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Il nuovo report Deloitte Tech Trends 2025 è finalmente disponibile: una pubblicazione di punta che ci aiuta a navigare le sfide della trasformazione tecnologica in atto.

Ecco alcuni dei messaggi chiave:

  • IA ovunque: Entro il 2026, si prevede che il 70% delle organizzazioni adotterà modelli di intelligenza artificiale per compiti quotidiani, rendendo l’IA fondamentale quanto l’elettricità.
  • IA agentica: Il 75% delle organizzazioni intervistate sta già aumentando gli investimenti in IA agentica, aprendo la strada a co-piloti capaci di eseguire compiti autonomamente.
  • Modelli piccoli e multimodali: Oltre il 75% delle aziende sta esplorando modelli più piccoli e specializzati, migliorando l’efficienza per applicazioni IA specifiche.
  • Rinascimento hardware: Secondo previsioni ottimistiche, il mercato dei chip dedicati all’IA crescerà da 50 miliardi di dollari nel 2024 a 400 miliardi entro il 2027.
  • Dispositivi con IA integrata: Il 30% dei 1,5 miliardi di PC attualmente in uso ha più di quattro anni — i futuri PC con IA integrata trasformeranno la privacy e la produttività.
  • Sfida dell’efficienza energetica: Il consumo globale di elettricità dei data center è destinato a triplicare nel prossimo decennio a causa dei carichi di lavoro legati all’IA.

IA ovunque: come la magia, ma con algoritmi

L’IA si sta trasformando in una componente fondamentale, al pari dell’elettricità o dell’HTTP. Tra pochi anni smetteremo di notarla — ottimizzerà il traffico, personalizzerà l’assistenza sanitaria e creerà percorsi di apprendimento adattivi. L’intelligenza artificiale generativa, una volta protagonista assoluta, si sta evolvendo in una rete di sistemi intelligenti che operano in background, rendendo tutto più intelligente, veloce e intuitivo.

Il 70% delle organizzazioni sta già esplorando o implementando modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM), mentre l’attenzione si sta spostando verso modelli linguistici piccoli (SLM) e IA multimodale, più adatti a casi d’uso specifici ed efficienti.

L’hardware domina la scena

Dopo anni di predominio del software, l’hardware torna al centro dell’attenzione. Con la crescita delle esigenze legate all’IA, i chip specializzati stanno diventando una risorsa critica, alimentando l’innovazione hardware.

  • Il mercato dei chip dedicati all’IA dovrebbe crescere da 50 miliardi di dollari nel 2024 a 400 miliardi entro il 2027.
  • I PC e i dispositivi IoT con IA integrata supercaricheranno la produttività, riducendo la dipendenza dal cloud e migliorando la privacy dei dati.

Tuttavia, questa rivoluzione hardware comporta sfide: il consumo energetico. I data center potrebbero triplicare l’uso di elettricità entro un decennio, sottolineando la necessità di soluzioni sostenibili.

Spatial Computing e IA multimodale

Lo spatial computing — la fusione tra mondi digitali e fisici — sta rimodellando settori come la sanità e la manifattura. Combinato con l’IA multimodale, offre interazioni senza soluzione di continuità tra diversi tipi di dati (testo, audio, immagini).

  • Il mercato del calcolo spaziale cresce del 18,2% annuo, con nuovi casi d’uso in simulazioni, gemelli digitali e ambienti immersivi.
  • I modelli multimodali ridefiniranno inclusività ed efficienza, elaborando input diversificati per fornire insight praticabili.

Il ruolo dell’IT e della leadership

L’IA sta elevando il ruolo dell’IT, trasformandolo da supporto a strategia. I leader stanno sfruttando questo momento per ripensare la modernizzazione dei sistemi principali e abbracciare le “prossime pratiche” rispetto alle “migliori pratiche”.

  • L’IA ora influenza ogni aspetto della modernizzazione dei sistemi centrali, dall’automazione dei compiti alla riprogettazione dei processi per maggiore intelligenza ed efficienza.
  • La leadership sarà cruciale: approcci immaginativi e coraggiosi garantiranno che l’IA sia usata per creare opportunità, non solo per accelerare vecchi paradigmi.

Cyber e fiducia: prepararsi alla disruption quantistica

L’ascesa del calcolo quantistico sta trasformando il panorama della cybersecurity. Con macchine quantistiche che potrebbero maturare entro 5-20 anni, i metodi di crittografia esistenti potrebbero diventare obsoleti, mettendo a rischio l’integrità dei dati e la fiducia.

