Archives For November 30, 1999

“Le domande come ‘che cos’è l’intelligenza artificiale?’ o ‘è possibile?’ non hanno più senso. Ciò che conta ora sono le questioni aperte sulla sua natura e il suo impatto.”
Daniel C. Dennett

Una nuova svolta antropologica

L’Intelligenza Artificiale (AI) non rappresenta semplicemente un’evoluzione tecnologica: è la più profonda provocazione antropologica che l’umanità abbia mai affrontato. Come sottolinea Dennett, non ha più senso chiedersi se l’AI sia possibile; la vera domanda è come essa stia cambiando la nostra condizione umana.
L’AI sta già ridefinendo non solo i meccanismi del lavoro, ma anche i dispositivi interpretativi attraverso i quali costruiamo senso, comunichiamo significati, comprendiamo il mondo. Una trasformazione che richiama la profonda connessione fra tecnologia e cognizione umana studiata da Doreen Kimura, che ha mostrato la relazione fra le aree cerebrali deputate ai movimenti fini e quelle del linguaggio, evidenziando come l’evoluzione della manipolazione tecnica sia legata a quella della capacità di articolare concetti complessi.

Non è un caso, allora, che i Large Language Models (LLM) rappresentino ben più di un salto tecnico: essi riscrivono il modo in cui generiamo, manipoliamo e condividiamo significato. Il linguaggio da dispositivo interpretativo si fa sintetico, generativo, artificiale—sfidando i confini tra naturale e artificiale.
Lo stesso accade con le immagini: la fotografia, un tempo specchio del reale, ora genera mondi mai esistiti. La catena referenziale della verità si spezza, aprendo a nuove ambiguità, creatività—e rischi.
L’AI ci obbliga dunque a ripensare le frontiere fra naturale e artificiale, conoscenza e calcolo, delega e responsabilità. Come afferma Manuel Castells, non c’è rivoluzione tecnologica senza rivoluzione culturale.

Come restare rilevanti in questo scenario? Come rafforzare le competenze umane distintive quando le macchine ci superano nei compiti che consideravamo unici? La sfida che si pone a HR, formatori, leader non è tecnica, ma culturale.

Serve uno sguardo integrato, che intrecci dimensioni storiche, filosofiche, sociologiche, cognitive, per orientare la trasformazione del lavoro e delle organizzazioni.


Il continuum evolutivo della tecnica

L’AI non è una rottura improvvisa nella storia umana. Come osservava Ernst Mach nel 1905, l’uomo è spinto da una naturale inclinazione a riprodurre ciò che comprende—una tendenza che attraversa ogni epoca.

Dal mito di Prometeo ai calcolatori di Pascal, dagli automi greci ai sistemi AI odierni: è questo impulso a imitare e riprodurre il reale a generare evoluzione tecnologica. L’AI ne è l’espressione più radicale.
Per Arnold Gehlen, l’uomo è un essere biologicamente incompleto, che esternalizza funzioni vitali in strumenti e ambienti. La tecnologia non è un accessorio: è estensione funzionale dell’umano. L’AI è oggi la più avanzata protesi epistemologica, che ridefinisce percezione, decisione, apprendimento.

Il Test di Turing (1950) ha spostato la questione dal meccanico all’identitario: se una macchina si comporta come un uomo, dov’è il confine della coscienza? Penrose, Churchland, Barr & Feigenbaum, Edelman hanno spinto più a fondo il dibattito, intrecciando filosofia, neuroscienze, cibernetica.
Le macchine Darwin III e Nomad di Edelman hanno mostrato come l’apprendimento possa emergere dall’adattamento, non dalla programmazione. Allo stesso modo, gli agenti intelligenti descritti da Giuseppe Riva rivelano l’AI come nuovo attore cognitivo nello spazio umano.

L’AI riflette così le nostre aspirazioni, contraddizioni, paure. È prisma della tensione evolutiva fra conoscenza e calcolo, intuizione e automatismo, creatività e replica.

Riflessività e resistenza: vantaggi cognitivi umani

Per questo il ruolo umano nella governance dell’AI deve cambiare. Come scrive Donald Schön, i professionisti efficaci agiscono in “zone indeterminate” — spazi di incertezza e conflitto. Qui conta la reflection-in-action: la capacità di percepire, interrogare, modificare in corso d’opera.

Per le organizzazioni ciò significa trattare l’adozione dell’AI come processo adattivo continuo, non come progetto tecnico finito. Serve chiedersi: quali effetti imprevisti produce? Come cambiano dinamiche di team, potere, competenze?
La reflection-on-action amplia questo lavoro: rileggere pratiche, assunzioni, risultati; promuovere cultura del feedback, policy trasparenti, apprendimento permanente.

Essenziale anche il concetto di Olivier Houdé di “imparare a resistere“. Nell’era degli LLM, resistere alla risposta immediata e intuitiva diventa competenza cruciale. L’output dell’AI può sembrare autorevole—ma richiede verifica, controllo delle fonti, giudizio critico.

Questa resistenza cognitiva tutela l’unicità umana: creatività, empatia, etica, analisi critica. Senza di essa rischiamo di ridurci a validatori passivi di decisioni algoritmiche.


Dall’Human-in-the-Loop all’Human-on-the-Loop

Serve allora un salto di paradigma: da “human-in-the-loop” a “human-on-the-loop”.
L’”in-the-loop” confina l’umano a supervisore di emergenza, ruolo reattivo e marginale. L’”on-the-loop” vede l’umano come progettista, stratega, governatore del sistema:

  • Definizione di scopo e limiti;
  • Progettazione di architetture etiche e trasparenti;
  • Interpretazione dei risultati nel contesto socio-culturale;
  • Controllo ultimo e potere di disattivazione.

HR ha qui ruolo cruciale: l’AI impatta reclutamento, formazione, collaborazione, valutazione, cultura. Il compito è garantire che essa amplifichi—non impoverisca—potenziale, diversità, autonomia umana.


