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Da un po’ di tempo a questa parte McKinsey sta scrivendo una serie di articoli sul tema digitale che analizzano come i processi e i fenomeni introdotti da questa rivoluzione stanno impattando e modificando il nostro modo di intendere e concepire le organizzazioni e i processi di business.

Una survey recente (che trovate qui: http://www.mckinsey.com/insights/business_technology/the_digital_tipping_point_mckinsey_global_survey_results) mette in luce la direzione verso la quale si stanno concentrando gli sforzi delle organizzazioni nella transizione verso il digitale. La ricerca appare altresì interessante perché mette in evidenza anche le barriere e le problematiche che le organizzazioni si trovano a dover fronteggiare prima di potersi considerare completamente “digitalizzate”.

Ciò che ormai è evidente e sotto gli occhi di tutti (tema da cui le organizzazioni non possono più prescindere) è che la digitalizzazione è un asset fondamentale del prossimo futuro e del presente. Nessun CEO si può più permettere di ignorare il fenomeno e nessuna organizzazione è esentata dalla rivoluzione e dai processi in atto.

Uno dei dati principali che emerge sottolinea con forza – ancora una volta e casomai ce ne fosse ancora bisogno – l’importanza della sponsorship e del ruolo del CEO in questa tipologia di iniziative. Anche il CIO gioca molto spesso un ruolo predominante sebbene le iniziative troppo guidate dall’IT non siano mai del tutto soddisfacenti ed efficaci avendo un focus troppo sbilanciato su una dimensione tecnologica e di mera integrazione tra sistemi. Il coinvolgimento dei livelli più alti dell’organizzazione appare quantomai fondamentale per traghettare l’organizzazione verso un nuovo futuro maggiormente innovativo e il cambiamento avviene difficilmente solamente dal basso.

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Le aspettative delle organizzazioni nei confronti del digitale si articolano in 4 dimensioni fondamentali (in ordine di importanza percepita):

  • Creare nuovo business e sbloccare nuove revenue generando profitti maggiori grazie a nuove modalità di offering o di lavoro differenti. In poche parole il digitale potrebbe aprire nuovi spazi commerciali o rivedere i modelli di business esistenti traghettando verso nuove dimensioni
  • Creare vantaggio competitivo e servendo meglio il mercato e dando risposte migliori alle richieste e alle sollecitazioni provenienti dall’esterno e dai clienti
  • Rimanere allineati e tenere il passo con i competitor evitando di perdere importante terreno competitivo e di rimanere al palo dell’innovazione
  • Tagliare i costi e aumentare i margini attraverso una maggiore efficienza del lavoro e una migliore produttività interna (processi più snelli e migliori)

Come si vede in modo abbastanza intuitivo le priorità riguardano prevalentemente l’esterno dell’organizzazione sottolineando come sull’interno la strada da fare sia ancora lunga e molte organizzazioni non abbiamo ancora maturato la piena consapevolezza di come per essere completamente digitale  servire meglio il cliente all’esterno si debba – necessariamente – socializzare i propri processi interni.

Da qualche tempo a questa parte ripetiamo come non si possa essere social/digital a metà, ma le organizzazioni sembrano ancora essere troppo focalizzate su dimensione di comunicazione, marketing e allineamento esterno, trascurando quello che accade al loro interno.

Anche lo spending del budget sulla dimensione digitale testimonia quanto stiamo dicendo con la maggior parte degli investimenti ancora concentrati su dimensioni esterne: engagement dei consumatori, big data e analytics avanzati, life-cycle management e via dicendo. La sifda è consistente perché molte realtà si stano completamente dimenticando di una dimensione molto importante del cambiamento e si stanno scontrando con ostacoli di un certo livello proprio per questo motivo.

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Il tema dei big data e dei sistemi avanzati di analytics risulta poi di importanza chiave per molti executive e livelli della C-Suite (a partire dai CEO) che ritengono saranno fondamentali nel prossimo mercato.