  • La transizione alla crittografia post-quantistica è già in corso, con organizzazioni che agiscono proattivamente per proteggere i propri sistemi.
  • Oltre il 55% delle organizzazioni intervistate sta migliorando l’agilità crittografica per prepararsi alle minacce quantistiche emergenti.

I leader devono affrontare non solo le implicazioni tecniche ma anche preoccupazioni più ampie sulla cyber igiene, assicurando che la fiducia rimanga un pilastro di questa trasformazione guidata dall’IA.

Un futuro sostenibile guidato dall’IA

Le tendenze di quest’anno chiariscono un punto: l’IA non è più solo uno strumento — è un framework per l’innovazione. Dai progressi hardware ai sistemi agentici, le opportunità sono immense, ma richiedono azioni deliberate.

Le organizzazioni devono affrontare sfide come il consumo energetico, la qualità dei dati e la fiducia nei sistemi IA per realizzarne appieno il potenziale.

Man mano che ci avviciniamo a un mondo in cui l’IA è ovunque, la domanda non è se adottarla, ma come farlo in modo responsabile ed efficace. Tech Trends 2025 dipinge un quadro vivido di ciò che ci attende: un’era definita dall’integrazione fluida dell’IA in ogni aspetto della nostra vita.

Il recente articolo dell’Economist (Che fine ha fatto la rivoluzione dell’intelligenza artificiale? Finora la tecnologia non ha avuto quasi nessun impatto economico) ha messo in luce la difficoltà, da parte delle aziende nel trarre un vero – e concreto – vantaggio economico dall’adozione della GenAI. Nonostante gli ingentissimi investimenti economici riversati nel mercato negli ultimi mesi, infatti, sono ancora molto poche le applicazioni concrete – e scalabili – che hanno visto la luce.

Ma cosa serve, quindi, davvero per scalare? Qual è il collegamento mancante? Qual è il potenziale che deve essere ancora sbloccato? Come possiamo evitare l’hype dell’ennesima tecnologia trasformativa e massimizzarne i ritorni?

A queste, e altre domande urgenti, prova a rispondere il report di Deloitte sullo stato dell’AI Generativa: Now decides next: Moving from potential to performance. Interrogativi fondamentali da indirizzare per evitare lo spreco delle incredibili risorse che nell’ultimo anno sono piovute su questo settore.

Striving to Scale Generative AI in the organization

Di seguito provo a riassumere alcune delle principali sfide e dei dati che emergono dall’analisi.

  • L’incremento di efficienza, di produttività e la riduzione dei costi sono ancora tra i maggiori benefici che le aziende ricercano. Sono citate dal 42% dei rispondenti come il più importante dei benefit ottenuti nei primi pilot di sperimentazione. Un dato interessante se pensiamo all’enorme potenziale ancora da esprimere in differenti aree che non siano solo quelle dell’efficienza operativa.
  • Nonostante questo, il 58% degli intervistati sta sperimentando benefici maggiormente importanti nel miglioramento dell’innovazione, del prodotto o del servizio, con una maggiore focalizzazione, anche, sulla capacità di servire al meglio il cliente.
  • Sempre più aziende stanno ampliando l’adozione della GenAI a funzioni critiche del business. Un segnale positivo – e confortante – sul quale però serve ancora molta strada per vedere applicazioni che siano in grado, effettivamente, di modificare le modalità di lavoro delle persone.
  • Oltre i 2/3 delle aziende sta anche incrementando l’ investimento in Artificial Intelligence per vedere maggiori risultati che – come premesso, al momento – scarseggiano. È un dato importante, perché – senza opportuna strategia e indirizzo dei casi d’uso corretti – si rischia di sperperare risorse e di non vedere nessun ritorno nei prossimi anni.
  • Molto meno pronte, si dicono le organizzazioni, ad affrontare i rischi e la governance dell’AI (23% a credersi in linea con la normativa o quantomeno pronta a gestirla), che – assieme all’European AI Act – stanno rallentando adozioni e benefici dell’AI aumentando l’incertezza e le preoccupazioni su come gestire i temi di regolazione.
  • Ancora poche, meno della metà, le aziende che hanno adottato le metriche corrette per la valutazione degli impatti dell’AI sull’organizzazione e la forza lavoro, con il 40% di loro che brancola nel buio, non riuscendo a comprendere di cosa abbia realmente bisogno per misurare l’efficacia.
  • La dimensione del talento e della gestione della forza lavoro, delle persone, all’interno dell’azienda, è considerata una delle più deboli in assoluto. È solo il 20% delle imprese – infatti – a sentirsi all’altezza della sfida. La centralità dell’agenda people e HR rimane uno dei temi cruciali per scalare il successo delle iniziative di GenAI all’interno del business di riferimento.
Dimensioni strategiche fondamentali per scalare l'AI in azienda