Implicazioni organizzative: strategia, competenze, etica

  1. Strategia: integrazione AI richiede adattamento culturale e strutturale, non solo tecnico.
  2. Competenze: l’OCSE avverte sul divario di skill. Urgente riqualificazione diffusa.
  3. Governance: come indicano Deloitte e McKinsey, le aziende sono impreparate alla gestione dei rischi AI. Servono policy robuste.
  4. Cultura: l’AI ridefinisce l’identità organizzativa. HR deve gestire paure, resistenze, promuovere adozione consapevole.
  5. Etica: come nota Kurzweil, se le macchine imitano l’uomo, la posta etica si alza. L’agenzia umana responsabile resta insostituibile.

Verso un nuovo umanesimo digitale

L’AI ci impone di rinnovare competenze umanistiche: metacognizione, etica, riflessività, resistenza. Non sono lussi—sono competenze di sopravvivenza.

Come scriveva Antoine de Saint-Exupéry:

“La tecnologia non allontana l’uomo dai grandi problemi della natura: lo costringe a studiarli più a fondo.”

Dobbiamo accogliere questa sfida.


Letture consigliate e riferimenti bibliografici

  • Accoto, C. (2017). Il mondo dato: Cinque brevi lezioni di filosofia digitale. Egea.
  • Accoto, C. (2023). Il pianeta latente: L’intelligenza delle piattaforme come nuovo ordine del mondo. Egea.
  • Besana, S. (2021). The Future of Work: AI, People, and Organizational Change. Hoepli.
  • Castells, M. (1996). The rise of the network society. Blackwell.
  • Churchland, P. M. (1984). Matter and consciousness: A contemporary introduction to the philosophy of mind. MIT Press.
  • Deloitte. (2024–2025). Human Capital Trends 2024–2025. Deloitte Insights.
  • Dennett, D. C. (1996). Kinds of minds: Toward an understanding of consciousness. Basic Books.
  • Edelman, G. M. (1987). Neural Darwinism: The theory of neuronal group selection. Basic Books.
  • Feigenbaum, E. A., & Barr, A. (1981). The handbook of artificial intelligence (Vol. 1). Heuristech Press.
  • Gehlen, A. (1980). Man in the age of technology. Columbia University Press.
  • Houdé, O. (2019). The psychology of intelligence. Routledge.
  • Kurzweil, R. (1999). The age of spiritual machines: When computers exceed human intelligence. Penguin Books.
  • Mach, E. (1905). The analysis of sensations (C. M. Williams, Trans.). Dover Publications.
  • McKinsey & Company. (2023). The state of AI in 2023: Generative AI’s breakout year. McKinsey Global Survey.
  • OECD. (2023). Skills Outlook 2023: Skills for a resilient green and digital transition. OECD Publishing.
  • Penrose, R. (1989). The emperor’s new mind: Concerning computers, minds, and the laws of physics. Oxford University Press.
  • Riva, G. (2004). The psychology of cyberspace: The impact of the Internet on self and society. Ios Press.
  • Saint-Exupéry, A. de. (2000). Wind, sand and stars (L. Galantière, Trans.). Mariner Books. (Original work published 1939)
  • Schön, D. A. (1983). The reflective practitioner: How professionals think in action. Basic Books.
  • Turing, A. M. (1950). Computing machinery and intelligence. Mind, 59(236), 433–460.

L’Intelligenza Artificiale (IA) sta trasformando rapidamente le industrie, le società e le economie. Con il progresso delle tecnologie IA, aumentano anche i rischi e le implicazioni legate al loro utilizzo. Il Rapporto Internazionale sulla Sicurezza dell’IA 2025 fornisce un’analisi approfondita delle capacità, dei rischi e delle strategie di mitigazione relative all’IA generalista. Questo post sintetizza i principali risultati del rapporto, trattando:

  • Le capacità in rapida evoluzione dell’IA
  • I rischi associati a usi malevoli, malfunzionamenti e sfide sistemiche
  • Lo stato attuale della gestione dei rischi e delle strategie di mitigazione
  • Le implicazioni più ampie per i decisori politici e le imprese

Il rapporto è frutto del contributo di 96 esperti internazionali di IA provenienti dal mondo accademico, governativo e industriale, e riflette la più recente comprensione dei rischi legati all’IA e dei meccanismi di sicurezza. È stato sviluppato nell’ambito di un’iniziativa globale per creare un approccio condiviso alla governeance e alla sicurezza dell’IA.


Capacità dell’IA Generalista

Le capacità dell’IA si sono evolute a un ritmo straordinario, superando le aspettative precedenti. Cinque anni fa, i modelli di IA faticavano a generare paragrafi coerenti. Oggi sono in grado di:

  • Scrivere e correggere codice con precisione crescente, assistendo gli sviluppatori nell’automazione di compiti complessi e nell’individuazione di vulnerabilità prima del rilascio.
  • Sostenere conversazioni avanzate in più lingue, con una maggiore consapevolezza del contesto, intelligenza emotiva e coerenza delle risposte, rendendoli strumenti preziosi per il servizio clienti, la terapia e la creazione di contenuti.
  • Generare immagini, video e audio realistici, indistinguibili dai contenuti creati dall’uomo, aprendo nuove opportunità creative ma anche sollevando questioni etiche, specialmente nella lotta alla disinformazione e alle frodi.
  • Eseguire ragionamenti scientifici e risolvere problemi matematici a livelli esperti, supportando la ricerca in fisica, chimica e medicina, accelerando la scoperta di nuovi farmaci e aiutando nella modellazione climatica.

Over 90% of online content could be AI-generated by 2030, raising concerns about authenticity, trust in media, and election security.


Rischi Associati all’IA Generalista

Con l’aumento delle capacità dell’IA, crescono anche le preoccupazioni sul suo potenziale utilizzo improprio e sulle conseguenze indesiderate. Il rapporto classifica i rischi dell’IA in tre categorie principali:

Rischi di Uso Malevolo
L’IA può essere sfruttata da attori malintenzionati per causare danni su larga scala. Tra le minacce più preoccupanti troviamo:

  • Contenuti falsi e deepfake: I media generati dall’IA possono essere usati per diffondere disinformazione, frodi o ricatti. Alcuni studi stimano che oltre il 90% dei contenuti online potrebbe essere generato dall’IA entro il 2030, sollevando preoccupazioni su autenticità, fiducia nei media e sicurezza elettorale.
  • Manipolazione dell’opinione pubblica: Le campagne di propaganda guidate dall’IA possono influenzare elezioni, decisioni politiche e movimenti sociali. Eventi passati hanno dimostrato come reti di bot e contenuti generati dall’IA siano stati usati per distorcere il discorso politico, aumentando la polarizzazione e minando la democrazia.
  • Attacchi informatici: L’IA viene sempre più sfruttata nella cybersicurezza, sia per misure difensive che per forme avanzate di hacking. Strumenti di rilevamento automatico delle vulnerabilità e sfruttamento delle falle, alimentati dall’IA, potrebbero rappresentare gravi minacce alle infrastrutture digitali.
  • Minacce biologiche e chimiche: Alcuni modelli di IA hanno dimostrato la capacità di assistere nella progettazione di agenti biologici dannosi, sollevando preoccupazioni sulla possibilità di un uso improprio da parte di attori non statali o organizzazioni criminali.

