
  • i social media sono un veicolo fondamentale per la comunicazione e possono giocare un ruolo chiave nella gestione delle crisi, sia al momento della tragedia sia a posteriori per informare, aggiornare e richiedere aiuto.
  • l’utilizzo in chiave solo informativa è limitante. Di sicuro Costa Crociere ha avuto problemi ben più grandi che pensare alla gestione della pagina Facebook negli ultimi giorni, ma avere questi spazi significa anche doverli gestire durante i periodi di “tempesta”. Questo soprattutto perché è li che si concentra la grossa parte dell’interazione.
  • la disinformazione che può correre lungo i social media è pericolosa. Come si vede dai commenti riportati sulla pagina di Facebook sono parecchie le problematiche che sono emerse e che meriterebbero una moderazione o una risposta quantomeno ufficiale che chiarisca la situazione. La mancata gestione di alcuni di essi può amplificare il danno di immagine subito da un brand.
  • la gestione delle crisi può passare anche (attenzione: non SOLO) attraverso i social media, come mostra questo articolo http://www.socialmediaexaminer.com/how-to-use-social-media-for-crisis-managem… e sarebbe opportuno che lo facesse. E’ necessario – in questi casi più che mai – che questi strumenti meritano la stessa attenzione (se non superiore) di quella destinata ai media tradizionali.
  • In casi come questi, imprevedibili, è necessario essere “pronti prima”. La corretta gestione dei Social Media non può che derivare da una policy adeguatamente impostata. In un recente post sul suo blog, Stefano Mizzella parla di Social Media Triage (http://www.socialmediascape.org/social-media-triage/) per la gestione delle emergenze e per capire come gestire i commenti e le interazioni più complesse con gli utenti più difficili.

E’ vero: le tragedie non si prevedono, i problemi sono altri in casi come questi e le preoccupazioni ben più serie e approfondite di una gestione non proprio perfetta dei social media. Tuttavia sono dell’idea – ed è questo quello che volevo comunicare con il post – che forse una policy migliore in casi come questi avrebbe aiutato una maggiore chiarezza e trasparenza nelle informazioni e nel tranquillizzare chi era alla ricerca di informazioni e di notizie ufficiali evitando disinformazione e limitando i ritorni negativi per il brand.