Più nel dettaglio possiamo analizzare alcune delle dimensioni anticipate.

Una delle maggiori preoccupazioni legate all’AI è quella che vede coinvolti i dati, sia nella certezza di output che siano privi di allucinazioni e siano trasformabili in insight validi e impiegabili in prese di decisione strategiche per l’azienda, sia nell’alimentazione degli LLM con dati non sensibili. È il 58% delle organizzazioni, infatti, a preoccuparsi di come vengono gestiti i dati che sono dati in pasto alla GenAI. Percentuale analoga quella che si interessa di come gestire eventuali problemi di privacy o gestire alcune breach che possono mettere in difficoltà la sicurezza e il capitale intellettuale dell’impresa.

La qualità del dato resta, quindi, una dimensione cruciale, che dobbiamo seriamente indirizzare per permettere all’IA di scalare correttamente e di contenere i rischi di impresa ad essa associati.

La gestione del dato e del'AI come due fattori inscindibili e connessi

Un altro elemento che abbiamo messo in evidenza è quello che riguarda la mitigazione dei rischi e la preparazione agli elementi di regolamentazione che stanno emergendo – tra gli altri – con l’EU AI Act. È il 36% – in crescita – delle organizzazioni a preoccuparsi degli elementi regolatori, mentre il 30% ammette di avere problemi nella gestione dei rischi e il 29% confessa di non avere nessun modello per la governance dei dati.

È il 78% dei leader organizzativi intervistati che ritiene che sia necessaria una maggiore gestione e un maggiore governo dell’AI facendo sinergia tra sistema paese, enti governativi e imprese.

La mancata gestione di rischi e di governance relativi all'AI in azienda

Una ulteriore dimensione “problematica” riguarda l’incapacità di misurare i ritorni dell’AI: è il 41% delle organizzazioni, infatti, a non riuscire a identificare il corretto framework di valutazione degli impatti dell’AI in azienda.
È solo il 16% delle imprese a produrre report finanziari e misurare ritorni effettivi di impatto, rispetto alla stragrande maggioranza che – al contrario – si focalizza su metriche più soft e di engagement o adozione.

Infine, risulta imperativo ragionare sulla dimensione persone e sulla capacità che le aziende hanno non solo di attrarre talenti per la gestione dell’AI, ancora pochi e inseriti in un mercato molto competitivo, ma – soprattutto – di formare le persone all’adozione e all’uso consapevole della tecnologia. È necessario occuparsi di literacy, formazione, modelli organizzativi e – infine – soprattutto di cultura. Solo con percorsi adeguati e supportivi nei confronti delle nostre persone, all’interno dei quali l’HR deve giocare un ruolo di partner strategico fondamentale possiamo sperare di ottenere risultati dall’adozione dall’impiego di una tecnologia così potente.

In un precedente articolo ho tracciato alcune linee guida rispetto all’introduzione dell’Intelligenza Artificiale all’interno dei contesti HR. All’interno di questo pezzo vorrei provare ad approfondire maggiormente il tema, in modo da delineare alcuni possibili use case per i professionisti del mondo HR. Gli use case presentati sono solo un’ipotesi circa alcune delle possibili applicazioni dell’AI in contesti HR. Va da sé che gli scenari possano essere molto più ampi.