AI-driven automation is expected to replace millions of jobs, requiring large-scale workforce reskilling initiatives to mitigate economic displacement.

Rischi di Malfunzionamento
Anche quando non viene utilizzata in modo malevolo, l’IA può causare danni involontari a causa di difetti di progettazione, dati di addestramento incompleti o comportamenti imprevedibili. I rischi includono:

  • Problemi di affidabilità: I sistemi di IA a volte generano informazioni false o fuorvianti, soprattutto in settori critici come medicina, diritto e finanza.
  • Bias e discriminazione: Gli algoritmi possono amplificare e perpetuare pregiudizi presenti nei dati di addestramento, causando discriminazioni in ambiti come assunzioni, prestiti e applicazione della legge.
  • Perdita di controllo: Gli esperti avvertono che i futuri sistemi di IA potrebbero diventare sempre più difficili da prevedere e gestire, sollevando interrogativi sulla necessità di garantire un allineamento sicuro tra IA e obiettivi umani.

Rischi Sistemici
Oltre ai problemi legati ai singoli modelli, l’adozione diffusa dell’IA porta a rischi più ampi per l’economia e la società:

  • Disoccupazione tecnologica: L’automazione guidata dall’IA potrebbe eliminare milioni di posti di lavoro, rendendo necessarie iniziative su larga scala per la riqualificazione della forza lavoro.
  • Concentrazione del potere dell’IA: Poche aziende dominano lo sviluppo dell’IA, creando squilibri nell’accesso alle tecnologie avanzate e nella capacità di regolamentare il settore.
  • Impatto ambientale: L’addestramento di un singolo modello di IA di grandi dimensioni può produrre tanta CO₂ quanto cinque automobili nel corso della loro vita utile.

Training a single large AI model produces as much CO₂ as five cars over their lifetime, necessitating greener computing solutions and regulatory interventions.


Gestione del Rischio e Strategie di Mitigazione

Le strategie di gestione del rischio devono concentrarsi sulla trasparenza, sulla conformità normativa e sull’etica dell’IA. Governi e imprese devono sviluppare quadri normativi completi che garantiscano un uso responsabile dell’IA, imponendo test rigorosi prima del rilascio dei modelli.

Gli investimenti nella ricerca sulla sicurezza dell’IA devono aumentare, con un focus su interpretabilità, riduzione dei bias e robustezza contro attacchi esterni. Le collaborazioni pubblico-private possono contribuire a creare organismi di vigilanza indipendenti per garantire la responsabilità nello sviluppo dell’IA.


Il Futuro dell’IA e le Considerazioni Politiche

La governance dell’IA, lo sviluppo etico e gli standard normativi saranno cruciali per definire il modo in cui l’IA verrà integrata nella società. I responsabili politici devono bilanciare innovazione e sicurezza, garantendo che l’IA sia utilizzata per il bene pubblico.

Le future politiche dovrebbero concentrarsi sulla democratizzazione dell’accesso all’IA, prevenendo il controllo monopolistico sulle tecnologie e promuovendo uno sviluppo sostenibile dell’IA per ridurre l’impatto ambientale.

AI does not happen to us; it is shaped by the choices we make today. Ensuring a future where AI serves humanity requires vigilance, cooperation, and a commitment to responsible innovation.

Il Rapporto Internazionale sulla Sicurezza dell’IA 2025 è una risorsa fondamentale per comprendere il panorama in evoluzione dell’IA. Le scelte che società e governi faranno oggi determineranno se l’IA rimarrà una forza positiva o diventerà una sfida globale.

La National Academies of Sciences, Engineering, and Medicine ha pubblicato un report approfondito intitolato Artificial Intelligence and the Future of Work. Questo studio analizza l’impatto dell’AI sulla produttività, sulle dinamiche del lavoro, sull’istruzione e sulle politiche pubbliche. Qui sotto esploriamo i punti chiave del report, arricchendoli con dati e insight per offrire un quadro chiaro e concreto dell’influenza attuale e futura dell’AI.


Scoperta 1: L’AI è una tecnologia generalista in rapida evoluzione

“AI is a general-purpose technology that has recently undergone significant rapid progress. Still, there is a great deal of uncertainty about its future course, suggesting that wide error bands and a range of contingencies should be considered.”

  • Il mercato globale dell’AI crescerà da 136,6 miliardi di dollari nel 2022 a 1,81 trilioni entro il 2030, con un CAGR del 37,3%.
  • I modelli di linguaggio di grandi dimensioni (LLM) hanno visto un’espansione esponenziale, passando da 40GB (GPT-2, 2019) a 45TB (GPT-4, 2023).
  • Gli investimenti in ricerca e sviluppo sull’AI hanno raggiunto 91,9 miliardi di dollari nel 2022, con un aumento del 19,6% rispetto all’anno precedente.

Scoperta 2: I sistemi di AI oggi sono ancora imperfetti

“AI systems today remain imperfect in multiple ways. For example, LLMs can ‘hallucinate’ incorrect answers to questions, exhibit biased behavior, and fail to reason correctly to reach conclusions from given facts.”

  • Tasso di errore: L’AI ha un margine di errore del 15-20%, specialmente in settori critici come sanità e diritto.
  • Bias nei modelli: Uno studio MIT ha rivelato che il riconoscimento facciale ha un tasso di errore 34,7% più alto per persone con pelle scura rispetto a quelle con pelle chiara.
  • Cybersecurity: Gli attacchi phishing basati su AI sono aumentati del 126% anno su anno.