Tuttavia, le organizzazioni maggiormente mature hanno realizzato due passaggi di non banale importanza nel percorso evolutivo, hanno cioè capito:

  • che gli investimenti per quanto cospicui non sono sufficienti a coprire la transizione dell’intera organizzazione e che in termini di tempo. risorse, competenze devono essere fatti passi maggiori per garantirsi il successo e il reale ritorno di iniziative di questo tipo
  • Gli investimenti devono essere spostati: non solo dimensione IT ma un corretto bilanciamento tra strategie, tecnologia e cambiamento, non dimenticando di investire nelle persone e per le persone che rappresentano il nodo cruciale della questione

Emergono tuttavia ancora difficoltà legate alla reale percezione del valore, alla sensazione di urgenza nel dover fare le cose, alla mancanza di una struttura organizzativa adeguata per far fronte ai processi mutati, a leve di business strategiche non gestite correttamente, a difficoltà legate alla retention e all’individuazione di talenti e figure chiave all’interno dell’azienda che possano motivare e facilitare il cambiamento.
L’ingaggio dei dipendenti e del personale interno e la motivazione al cambiamento appare ancora una barriera molto forte.

Ancora una volta: non stiamo investendo a sufficienza nelle persone e non stiamo muovendoci in modo corretto per facilitare il cambiamento di mentalità e cultura aziendale.

Many executives also agree that digital talent remains a trouble area for their organizations. Only one-third of respondents say at least one in ten of their employees spends any
time working on digital projects. Of the challenges companies face in meeting their digital priorities, difficulty finding talent often tops the list. Roughly nine out of ten executives say their companies have some pressing need for digital talent in the next year—especially in analytics, which CIOs and chief technology officers cite even more frequently than average

Quali sono quindi i punti fissi da tenere per le organizzazioni che hanno seriamente intenzione di evolversi verso questi modelli?

Misurare il valore delle iniziative digitali, costruendo business case e roadmap a supporto pianificando investimenti e rimanendo sicuri che se raggiunti gli obiettivi i ritorni economici possono essere anche consistenti. Senza una chiara pianificazione risulta impossibile capire dove andare e con quale linea di tendenza muoversi.

Investire e credere nelle persone prima che nella tecnologia, abilitando talenti e favorendo la partecipazione di coloro che in azienda si mostrano maggiormente inclini al nuovo modo di lavorare.

Coinvolgere l’intera organizzazione nel cambiamento: processi interni, legami con l’esterno, tutta l’impresa viene toccata dal fenomeno e viene modificata dal nuovo modello imposto dal digitale, se si ragiono solo su uno spicchio della torta non solo si rischia di perdersi pezzi importanti ma si rischia di fallire completamente nel percorso di evoluzione e trasformazione.

Una recente analisi di McKinsey pubblicata il mese scorso e derivata da un’indagine condotta su alcune aziende e alcuni C-Level delle più importanti organizzazioni al mondo mostra alcuni aspetti veramente interessanti per comprendere a che livello e a che punto ci troviamo nello stato di avanzamento del processo di digitalizzazione delle imprese e delle aziende di tutto il mondo.

Il report (seppur nella sua brevità e nei pochi messaggi che rilascia) è davvero interessante per comprendere alcuni aspetti chiave che entrano in gioco nel cammino di trasformazione verso il social business. Tra i messaggi principali che emergono: l’importanza di coinvolgere tutta l’azienda (sia all’interno sia all’esterno, sia nei livelli più alti come in quelli più bassi), l’importanza di una visione coerente e coesa e la necessità di investimenti sensati e significativi che garantiscano successo e ROI.

Più nello specifico, le dimensioni analizzate dall’indagine sono 5 e rappresentano alcuni dei punti chiavi dell’innovazione digitale all’interno delle organizzazioni:

  • big data e social analytics
  • digital engagement dei consumatori
  • digital engagement dei dipendenti e dei partner esterni
  • automazione e processi interni
  • digital innovation

Ma il vero messaggio chiave che emerge dall’intera analisi è un altro, come si legge:

They report, for example, that their companies are using digital technology more and more to engage with customers and reach them through new channels. What’s more, growing shares report that their companies are making digital marketing and customer engagement a high strategic priority. Nevertheless, there is more work to do: most executives estimate that at best, their companies are one-quarter of the way toward realizing the end-state vision for their digital programs.

Interessante notare, quindi, come la strada da fare sia ancora molta, la consapevolezza presente e lo spazio per crescere ancora significativo. Tre messaggi confortanti che consentono di aprire uno spazio di investimento e di lavoro ampio e notevole per il prossimo immediato futuro (destinato – va da sé – a chi saprà coglierlo).

Rispetto alle cinque dimensioni chiave analizzate, i rispondenti affermano l’importanza strategica prevalente di alcune di esse: in primo luogo il 56% di loro afferma che il coinvolgimento del social customer tramite strumenti digital è nelle prime 10 priorità dell’azienda, a testimonianza – casomai ce ne fosse ancora bisogno – che l’esterno dell’azienda è ormai sempre più sensibile a questi temi e a queste esigenze, stimolato dalle spinte e dalle necessità imposte dal mercato attuale.