«Le domande come “che cos’è la vita?” o “la vita è possibile?” non sono più questioni interessanti perché hanno avuto soluzione. La questione dell’intelligenza artificiale è la medesima, vi sono moltissime domande, questioni non risolte riguardo ad essa, ma non ha più senso porre invece la domanda se essa sia possibile»
(Daniel C. Dennett)

Partiamo da alcune evidenze: il fenomeno è assolutamente pervasivo le direzioni HR delle differenti aziende hanno visioni abbastanza allineate. Alcuni dati secondo Gartner:

  • il 76% dei responsabili HR concorda sul fatto che resterà indietro nel successo organizzativo se non adotterà e implementerà la GenAI entro 12-24 mesi.
  • Gli obiettivi più comuni per l’utilizzo della GenAI nelle HR sono il miglioramento dell’efficienza (77%), il miglioramento dell’esperienza dei dipendenti (52%) e il potenziamento del processo decisionale (43%).
  • I responsabili HR hanno preoccupazioni in merito alla privacy e alla sicurezza dei dati (77%), alla parzialità e alla discriminazione (53%) e ai problemi di conformità alle disposizioni di legge (41%).

È, quindi, un tema di forte rilevanza che richiede un interesse specifico da parte di tutti i professionisti HR. Vediamo alcuni casi d’uso applicativi che possono rappresentare un punto di svolta interessante per gli HR di tutto il mondo.


Gestione e acquisizioni dei talenti

Tra i principali benefici ritroviamo un maggiore coinvolgimento dei candidati e la possibilità di attirare e selezionare profili maggiormente in linea con l’esigenza aziendale, efficientando l’intero processo di selezione. Più nel dettaglio alcune possibili applicazioni sono:

  • Supporto nella definizione del sito web aziendale e del portale “career” per attrarre candidati.
  • Personalizzazione del testo delle campagne di recruiting.
  • Creazione e contestualizzazione degli annunci di lavoro.
  • Sintesi e trascrizione delle interviste svolte ai candidati.
  • Creazione e contestualizzazione delle lettere di offerta.
  • Creazione e personalizzazione di contenuti per il processo di onboarding.


HR Services

Un’altra dimensione che potrebbe fortemente beneficiare dal processo è quella di servizi a supporto della popolazione aziendale. Il vantaggio si traduce in maggiore produttività, migliore circolazione della conoscenza, incremento della soddisfazione e dell’engagement dei dipendenti. Più nel dettaglio:

  • Assistente virtuale HR. Per aiutare i dipendenti a risolvere i problemi HR in modo rapido e semplice
  • Riepilogo dei contenuti e delle delle richieste di servizio. A supporto anche degli agenti HR.
  • Riepilogo dei contenuti degli articoli della knowledge base (KB) per i dipendenti. Aiuta i dipendenti a trovare le informazioni di cui hanno bisogno in modo più rapido e facile.
  • Creazione di articoli della KB basati sui gap espressi dagli utenti e manifestati nelle Q&A più frequenti.
  • Aggiornamento delle risposte del personale di supporto HR.
  • Classificazione di email/documenti.


Learning

Anche la dimensione di apprendimento e di costruzione di contenuti per la formazione non è esente dall’impatto dell’HR e – anzi – può beneficiare notevolmente dalla capacità di generare contenuti innovativi e ingaggianti con costi molto bassi. Questo può portare benefici anche in termini di scalabilità, efficienza e uniformità del contenuto. Più nel dettaglio:

  • Adattamento dei contenuti di apprendimento esistenti e aggiornamento dei contenuti.
  • Sviluppo e creazione di nuovi contenuti.
  • Sintesi/riassunto del materiale per l’apprendimento.
  • Creazione di nuove immagini e animazioni.  
  • Generazione di domande per quiz/valutazioni.
  • Elaborazione dei risultati di valutazione e semplificazione – attraverso automazione – del processo di valutazione.


Talent & Skill

Altra dimensione che può essere arricchita dall’AI è quella che riguarda Talenti e Competenze. Nello specifico possiamo impiegare l’AI per migliorare l’employee experience delle nostre persone e per definire percorsi di carriera maggiormente in linea con le loro competenze e ambizioni. Attraverso l’accesso immediato e l’elaborazione di un numero sempre maggiore di dati siamo in grado di fornire risposte immediate e prevedere percorsi di carriera e di formazione davvero in linea con i desiderata e i bisogni dell’utente.

Più nel dettaglio:

  • Miglioramento del feedback sulle prestazioni, attraverso l’inclusione di maggiori dati e informazioni sulla performance della persona.
  • Suggerimento di obiettivi, risultati chiave e goal sulla base di strategia, prestazioni passate e altri documenti.
  • Riepilogo del feedback sulle prestazioni con la creazione di dashboard aumentate da una mole di dati molto maggiore rispetto al passato.
  • Allineamento delle competenze proposte per il lavoro specifico.
  • Raccomandazioni di carriera basate su una maggiore – e migliore – profilazione.
  • Lettura e analisi delle competenze specifiche.
  • Employee Voice: supporto nella definizione di survey e della creazione di dashboard per l’ascolto attivo del personale aziendale.
  • Workforce Planning: nella definizione e nel supporto a una migliore pianificazione in linea con le competenze espresse dal singolo.