Scoperta 3: L’AI continuerà ad avanzare, ma la sua traiettoria è incerta

“Significant further advances in AI technology are highly likely, but experts do not agree on the exact details and timing of likely advances.”

  • Incertezza sulle tempistiche: Il 47% degli esperti prevede l’AI a livello umano entro il 2040, mentre il 25% pensa che non arriverà prima del 2075.
  • Potenza computazionale: La capacità di calcolo per l’addestramento AI è raddoppiata ogni 3,4 mesi dal 2012, superando la legge di Moore.
  • Adozione aziendale: Il 77% delle aziende sta esplorando l’AI, ma solo il 23% l’ha completamente integrata nei processi aziendali.

Scoperta 4: Il potenziale dell’AI per la produttività è significativo ma disomogeneo

“AI offers the promise of significant improvements in productivity, but achieving these benefits will require complementary investments in skills and organizational processes.”

  • Aumento della produttività: L’AI potrebbe far crescere il PIL globale del 7% all’anno entro il 2030.
  • Differenze settoriali: L’AI potrebbe migliorare la produttività del 25% in IT e software, ma solo del 5-10% in sanità e manifattura.
  • Automazione del lavoro: Il 60% dei lavori attuali ha almeno il 30% delle attività automatizzabili.

Scoperta 5: L’impatto dell’AI sull’occupazione dipenderà da molteplici fattori

“The labor market consequences of AI deployment will depend both on the rate at which AI’s capabilities evolve and on demographic, social, institutional, and political forces.”

  • Perdita di posti di lavoro: Secondo McKinsey, l’AI potrebbe sostituire 400 milioni di posti di lavoro entro il 2030, ma crearne tra 550-600 milioni di nuovi.
  • Demografia e lavoro: Il calo della popolazione attiva nei paesi avanzati potrebbe compensare le perdite occupazionali dovute all’AI.
  • Disuguaglianza salariale: Il top 10% degli stipendi ha visto una crescita del 14% grazie all’AI, mentre i salari dei lavoratori meno qualificati sono rimasti stagnanti.

Scoperta 6: Il ruolo dell’AI nell’istruzione e nella formazione professionale è in crescita

“AI will have significant implications for education at all levels, from primary to continuing workforce education.”

  • Apprendimento personalizzato: Le piattaforme educative AI-driven hanno aumentato i tassi di ritenzione degli studenti del 12-18%.
  • Necessità di riqualificazione: 1,1 miliardi di lavoratori dovranno essere riqualificati nei prossimi dieci anni.
  • Investimenti in formazione aziendale: Le aziende hanno speso 366 miliardi di dollari in programmi di upskilling nel 2022, con un incremento del 32% rispetto al 2019.

Scoperta 7: Servono misurazioni migliori per monitorare l’impatto dell’AI sul lavoro

“Better measurement of how and when AI advancements affect the workforce is needed.”

  • Monitoraggio dell’adozione AI: Solo il 35% dei paesi ha statistiche ufficiali sull’impatto dell’AI sul lavoro.
  • Lacune nei dati pubblici: Il 42% dei policymaker denuncia una mancanza di metriche affidabili sull’occupazione AI.
  • Tendenze nel mercato del lavoro: Le offerte di lavoro legate all’AI su LinkedIn sono aumentate del 72% negli ultimi due anni.

Conclusione: Il Futuro del Lavoro non è preordinato

“It is impossible to predict exactly the nature of AI’s effects, but society can take steps to shape AI’s impact through policy, education, and ethical guidelines.”

  • I policymaker devono bilanciare innovazione e regolamentazione, garantendo che i benefici dell’AI siano distribuiti equamente.
  • Le aziende devono investire in strategie di lavoro aumentato dall’AI, privilegiando la collaborazione uomo-macchina rispetto alla pura automazione.
  • I lavoratori devono puntare su apprendimento continuo e adattabilità, sfruttando i nuovi strumenti AI per restare competitivi.

L’impatto dell’AI sul lavoro è complesso e articolato. Solo con scelte consapevoli e strategie mirate possiamo garantire che l’AI contribuisca a un futuro del lavoro più produttivo, equo e innovativo.

In un precedente articolo ho tracciato alcune linee guida rispetto all’introduzione dell’Intelligenza Artificiale all’interno dei contesti HR. All’interno di questo pezzo vorrei provare ad approfondire maggiormente il tema, in modo da delineare alcuni possibili use case per i professionisti del mondo HR. Gli use case presentati sono solo un’ipotesi circa alcune delle possibili applicazioni dell’AI in contesti HR. Va da sé che gli scenari possano essere molto più ampi.

«Le domande come “che cos’è la vita?” o “la vita è possibile?” non sono più questioni interessanti perché hanno avuto soluzione. La questione dell’intelligenza artificiale è la medesima, vi sono moltissime domande, questioni non risolte riguardo ad essa, ma non ha più senso porre invece la domanda se essa sia possibile»
(Daniel C. Dennett)

Partiamo da alcune evidenze: il fenomeno è assolutamente pervasivo le direzioni HR delle differenti aziende hanno visioni abbastanza allineate. Alcuni dati secondo Gartner:

  • il 76% dei responsabili HR concorda sul fatto che resterà indietro nel successo organizzativo se non adotterà e implementerà la GenAI entro 12-24 mesi.
  • Gli obiettivi più comuni per l’utilizzo della GenAI nelle HR sono il miglioramento dell’efficienza (77%), il miglioramento dell’esperienza dei dipendenti (52%) e il potenziamento del processo decisionale (43%).
  • I responsabili HR hanno preoccupazioni in merito alla privacy e alla sicurezza dei dati (77%), alla parzialità e alla discriminazione (53%) e ai problemi di conformità alle disposizioni di legge (41%).

È, quindi, un tema di forte rilevanza che richiede un interesse specifico da parte di tutti i professionisti HR. Vediamo alcuni casi d’uso applicativi che possono rappresentare un punto di svolta interessante per gli HR di tutto il mondo.


