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Chi si occupa di organizzazioni conosce sicuramente il termine “Kaizen” che deriva da una concezione orientale di miglioramento continuo del proprio operato (precisiamo però che prima ancora di essere applicato alla filosofia organizzativa deriva dallo Zen e dai principi classici della filosofia orientale). E chi segue questo blog sa bene che amo prendere concetti della filosofia orientale per applicarli al mondo lavorativo.

Ma che cos’è il Kaizen esattamente?
Come si legge su Wikipedia:

Il Kaizen è una metodologia giapponese di miglioramento continuo, passo a passo, che coinvolge l’intera struttura aziendale. Il termine Kaizen, infatti, è la composizione di due termini giapponesi: KAI (cambiamento) e ZEN (meglio). Il kaizen si connette con concetti come il Total Quality Management (TQM – Gestione della qualità totale), il Just In Time (JIT – abbattimento delle scorte), il kanban (metodo per la reintegrazione costante delle materie prime e dei semilavorati).

Il kaizen, presentato inizialmente dalla Toyota e applicato sempre più in tutto il mondo, si basa sul principio che detta le fondamenta di questa ‘filosofia’: “L’energia viene dal basso”, ovvero sulla comprensione che il risultato in un’impresa non viene raggiunto dal management, ma dal lavoro diretto sul prodotto. Il management assume dunque una nuova funzione, non tanto legato alla gestione gerarchica quanto al supporto dei diretti coinvolti nella produzione.

Al di là del concetto in sé che è stato applicato al processo della catena di montaggio ciò che penso sia interessante sottolineare è la filosofia che sta alla base dell’approccio. Innovare in modo continuo, programmato e non programmato rappresenta la chiave per lo sviluppo di organizzazioni competitive e in grado di evolversi in modo dinamico adattandosi al futuro e al presente.
Ecco un video molto divertente e interessante di come viene gestita l’innovazione e l’approvazione di nuove idee all’interno di Google.

Compagnie come Google, Apple, Starbucks e altri grandi brand che sappiamo essere riconosciuti come esempi mondiali di leader dell’innovazione hanno giocato questa carta come una delle fondamentali nella determinazione del proprio profilo che ormai è divenuto quasi sinonimo della stessa parola innovazione.
Le azioni della Apple sono in crescita costante da anni ormai – con piccole parentesi negative in corrispondenza dei problemi di salute di Jobs – perchè le persone sono convinte che Apple continuerà a innovare e a offrire prodotti sempre migliori.

Innovazione però, intesa non solo come miglioramento costante del prodotto ma anche come forza motrice in grado di aprire nuovi mercati e nuove ispirazioni per l’organizzazione, un’innovazione – come si dice in gergo – Disruptive.
Ecco un video di Luke Williams (Frog Design) proprio sulla Disruptive Innovation preso dal Frontiers of Interaction dell’anno scorso (2010):

In chiusura mi piace ricordare anche un altro termine molto interessante della Filosofia Zen e della cultura orientale, che spesso si ritrova anche nelle arte marziali tradizionali e che credo che le organizzazioni del futuro, i manager e tutti coloro che intendono rapportarsi al Social Business largamente inteso debbano tenere presente.

Shoshin è la pronuncia in giapponese dei caratteri cinesi a loro volta resa in lingua cinese dei termini sanscriti nava-yna-sa prasthita e anche prathama-citta che indicano la mente del novizio buddhista, ovvero la mente che ‘decide’ di iniziare la pratica religiosa buddhista.

In particolare, nel Buddhismo Zen viene inteso come “Mente del principiante” riferendosi al possedere un atteggiamento di apertura, determinazione, passione e assenza di preconcetti quando si studia una materia, anche quando si studia ad un livello avanzato, proprio come farebbe un principiante. Il termine è anche utilizzato nelle arti marziali giapponesi.

Questa termine fu spesso utilizzato dal maestro buddhista giapponese di scuola Soto Zen, Shunryu Suzuki (1904-1971) e posto a titolo di una sua opera, largamente diffusa in Occidente, Zen Mind, Beginner’s Mind, che riflette il suo tipico insegnamento sulla pratica Zen: «Nella mente del principiante vi sono molte possibilità, nella mente dell’esperto solo alcune.»