E la dimensione umana?

Esiste un’altra dimensione da prendere in considerazione, e da non sottovalutare, il tema dell’AI, e della sua introduzione all’interno del mondo organizzativo, porta con sé – inevitabilmente – profonde rivoluzioni dei modelli di lavoro e della cultura organizzativa.

Come professionisti del mondo HR dobbiamo, quindi, essere parte attiva all’interno della rivoluzione, anche se i casi d’uso riguardano altri dipartimenti o funzioni dell’azienda.

Nello specifico, io credo, su almeno 5 dimensioni specifiche:

  1. Strategia di implementazione. L’AI ha profondi risvolti etici, sociali, culturali e organizzativi. Al tavolo di implementazione dell’AI all’interno dell’azienda, non possono mancare attori HR.
  2. Modello di governance. Per lo stesso motivo di cui sopra, è necessario che l’HR, come altre funzioni aziendali rilevanti siano coinvolte e partecipi del processo guidando e orchestrando il cambiamento in essere.
  3. Inclusion & Diversity. Come sappiamo l’AI può essere estremamente biased, ragionando su basi statistiche e predittive e reiterando modelli dominanti esistenti, non sempre funzionali. È necessario un controllo umano per garantire sia la correttezza dell’output, sia il suo allineamento con le policy di inclusione e diversity dell’azienda.
  4. Adoption & Change Management. Come per la trasformazione digitale, l’introduzione dell’AI all’interno del contesto di lavoro porta, inevitabilmente, a una modifica delle modalità di lavoro. È necessario che l’HR guidi il cambiamento supportando processo di cambiamento culturale e adozione.
  5. Learning. Come ogni tecnologia deve essere appresa, come appresi devono essere i nostri modi di relazionarci ad essa.

È una sfida che non possiamo sottovalutare, ma – ancora più importante – dobbiamo indirizzare come protagonisti del cambiamento.

Infine, molto importante risulta sottolineare la capacità di muoversi in uno scenario altamente mutevole che impone un range di sfide completamente nuove. Come afferma anche Kurzweil

«if a machine can prove indistinguishable from a human, we should award it the respect we would to a human – we should accept that it has a mind » (Kurzweil, 2012: p. 266). 

È bene comunque sottolineare che questo complesso lavoro deve essere fatto in modo attivo, partecipato e

«quest’area di competenza dev’essere costruita sperimentando ed elaborando artefatti e scenari che considerino dunque le peculiarità del contesto digitale. Solo operando in questo modo il formatore ha l’opportunità di andare oltre la semplice integrazione delle nuove possibilità nei quadri operativi del passato» (Cattaneo & Rivoltella, 2010: p. 33).

«The development of full artificial intelligence could spell the end of the human race. Once humans develop artificial intelligence, it will take off on its own and redesign itself at an ever-increasing rate. Humans, who are limited by slow biological evolution, couldn’t compete and would be superseded».

Senza condividere in toto la visione apocalittica di Stephen Hawking sul futuro dell’umanità e del suo rapporto con l’intelligenza artificiale, è comunque giunto il momento per noi professionisti del mondo HR e per tutti coloro che si occupano di trasformazione e di analizzare i grandi cambiamenti che hanno attraversato – e che tutt’ora attraversano – l’umanità, di chiederci come intendiamo impiegare questo potentissimo strumento.

La trasformazione di cui stiamo parlando è paragonabile, se non superiore, a quella della digitalizzazione che abbiamo vissuto negli scorsi anni.

Qualche numero per chi non fosse ancora convinto?