Gestione e acquisizioni dei talenti

Tra i principali benefici ritroviamo un maggiore coinvolgimento dei candidati e la possibilità di attirare e selezionare profili maggiormente in linea con l’esigenza aziendale, efficientando l’intero processo di selezione. Più nel dettaglio alcune possibili applicazioni sono:

  • Supporto nella definizione del sito web aziendale e del portale “career” per attrarre candidati.
  • Personalizzazione del testo delle campagne di recruiting.
  • Creazione e contestualizzazione degli annunci di lavoro.
  • Sintesi e trascrizione delle interviste svolte ai candidati.
  • Creazione e contestualizzazione delle lettere di offerta.
  • Creazione e personalizzazione di contenuti per il processo di onboarding.


HR Services

Un’altra dimensione che potrebbe fortemente beneficiare dal processo è quella di servizi a supporto della popolazione aziendale. Il vantaggio si traduce in maggiore produttività, migliore circolazione della conoscenza, incremento della soddisfazione e dell’engagement dei dipendenti. Più nel dettaglio:

  • Assistente virtuale HR. Per aiutare i dipendenti a risolvere i problemi HR in modo rapido e semplice
  • Riepilogo dei contenuti e delle delle richieste di servizio. A supporto anche degli agenti HR.
  • Riepilogo dei contenuti degli articoli della knowledge base (KB) per i dipendenti. Aiuta i dipendenti a trovare le informazioni di cui hanno bisogno in modo più rapido e facile.
  • Creazione di articoli della KB basati sui gap espressi dagli utenti e manifestati nelle Q&A più frequenti.
  • Aggiornamento delle risposte del personale di supporto HR.
  • Classificazione di email/documenti.


Learning

Anche la dimensione di apprendimento e di costruzione di contenuti per la formazione non è esente dall’impatto dell’HR e – anzi – può beneficiare notevolmente dalla capacità di generare contenuti innovativi e ingaggianti con costi molto bassi. Questo può portare benefici anche in termini di scalabilità, efficienza e uniformità del contenuto. Più nel dettaglio:

  • Adattamento dei contenuti di apprendimento esistenti e aggiornamento dei contenuti.
  • Sviluppo e creazione di nuovi contenuti.
  • Sintesi/riassunto del materiale per l’apprendimento.
  • Creazione di nuove immagini e animazioni.  
  • Generazione di domande per quiz/valutazioni.
  • Elaborazione dei risultati di valutazione e semplificazione – attraverso automazione – del processo di valutazione.


Talent & Skill

Altra dimensione che può essere arricchita dall’AI è quella che riguarda Talenti e Competenze. Nello specifico possiamo impiegare l’AI per migliorare l’employee experience delle nostre persone e per definire percorsi di carriera maggiormente in linea con le loro competenze e ambizioni. Attraverso l’accesso immediato e l’elaborazione di un numero sempre maggiore di dati siamo in grado di fornire risposte immediate e prevedere percorsi di carriera e di formazione davvero in linea con i desiderata e i bisogni dell’utente.

Più nel dettaglio:

  • Miglioramento del feedback sulle prestazioni, attraverso l’inclusione di maggiori dati e informazioni sulla performance della persona.
  • Suggerimento di obiettivi, risultati chiave e goal sulla base di strategia, prestazioni passate e altri documenti.
  • Riepilogo del feedback sulle prestazioni con la creazione di dashboard aumentate da una mole di dati molto maggiore rispetto al passato.
  • Allineamento delle competenze proposte per il lavoro specifico.
  • Raccomandazioni di carriera basate su una maggiore – e migliore – profilazione.
  • Lettura e analisi delle competenze specifiche.
  • Employee Voice: supporto nella definizione di survey e della creazione di dashboard per l’ascolto attivo del personale aziendale.
  • Workforce Planning: nella definizione e nel supporto a una migliore pianificazione in linea con le competenze espresse dal singolo.


E la dimensione umana?

Esiste un’altra dimensione da prendere in considerazione, e da non sottovalutare, il tema dell’AI, e della sua introduzione all’interno del mondo organizzativo, porta con sé – inevitabilmente – profonde rivoluzioni dei modelli di lavoro e della cultura organizzativa.

Come professionisti del mondo HR dobbiamo, quindi, essere parte attiva all’interno della rivoluzione, anche se i casi d’uso riguardano altri dipartimenti o funzioni dell’azienda.

Nello specifico, io credo, su almeno 5 dimensioni specifiche:

  1. Strategia di implementazione. L’AI ha profondi risvolti etici, sociali, culturali e organizzativi. Al tavolo di implementazione dell’AI all’interno dell’azienda, non possono mancare attori HR.
  2. Modello di governance. Per lo stesso motivo di cui sopra, è necessario che l’HR, come altre funzioni aziendali rilevanti siano coinvolte e partecipi del processo guidando e orchestrando il cambiamento in essere.
  3. Inclusion & Diversity. Come sappiamo l’AI può essere estremamente biased, ragionando su basi statistiche e predittive e reiterando modelli dominanti esistenti, non sempre funzionali. È necessario un controllo umano per garantire sia la correttezza dell’output, sia il suo allineamento con le policy di inclusione e diversity dell’azienda.
  4. Adoption & Change Management. Come per la trasformazione digitale, l’introduzione dell’AI all’interno del contesto di lavoro porta, inevitabilmente, a una modifica delle modalità di lavoro. È necessario che l’HR guidi il cambiamento supportando processo di cambiamento culturale e adozione.
  5. Learning. Come ogni tecnologia deve essere appresa, come appresi devono essere i nostri modi di relazionarci ad essa.

È una sfida che non possiamo sottovalutare, ma – ancora più importante – dobbiamo indirizzare come protagonisti del cambiamento.

Infine, molto importante risulta sottolineare la capacità di muoversi in uno scenario altamente mutevole che impone un range di sfide completamente nuove. Come afferma anche Kurzweil

«if a machine can prove indistinguishable from a human, we should award it the respect we would to a human – we should accept that it has a mind » (Kurzweil, 2012: p. 266). 

È bene comunque sottolineare che questo complesso lavoro deve essere fatto in modo attivo, partecipato e

«quest’area di competenza dev’essere costruita sperimentando ed elaborando artefatti e scenari che considerino dunque le peculiarità del contesto digitale. Solo operando in questo modo il formatore ha l’opportunità di andare oltre la semplice integrazione delle nuove possibilità nei quadri operativi del passato» (Cattaneo & Rivoltella, 2010: p. 33).