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Un altro dato che emerge in modo molto interessante e significativo è la crescita rispetto all’anno precedente che stanno avendo tutte le dimensioni rispetto al loro livello di digitalizzazione. Anche sui processi più delicati (sull’interno dell’organizzazione) sta cominciando a muoversi qualcosa di interessante, seppur a livello ancora embrionale e immaturo rispetto all’esterno dell’azienda.
A mio avviso il dato più significativo resta comunque il crescente coinvolgimento dei CEO in iniziative di questo tipo e di questa natura. Paragonando i dati attuali con quelli dell’indagine del 2012 emerge in modo significativo una crescita nel coinvolgimento e nel committment da parte dei livelli più alti delle organizzazioni.

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Altre informazioni interessanti emergono dall’analisi che consente di verificare su quali fattori di successo e di insuccesso si basano le iniziative di social business transfomation permettendo – quindi – di trovare le modalità per evitare i problemi contro cui molte organizzazioni si scontrano inficiando la validità e il ritorno positivo dei vari progetti.
Di queste dimensioni stiamo provando (assieme ad Emanuele Quintarelli) a darne una visione anche italiana tramite la Social Collaboration Survey 2013 alla quale hanno già partecipato oltre 300 aziende e che mostra dati non troppo dissimili da quelli che sono illustrati dall’ultima analisi di McKinsey. Le sfide del social business sono ormai quindi note, le possibilità estremamente vaste e gli ostacoli che si incontrano sempre – più o meno – gli stessi. Tutto questo ci permette di avere nuovo slancio e nuova fiducia verso i progetti di digital transformation delle organizzazioni permettendo di massimizzare gli investimenti e di ottenere benefici sempre maggiori sfruttando appieno tutte le potenzialità (ampie) che offre al momento il mercato.

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Pur in pochi dati questa analisi sottolinea alcuni trend interessanti e di livello:

  • l’importanza del coinvolgimento di tutta l’azienda e di tutto il suo ecosistema, poco importa che siano fornitori, partner, clienti, consumatori finali o dipendenti all’interno della nostra organizzazione
  • la necessità di una strategia coerente che coinvolga e si guadagni il committment dei C-Level dell’organizzazione
  • la strada è ancora lunga e le possibilità ancora molte, ma bisogna cominciare a muoversi e ad andare nella direzione prestabilita avviando sperimentazioni e casi concreti
  • il livello di coinvolgimento dei consumatori esterni ormai è un dato di fatto. L’evoluzione, annunciata ormai qualche anno fa, verso il social customer ha ormai raggiunto uno stadio di maturità elevata, che deve essere gestita dalle organizzazioni. La sensazione è ormai che tutti abbiano compreso che non è più una scelta sull’intraprendere o meno la strada del digital, ma è piuttosto una scelta che riguarda il modo migliore per farlo
  • trovare leader illuminati che siano in grado di guidare l’azienda verso la trasformazione completa è oggi più fondamentale che in passato
  • allo stesso modo talenti e persone che hanno volontà di fare e di emergere devono avere spazio e risorse per crescere, e non solo sulla carte, come spesso accade in moltissime aziende che seguono il paradigma del “fate quello che dico, ma non fate quello che faccio”
  • i budget e gli investimenti sono in crescita e mostrano la volontà delle aziende di andare in questa direzione con sempre più forza e coerenza
  • la misurazione del ROI, il tracciamento dei risultato, lo stabilire metriche sono tutte dimensioni fondamentali che non possono essere trascurate. Fare il punto nave è tanto importante quanto la direzione da seguire, darsi dei momenti di verifica periodoica sull’andamrento di questo tipo di progetti è di fondamentale importanza e consente di: aumentare il coinvoglimento e il senso di coerenza e di intesa sul progetto, la comprensione circa quello che si sta facendo e l’aggiustamento in caso di errori o di tentativi non corretti. E’ l’unico modo – infatti – per comprnedere realmente se quello che si sta facendo si muove nella giusta direzione

La rotta indicata, le vele spiegate, l’ancora levata. Chi ha il coraggio di salpare? Di sicuro la strada non è semplice e i rischi saranno molti, ma usiamo la frase e il famoso aforisma di John A. Shedd come monito e come guida per il nostro percorso di trasformazione

Le navi sono sicure nel porto. Ma non è per stare in porto che sono fatte le navi.