  • Il mercato globale dell’AI dovrebbe raggiungere 1,58 trilioni di dollari entro il 2028. (MarketsandMarkets, 2023)
  • Il numero di posti di lavoro legati all’AI negli Stati Uniti dovrebbe crescere del 31% tra il 2020 e il 2030. (US Bureau of Labor Statistics, 2021)
  • Il 61% degli intervistati a un recente rapporto di Deloitte Insights afferma che l’AI trasformerà sostanzialmente il proprio settore nei prossimi 3-5 anni.
  • L’adozione dell’AI è significativa su base per organizzazione, con il 53% degli intervistati che ha speso più di 20 milioni di dollari nell’ultimo anno in tecnologia e talenti AI.
  • L’83% delle aziende partecipanti al sondaggio di Deloitte sull’adozione dell’AI nel settore manifatturiero ritiene che l’AI sarà una tecnologia fondamentale per guidare la crescita e l’innovazione.
  • Il 92% degli intervistati al sondaggio di Deloitte sullo stato dell’AI nelle imprese 2022 si è fissato l’obiettivo di diventare leader di settore o di mercato nell’AI entro i prossimi tre anni.

Dai dati sopra riportati risulta, quindi evidente, l’importanza e la magnitudo del fenomeno. Una riflessione non è più rimandabile.

In un interessante articolo Josh Bersin (https://joshbersin.com/2023/09/the-role-of-generative-ai-in-hr-is-now-becoming-clear/) ha messo in evidenza alcune delle applicazioni dell’intelligenza artificiale generativa che si possono immaginare per l’HR.

Quali sono?

  • Talent Intelligence for Recruiting, Mobility, Development, Pay Equity. La gestione dei talenti è un tema sempre più complesso all’interno delle organizzazione, tematiche legate allo strategic worforce planning e alla capacità di definire le migliori persone per i compiti adatti è una sfida complessa e articolata che richiede uno sforzo congiunto di tecnologia, sistemi HR e processi di gestione delle risorse di maggior valore all’interno dell’organizzazione.
  • Employee Apps: Il secondo spazio in crescita è quello dei “chatbot intelligenti per i dipendenti”, che riuniscono documenti, materiali di supporto e sistemi transazionali in un’esperienza facile da usare.
  • Employee training, learning e content production: il settore della formazione dei dipendenti, che vale 350 miliardi di dollari, è uno di quelli che maggiormente potrebbe beneficiare dall’AI generativa. Negli ultimi mesi abbiamo visto strumenti che generano formazione da documenti, creano automaticamente quiz e trasformano i contenuti esistenti in un “assistente didattico”.
  • Employee Development and Growth Apps: Si tratta del vasto nuovo campo di strumenti e piattaforme che aiutano i dipendenti a progredire nelle loro carriere. Grazie alle piattaforme di Talent Intelligence, ora abbiamo “percorsi di carriera” generati dall’AI. Questi sistemi analizzano le tue competenze e la tua esperienza e ti mostrano (graficamente) tutte le opzioni che hai per crescere, tutte basate sull’esperienza di milioni di altre persone.
  • Performance Management and Operational Improvement: tema complesso, che apre dimensioni filosofiche profonde sintetizzate dalla domanda: preferireste essere valutati da un computer o da una persona? In questo sicuramente l’AI può fornire un contributo di arricchimento alle dimensioni valutative classiche e aggiungere la possibilità di elaborare un numero elevato di dati in un tempo molto breve.
  • Retention, Hybrid-Work, Wellbeing, Engagement Analysis: anche in questo caso è un tema di dati e della capacità – molto limitata come esseri umani – che abbiamo di leggere in maniera completa un contesto o una situazione. L’AI e i sistemi automatizzati possono aiutarci nell’elaborazione di una enorme mole di dati che ci aiutino a comprendere come davvero stanno le nostre persone.

A queste dimensioni identificate da Bersin, a mio avviso, se ne possono aggiungere di ulteriori, nello specifico:

  • People Analytics: nel supporto alla definizione di modelli integrati che forniscano viste di dettaglio ai nostri dipendenti e ai team leader e che aiutino a sfruttare – finalmente – il potere dei dati per la gestione delle complessità organizzative. Se in passato la sfida poteva essere l’accesso al dato, oggi, in un moltiplicarsi di istanze, si rende necessario sapere in che modo sfruttare adeguatamente i dati, per trasformarli in insight e azioni concrete.
  • Employee Experience: alzi la mano chi, negli ultimi anni – e nella sua vita professionale – ha avuto una employee experience (dal momento in cui è entrato in azienda al momento in cui è uscito) senza intoppi e senza problemi. Il contributo dell’AI può rendere maggiormente fluido l’intero processo e agire come un vero e proprio “buddy” nell’accompagnare le fasi più delicate dei diversi processi (e.g. nel momento dell’onboarding) e dell’intera esperienza.