«The development of full artificial intelligence could spell the end of the human race. Once humans develop artificial intelligence, it will take off on its own and redesign itself at an ever-increasing rate. Humans, who are limited by slow biological evolution, couldn’t compete and would be superseded».

Senza condividere in toto la visione apocalittica di Stephen Hawking sul futuro dell’umanità e del suo rapporto con l’intelligenza artificiale, è comunque giunto il momento per noi professionisti del mondo HR e per tutti coloro che si occupano di trasformazione e di analizzare i grandi cambiamenti che hanno attraversato – e che tutt’ora attraversano – l’umanità, di chiederci come intendiamo impiegare questo potentissimo strumento.

La trasformazione di cui stiamo parlando è paragonabile, se non superiore, a quella della digitalizzazione che abbiamo vissuto negli scorsi anni.

Qualche numero per chi non fosse ancora convinto?

  • Il mercato globale dell’AI dovrebbe raggiungere 1,58 trilioni di dollari entro il 2028. (MarketsandMarkets, 2023)
  • Il numero di posti di lavoro legati all’AI negli Stati Uniti dovrebbe crescere del 31% tra il 2020 e il 2030. (US Bureau of Labor Statistics, 2021)
  • Il 61% degli intervistati a un recente rapporto di Deloitte Insights afferma che l’AI trasformerà sostanzialmente il proprio settore nei prossimi 3-5 anni.
  • L’adozione dell’AI è significativa su base per organizzazione, con il 53% degli intervistati che ha speso più di 20 milioni di dollari nell’ultimo anno in tecnologia e talenti AI.
  • L’83% delle aziende partecipanti al sondaggio di Deloitte sull’adozione dell’AI nel settore manifatturiero ritiene che l’AI sarà una tecnologia fondamentale per guidare la crescita e l’innovazione.
  • Il 92% degli intervistati al sondaggio di Deloitte sullo stato dell’AI nelle imprese 2022 si è fissato l’obiettivo di diventare leader di settore o di mercato nell’AI entro i prossimi tre anni.

Dai dati sopra riportati risulta, quindi evidente, l’importanza e la magnitudo del fenomeno. Una riflessione non è più rimandabile.

In un interessante articolo Josh Bersin (https://joshbersin.com/2023/09/the-role-of-generative-ai-in-hr-is-now-becoming-clear/) ha messo in evidenza alcune delle applicazioni dell’intelligenza artificiale generativa che si possono immaginare per l’HR.

Quali sono?

  • Talent Intelligence for Recruiting, Mobility, Development, Pay Equity. La gestione dei talenti è un tema sempre più complesso all’interno delle organizzazione, tematiche legate allo strategic worforce planning e alla capacità di definire le migliori persone per i compiti adatti è una sfida complessa e articolata che richiede uno sforzo congiunto di tecnologia, sistemi HR e processi di gestione delle risorse di maggior valore all’interno dell’organizzazione.
  • Employee Apps: Il secondo spazio in crescita è quello dei “chatbot intelligenti per i dipendenti”, che riuniscono documenti, materiali di supporto e sistemi transazionali in un’esperienza facile da usare.
  • Employee training, learning e content production: il settore della formazione dei dipendenti, che vale 350 miliardi di dollari, è uno di quelli che maggiormente potrebbe beneficiare dall’AI generativa. Negli ultimi mesi abbiamo visto strumenti che generano formazione da documenti, creano automaticamente quiz e trasformano i contenuti esistenti in un “assistente didattico”.
  • Employee Development and Growth Apps: Si tratta del vasto nuovo campo di strumenti e piattaforme che aiutano i dipendenti a progredire nelle loro carriere. Grazie alle piattaforme di Talent Intelligence, ora abbiamo “percorsi di carriera” generati dall’AI. Questi sistemi analizzano le tue competenze e la tua esperienza e ti mostrano (graficamente) tutte le opzioni che hai per crescere, tutte basate sull’esperienza di milioni di altre persone.
  • Performance Management and Operational Improvement: tema complesso, che apre dimensioni filosofiche profonde sintetizzate dalla domanda: preferireste essere valutati da un computer o da una persona? In questo sicuramente l’AI può fornire un contributo di arricchimento alle dimensioni valutative classiche e aggiungere la possibilità di elaborare un numero elevato di dati in un tempo molto breve.
  • Retention, Hybrid-Work, Wellbeing, Engagement Analysis: anche in questo caso è un tema di dati e della capacità – molto limitata come esseri umani – che abbiamo di leggere in maniera completa un contesto o una situazione. L’AI e i sistemi automatizzati possono aiutarci nell’elaborazione di una enorme mole di dati che ci aiutino a comprendere come davvero stanno le nostre persone.

A queste dimensioni identificate da Bersin, a mio avviso, se ne possono aggiungere di ulteriori, nello specifico:

  • People Analytics: nel supporto alla definizione di modelli integrati che forniscano viste di dettaglio ai nostri dipendenti e ai team leader e che aiutino a sfruttare – finalmente – il potere dei dati per la gestione delle complessità organizzative. Se in passato la sfida poteva essere l’accesso al dato, oggi, in un moltiplicarsi di istanze, si rende necessario sapere in che modo sfruttare adeguatamente i dati, per trasformarli in insight e azioni concrete.
  • Employee Experience: alzi la mano chi, negli ultimi anni – e nella sua vita professionale – ha avuto una employee experience (dal momento in cui è entrato in azienda al momento in cui è uscito) senza intoppi e senza problemi. Il contributo dell’AI può rendere maggiormente fluido l’intero processo e agire come un vero e proprio “buddy” nell’accompagnare le fasi più delicate dei diversi processi (e.g. nel momento dell’onboarding) e dell’intera esperienza.

Il paniere di casi d’uso potrebbe ampliarsi ancora se consideriamo le intersezioni del mondo Human Capital con quello della comunicazione interna, del marketing e dell’innovazione collaborativa.

È per questo che, come Deloitte abbiamo fatto di più: creando un repository che include oltre 60 use case legati al mondo dell’Artificial Intelligence per chiarire i termini in gioco e capire meglio in che modo possa essere applicata all’interno dei nostri processi di lavoro e per portare effettivo valore alle organizzazioni. Maggiori informazioni qui: https://www2.deloitte.com/us/en/pages/consulting/articles/gen-ai-use-cases.html

Esiste poi un ulteriore aspetto che chi si occupa di HR e di processi di trasformazione dovrebbe guardare che è quello legato all’etica e alle conseguenze dell’applicazione di questi scenari al mondo del lavoro.

È un tema che ci riguarda tutti da vicino, perché la tecnica, la tecnologia, non sono neutrali e gli impatti etici e filosofici sono tutt’altro che scontati.  

«dire che la tecnologia non è del tutto neutrale – che, cioè, essa ha delle proprie finalità intrinseche, o che viene a imporre dei propri particolari valori – significa soltanto riconoscere il fatto che, come parte della nostra cultura, essa influisce sulla nostra crescita e sul nostro comportamento. Gli esseri umani hanno sempre posseduto qualche forma di tecnologia, la quale a sua volta ha influenzato la natura e la direzione del loro sviluppo. Questo processo non può essere fermato, e questa relazione non avrà mai termine: possiamo soltanto comprenderla e, speriamo, indirizzarla verso scopi degni [dell’umanità]» (Kranzberg e Pursell, 1967, p. 11).

È, dunque, necessaria una profonda riflessione all’interno dei nostri processi di lavoro, di educazione e all’interno delle modalità con le quali stiamo immaginando la società del futuro per indirizzare in modo corretto questo cambiamento.

P.S.

Sì, questo articolo è stato scritto con il supporto dell’AI.

Chi segue questo spazio sa che, oltre al digitale, uno dei temi a me più cari è quello che riguarda i nuovi modelli di lavoro e le modalità attraverso le quali è possibile disegnare un’impresa differente, maggiormente collaborativa, resiliente e capace di adattarsi ai cambiamenti che il mercato impone.
L’anno 2020, con la pandemia da Covid-19, è stato – in questo senso – maestro e ci ha mostrato in modo evidente quanto inadatte e inefficaci fossero le nostre organizzazioni ad attraversare scenari inediti. Ha rappresentato, a conti fatti, anche un’importante occasione per riflettere sul futuro che vogliamo disegnare.

E’ per questo che il volume edito da Hoepli Milano e che ho scritto in questo periodo: Future of Work: le Persone al Centro, costruire il lavoro e la società del futuro rappresenta un punto saldo di partenza per tutti quei professionisti e per quelle imprese che intendano seriamente mettersi in discussione e prendere in mano la direzione dei propri modelli organizzativi.
Il libro offre casi, spunti, riflessioni teoriche ed esempi pratici attraverso i quali ripensare quello che facciamo quotidianamente.

Come scrive Jacob Morgan nella postfazione del volume:

Che cos’è il futuro del lavoro? 

Questa è una domanda che mi viene spesso posta durante le conferenze, gli eventi, e anche online, dalla mia community.
Nessuno può predire il futuro, ma la verità è che, questa, è una domanda sbagliata.
Chiedersi “che cosa è il futuro del lavoro” dimostra un atteggiamento passivo; assume che il futuro sia un qualcosa che accade e che non ci sia niente che possiamo fare per modificarlo. Tutto quello che è in nostro potere è attendere e subire l’impatto del cambiamento. È un’attitudine sbagliata verso il ciò che deve arrivare: non dobbiamo pensarlo in questo modo. Il futuro è qualcosa che immaginiamo, costruiamo e definiamo noi stessi, come protagonisti del cambiamento: dobbiamo cambiare il nostro punto di vista, dobbiamo riformulare la domanda. È tempo di chiedersi: “quale futuro del lavoro vuoi vedere realizzato?” e pensare a cosa puoi fare per vederlo accadere.
Cambiare il modo in cui pensiamo al futuro del lavoro ci mette al posto di guida e rende ognuno di noi un protagonista attivo della narrazione. 
Le persone che prenderanno posizione e si spenderanno in prima persona per il futuro del lavoro giocheranno un ruolo chiave nella trasformazione e nel cambiare il mondo in cui viviamo. 

Quindi domandiamoci: qual è il futuro del lavoro che vogliamo vedere realizzato? 

È ora di renderlo reale. 

Il libro vanta preziosi contributi da parte di esperti di settore e di personalità di spicco nel mondo del lavoro. Oltre a rendermi molto orgoglioso, sono convinto possano rappresentare una efficace bussola per navigare il futuro del lavoro e il mondo delle nostre organizzazioni.

Tra i principali contributi che troverete all’interno del volume:

  • Carlo Bozzoli, CIO di ENEL Group, che ha curato la prefazione del volume
  • Jacob Morgan, autore di best seller e speaker di fama internazionale, che ha curato la postfazione del volume
  • Carlo Chiattelli, economista e Associate Partner EY
  • Alessandro Antonini, Senior Manager di EY
  • Manuela Cantoia, Professore di Psicologia Generale presso l’Università eCampus
  • Andrea Gaggioli, Professore di Psicologia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore
  • Cosimo Accoto, MIT research affiliate e autore di “il mondo ex machina” e “il mondo dato”
  • Luigi Centenaro, autore del Personal Branding Canvas, consulente e autore di diversi volumi sul tema del personal branding
  • Paolo De Caro, Senior Manager di EY e responsabile del centro di innovazione e sviluppo (Brain)

Il volume si articola in diversi capitoli che comprendono analisi specifiche, casi d’uso ed esempi pratici per comprendere in che modo il mondo del lavoro sia cambiato e si modificherà nel prossimo – immediato – futuro.

Di seguito l’elenco dei capitoli:

  • Capitolo 1 – Resilienza, trasformazione e il futuro del lavoro
  • Capitolo 2 – Casi d’uso, modalità di approccio e contesti operativi per il lavoro del futuro
  • Capitolo 3 – Errori e ostacoli che impediscono la trasformazione delle organizzazioni
  • Capitolo 4 – Una roadmap per costruire organizzazioni resilienti
  • Capitolo 5 – Progettare e costruire il Future of Work: creare esperienze trasformative e Positive Innovation Network
  • Capitolo 6 – Automazione e intelligenza artificiale nel futuro del lavoro
  • Capitolo 7 – Skill e competenze: il ruolo delle persone
  • Capitolo 8 – Verso un ripensamento dei modelli educativi e di formazione
  • Capitolo 9 – Purposeful Organization e il ruolo della leadership nella trasformazione
  • Capitolo 10 – Agile, Holacracy e nuovi modelli di organizzazione
  • Capitolo 11 – Costruire valore per l’intero ecosistema

Il mondo che costruiamo – e che costruiremo – passerà dalla nostra capacità di organizzarci secondo comunità e modelli relazionali.