Il paniere di casi d’uso potrebbe ampliarsi ancora se consideriamo le intersezioni del mondo Human Capital con quello della comunicazione interna, del marketing e dell’innovazione collaborativa.

È per questo che, come Deloitte abbiamo fatto di più: creando un repository che include oltre 60 use case legati al mondo dell’Artificial Intelligence per chiarire i termini in gioco e capire meglio in che modo possa essere applicata all’interno dei nostri processi di lavoro e per portare effettivo valore alle organizzazioni. Maggiori informazioni qui: https://www2.deloitte.com/us/en/pages/consulting/articles/gen-ai-use-cases.html

Esiste poi un ulteriore aspetto che chi si occupa di HR e di processi di trasformazione dovrebbe guardare che è quello legato all’etica e alle conseguenze dell’applicazione di questi scenari al mondo del lavoro.

È un tema che ci riguarda tutti da vicino, perché la tecnica, la tecnologia, non sono neutrali e gli impatti etici e filosofici sono tutt’altro che scontati.  

«dire che la tecnologia non è del tutto neutrale – che, cioè, essa ha delle proprie finalità intrinseche, o che viene a imporre dei propri particolari valori – significa soltanto riconoscere il fatto che, come parte della nostra cultura, essa influisce sulla nostra crescita e sul nostro comportamento. Gli esseri umani hanno sempre posseduto qualche forma di tecnologia, la quale a sua volta ha influenzato la natura e la direzione del loro sviluppo. Questo processo non può essere fermato, e questa relazione non avrà mai termine: possiamo soltanto comprenderla e, speriamo, indirizzarla verso scopi degni [dell’umanità]» (Kranzberg e Pursell, 1967, p. 11).

È, dunque, necessaria una profonda riflessione all’interno dei nostri processi di lavoro, di educazione e all’interno delle modalità con le quali stiamo immaginando la società del futuro per indirizzare in modo corretto questo cambiamento.

P.S.

Sì, questo articolo è stato scritto con il supporto dell’AI.

Di recente mi è capitato di seguire più da vicino il fenomeno dell’Intelligenza Artificiale. Un tema apparentemente nuovo che, in realtà, affonda le sue radici molto più indietro nel passato e si collega in modo molto forte alla filosofia della mente e alla storia del pensiero umano.

Ho studiato il fenomeno dal punto di vista più “umanistico” (posto che questo termine abbia ancora un senso al giorno d’oggi) occupandomi di cercare quei collegamenti tra la psicologia cognitiva, le neuroscienze, la filosofia e le interfacce di intelligenza artificiale che sono presenti sul mercato.
Tralasciando per un attimo questo aspetto – oggetto della mia tesi di laurea in Intelligenza Artificiale e, appunto,processi cognitivi – mi preme, in questa sede, analizzare il fenomeno da un punto di vista di applicazioni e ricadute sul mercato e – in senso esteso – sulla società nella quale viviamo.

Un recente discussion paper di McKinsey analizza il fenomeno proprio da questo punto di vista sottolineando prospettive interessanti che meritano di essere approfondite (per chi fosse interessato il report completo è disponibile a questo indirizzo: https://www.mckinsey.com/featured-insights/artificial-intelligence/notes-from-the-ai-frontier-applications-and-value-of-deep-learning).

Prima di tutto è opportuno definire i confini dell’Intelligenza Artificiale e mappare quelli che sono gli ambiti di applicazione entro i quali è possibile spendere questa tecnologia. Come si legge nell’articolo di McKinsey:

As artificial intelligence technologies advance, so does the definition of which techniques constitute AI. For the purposes of this briefing, we use AI as shorthand for deep learning techniques that use artificial neural networks. We also examined other machine learning techniques and traditional analytics techniques

A livello complessivo possiamo dire che se fino a qualche anno fa l’Intelligenza Artificiale si concretizzava in una “semplice” imitazione della mente umana e delle sue caratteristiche matematico-logiche e linguistiche specifiche, oggi è un costrutto che riguarda molto di più la capacità di apprendere dei sistemi. In sostanza abbiamo compreso che l‘apprendimento è forse la caratteristica più importante che ci rende umani e stiamo progettando i sistemi uomo-macchina e macchina-macchina di conseguenza.

Nello schema sotto si ritrovano moltissimi ambiti di applicazione dell’AI che riguardano proprio questo processo evolutivo.