Come si legge nel volume:

In un’analisi famosa relativa alla natura della comprensione scientifica dei fenomeni, il fisico quantistico Werner Heisenberg ha avuto occasione di sottolineare come capire significhi in un’ultima istanza saper individuare il legame che riconduce fenomeni diversi allo stesso insieme coerente. La vera comprensione della realtà sa superare la complessità superficiale dei fenomeni e mettere in evidenza la struttura coerente che sta dietro di essi. 

Il futuro della società e del senso delle organizzazioni e del lavoro di ognuno di noi passa per le parole, visionarie e illuminate di Adriano Olivetti, che nella sua azienda e il territorio del Canavese sono diventati poi laboratorio e ispirazione per molte realtà nel mondo.
È facile riconoscere nelle sue parole quei concetti propri di collaborazione, di innovazione partecipata, ma anche di smart cities, di green valley, di sostenibilità dell’innovazione e del modo di lavorare delle persone, dei digital district periferic, ma che sono poi centri di eccellenza della nuova e futura società dell’informazione. Scrive Olivetti: “Comunità, io nome lo dice, e il programma lo afferma, è un movimento che tende a unire, non a dividere, tende a collaborare, desiderare, insegnare, mira a costruire […].
Tecnica e cultura conducono verso il decentramento, verso la federazione di piccole città dalla vita intensa, ove sia armonia, pace, silenzio, lontano dallo stato attuale delle metropoli sovraffollate come dall’isolamento e dallo sgomento dell’uomo solo.”

Non vi resta che procurarvene una copia e poi proseguire la discussione su questo spazio o sui miei canali social: fatemi sapere cosa ne pensate!

Per chi volesse acquistarlo: https://amzn.to/3mlIfwO

Chi se ne occupa – o anche i semplici interessati – sanno che cambiare la cultura di un’organizzazione non è cosa semplice. Trasformare il modo di lavorare, di parlare, di relazionarsi con i colleghi è un processo che può richiedere mesi e anni di intenso lavoro che si possono, spesso, tradurre in un fallimento.

Ne ha parlato già Edgar Schein e non è certo cosa nuova:

La cultura è importante perché è un insieme di forze potenti, nascoste e spesso inconsce, che determinano il nostro comportamento individuale e collettivo, i modi della percezione, lo schema del pensiero e i valori. La cultura organizzativa in particolare è importante perché gli elementi culturali determinano strategie, obiettivi e modi di agire. I valori e lo schema di pensiero di leader e dirigenti sono in parte determinati dal loro bagaglio culturale e dalle loro esperienze comuni. Se si vuole rendere una organizzazione più efficiente ed efficace, allora si deve comprendere il ruolo giocato dalla cultura nella vita organizzativa.

Esistono, però, dei casi eccezionali, unici nell’esperienza delle persone che consentono di cambiare radicalmente il proprio sistema di valori e il proprio modello di agito. Si tratta delle Esperienze Trasformative, mi sono imbattuto di recente in questo concetto grazie all’amico e collega Andrea Gaggioli (Docente di Psicologia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano) che le illustra molto bene all’interno di un paper che potete trovare qui.

Vengono definite tre caratteristiche delle esperienze trasformative:

  1. Si tratta di un cambiamento profondo del modo in cui percepiamo il nostro self-world, il nostro mondo interiore. Il cambiamento avviene in maniera repentina, quasi immediata e si distingue da tutte le altre manifestazioni psicologiche dell’individuo
  2. L’esperienza trasformativa ha sia una dimensione epistemica sia personale: non cambia solo quello che sappiamo, ma cambia anche in modo profondo il modo attraverso il quale facciamo esperienza di noi stessi
  3. Infine, un’esperienza di questo tipo, può essere considerata come un fenomeno emergente delle dinamiche che si auto organizzano

La letteratura, da Maslow a Miller, da James a C’De Baca, documenta ampiamente quei momenti nella vita di un uomo in cui si creano le condizione per fare esperienza di un salto quantico dal punto di vista psicologico. Un momento “a-ha” che ci permette di fare esperienza di sensazioni e di emozioni uniche che rendono la persona in grado immediatamente di comprendere che qualcosa è successo e che qualcosa è cambiato. Come si legge:

These are “a-ha” experiences in which the person comes to a new realization, a new way of thinking or understanding. Insightful transformations grow out of life experiences, in that they tend to follow personal development. In contrast, mystical quantum changes – or epiphanies – have no continuity with “ordinary” reality and are characterized by a sense of being acting upon by an outside force. The person knows immediately that something major has happened, and that life will never be the same again

Per loro stessa caratteristica e specificità le esperienze trasformative non possono essere pre-costruite o fabbricate, richiedono un coinvolgimento profondo del singolo e le condizioni adatte perché una ristrutturazione abbia luogo.
All’interno di questo scenario è, però, possibile costruire le condizioni e l’ambiente all’interno del quale l’esperienza può essere invitata e può avvenire.

Cosa possiamo e dobbiamo fare dunque? In realtà il ripensamento delle logiche organizzative e con al centro le persone non deve necessariamente divenire una ricerca spasmodica di un modello di lavoro nuovo o una realizzazione whatever it takes di un’esperienza trasformativa. Come sottolinea anche Gaggioli:

The final aim of transformative design, as I see it, should not be confused with the idea of “engineering self-realization”. Rather, I hold that the objective of this endeavour should be to explore new possible technological means of supporting human beings’ natural tendency towards self-actualization and self-transcendence. As Haney (Haney, 2006) beautifully puts it: “each person must choose for him or herself between the technological extension of physical experience through mind, body and world on the one hand, and the natural powers of human consciousness on the other as a means to realize their ultimate vision”

Già il riuscire a rendere la tecnologia qualcosa di invisibile e qualcosa in grado di facilitare la naturale espressione delle persone sarebbe un notevole successo.