AI Sectors for McKinsey

La prima evidenza che emerge dal report di McKinsey è che l’Intelligenza Artificiale e il machine learning in senso esteso possono essere applicati ad una infinità di ambiti lavorativi e a moltissime industry che regolano il nostro mercato. I risultati sono differenti a seconda dell’ambito applicativo, ma i vantaggi sono comuni alle differenti realtà.
Tra i principali che si possono ottenere:

  • Manutenzione predittiva, sfruttando il machine learning e i sistemi di intelligenza artificiale per comprendere e anticipare possibili anomalie nei sistemi.
  • Miglioramento della logistica anticipando flussi di traffico e prevedendo possibili soluzioni alternative in caso di problemi. Nell’ambito trasporti e logistica si ha – infatti – uno delle aree principali dell’AI con l’evoluzione dei sistemi classici in chiave intelligente, in modo da essere in grado di gestire in modo dinamico anche situazioni imprevedibili.
  • Personalizzazione del customer service e della capacità di servire al meglio il cliente. Una delle sfide principali imposte dalla digitalizzazione è quella che riguarda il mutato ruolo del social customer di cui abbiamo più volte dibattuto in questa e in altre sedi. La capacità aggiuntiva fornita dall’AI è quella di essere più efficienti ed efficaci nella capacità di rispondere – in tempo quasi reale o reale – alle molteplici sollecitazioni ed esigenze del cliente.

Inoltre, come si legge nel report:

In 69 percent of the use cases we studied, deep neural networks can be used to improve performance beyond that provided by other analytic techniques. Cases in which only neural networks can be used, which we refer to here as “greenfield” cases, constituted just 16 percent of the total

L’intelligenza artificiale è in grado di fornire un enorme supporto all’interno della definizione e della comprensione dell’analisi di dati. L’incremento rispetto alle classiche tecniche di gestione dell’informazione è notevole e merita una seria riflessione da parte delle aziende che ancora non hanno intrapreso questo percorso di evoluzione. Quantomeno è necessario – specie per le realtà più grosse – che ci sia un tavolo di riflessione su questi temi all’interno dell’impresa.

Analytics

Sono proprio i dati a giocare un ruolo fondamentale nei processi di digitalizzazione del futuro. Il modello deve essere il più articolato possibile in modo da permetterci di migliorare la nostra capacità di gestire, comprendere e maneggiare dati.

Il potenziale di mercato è davvero enorme. Come si legge nel report:

We estimate that the AI techniques we cite in this briefing together have the potential to create between $3.5 trillion and $5.8 trillion in value annually across nine business functions in 19 industries. This constitutes about 40 percent of the overall $9.5 trillion to $15.4 trillion annual impact that could potentially be enabled by all analytical techniques

Si tratta di cifre molto elevate che meritano di essere prese in seria considerazione specie per quelle industry nominate sopra dove questo potenziale è ancora più amplificato.

Non è tutto oro quello che luccica però. Sono presenti anche alcune barriere e alcune difficoltà che impediscono l’introduzione di queste tecnologie o ne limitano la massimizzazione dei risultati.

  • La difficoltà nel gestire l’etichettatura dei dati che spesso deve essere fatta manualmente
  • La difficoltà nell’ottenere set di dati che siano sufficientemente ampi e onnicomprensivi da poter essere utilizzati per il training degli algoritmi
  • La difficoltà nello spiegare i processi umani che stanno dietro alle decisioni importanti e alle scelte chiave. Come sappiamo dalla psicologia della decisione, siamo esseri che prendono decisioni non sempre su basi razionali e concrete.
  • La generalizzazione dell’apprendimento. L’essere umano è in grado di estendere quello che ha imparato in una situazione a determinate altre situazioni della sua vita. Si tratta di un processo fondamentale che i sistemi di intelligenza artificiale ancora faticano a fare
  • Un ulteriore rischio è rappresentato dai bias che si concretizzano quando si sceglie un campione non rappresentativo per il training e per la configurazione dell’algoritmo.

Infine abbiamo anche un tema di regolazione di un mercato e di una tecnologia completamente nuove, anche se – come si legge:

Therefore, some policy innovations will likely be needed to cope with these rapidly evolving technologies. But given the scale of the beneficial impact on business the economy and society, the goal should not be to constrain the adoption and application of AI, but rather to encourage its beneficial and safe use.