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«La tecnologia ci pone di fronte a problemi fondamentali che non possono essere superati basandoci su quanto abbiamo fatto nel passato. Abbiamo bisogno di un approccio più tranquillo, più affidabile, più a misura d’uomo
Donald Norman

Negli ultimi anni si è verificato un passaggio che fatichiamo ancora a tematizzare fino in fondo. Per la prima volta nella storia del web, la quantità di contenuti generati da sistemi di intelligenza artificiale ha superato quella prodotta da esseri umani. Non si tratta di una previsione o di una provocazione teorica, ma di un dato empirico rilevato su larga scala attraverso l’analisi degli archivi di Common Crawl.

Questo cambiamento viene spesso letto come un tema di efficienza, di costi o di produttività. In realtà, riguarda qualcosa di più profondo. Il linguaggio è sempre stato una tecnologia cognitiva e sociale. Attraverso il linguaggio costruiamo senso, riconosciamo l’altro, definiamo ciò che consideriamo affidabile, legittimo, vero. Quando la fonte dominante del linguaggio diventa artificiale, l’impatto non riguarda solo ciò che leggiamo, ma il modo in cui pensiamo e, di conseguenza, il modo in cui ci relazioniamo.


Un ecosistema informativo saturo

L’aumento dei contenuti generati da AI ha prodotto un ecosistema informativo densissimo, caratterizzato da testi formalmente corretti, scorrevoli, spesso persuasivi, ma sempre più simili tra loro. È ciò che molti hanno iniziato a definire AI slop: una produzione continua di contenuti plausibili, ridondanti, privi di ancoraggio esperienziale.

Il problema non risiede nel singolo testo, bensì nella configurazione complessiva dell’ambiente cognitivo in cui siamo immersi. Un ecosistema saturo di contenuti sintetici modifica la nostra dieta cognitiva, riduce l’attrito interpretativo e abbassa progressivamente la soglia di attenzione critica. In questo contesto, la distinzione tra vero, verosimile e semplicemente ben scritto diventa sempre più fragile.

È qui che prende forma quella che molti studiosi definiscono una crisi epistemica. Non è soltanto la verità a essere contestata; è il criterio stesso attraverso cui attribuiamo valore al sapere. L’intelligenza artificiale non opera secondo categorie epistemiche, ma secondo criteri di probabilità linguistica. Produce testi coerenti e rassicuranti anche quando il legame con la realtà è debole o assente. In un ambiente già attraversato da disintermediazione e polarizzazione, questo contribuisce a erodere la fiducia, che resta il fondamento di ogni relazione sociale.

Linguaggio, stile e appiattimento espressivo

Uno degli effetti meno visibili, ma più rilevanti, di questa trasformazione riguarda lo stile. Studi recenti sui Large Language Models mostrano una tendenza sistematica alla ripetizione di specifiche strutture retoriche, con una drastica riduzione della varietà espressiva. Il caso dell’epanortosi enfatica, è emblematico: una figura retorica nata per intensificare il discorso diventa una soluzione di default, ripetuta meccanicamente.

Il risultato è un linguaggio che appare chiaro e incisivo, ma che nel tempo perde profondità. La complessità viene sostituita da formule riconoscibili, transizioni standardizzate, opposizioni semplificate. Questo stile non resta confinato ai testi generati dall’AI. Viene interiorizzato dagli utenti, replicato nei post, nelle presentazioni, nelle comunicazioni professionali. I modelli apprendono dal web e, a loro volta, contribuiscono a uniformarlo.

Quando il linguaggio si omologa, anche il pensiero tende a farlo. E quando il pensiero perde articolazione, la relazione con l’altro si impoverisce. La riduzione delle sfumature linguistiche si traduce in una riduzione della capacità di comprendere punti di vista differenti, ambiguità, contraddizioni.

Empatia, soft skill e narrazioni difensive

Di fronte a questi cambiamenti, una parte del dibattito continua a rifugiarsi in narrazioni difensive. Le soft skill vengono presentate come l’ultimo baluardo dell’umano. Il concetto di human in the loop viene evocato come garanzia di controllo e superiorità antropologica.

Queste categorie rischiano di non essere più adeguate. I sistemi di intelligenza artificiale contemporanei dimostrano capacità conversazionali e relazionali sempre più sofisticate. In ambiti come la medicina, il supporto psicologico o il customer care, alcuni modelli vengono percepiti come empatici, attenti, disponibili, spesso più di molti interlocutori umani sottoposti a pressioni organizzative e cognitive crescenti.

Questo non implica che l’AI possieda empatia in senso fenomenologico. Significa che l’empatia, nella sua dimensione comportamentale e comunicativa, può essere simulata con grande efficacia. Continuare a definire l’umano solo attraverso ciò che la macchina non fa più rischia di diventare una strategia concettualmente fragile.


Modelli degradati e cultura dominante

Un ulteriore elemento di complessità riguarda la qualità cognitiva dei modelli stessi. Ricerche recenti mostrano che sistemi addestrati su grandi volumi di dati social, caratterizzati da rumore, polarizzazione e bassa qualità informativa, manifestano un calo delle capacità di ragionamento. Emergono fenomeni come il thought-skipping, l’indebolimento delle catene logiche e anomalie nei test psicometrici.

Questi segnali non sono incidenti isolati. Riflettono la qualità del contesto culturale da cui i modelli apprendono. L’intelligenza artificiale incorpora e amplifica una visione del mondo specifica, largamente allineata a valori e stili cognitivi occidentali, istruiti, industrializzati. Il cosiddetto bias WEIRD non è un dettaglio tecnico, ma una questione epistemologica e politica.

Parlare di AI inclusiva senza interrogarsi su queste premesse rischia di produrre una narrazione rassicurante ma poco fondata. L’AI è un dispositivo culturale che riflette e rinforza modelli dominanti, anche quando si presenta come neutrale.

Innovazione culturale e meta-competenze

Se l’intelligenza artificiale agisce come amplificatore della cultura in cui nasce, allora la questione centrale diventa culturale prima che tecnologica. La risposta non può limitarsi a nuove competenze operative. Serve un investimento sulle meta-competenze.

  • Riflessività, nel senso proposto da Schön, per comprendere come gli strumenti trasformano chi li utilizza.
  • Resistenza cognitiva, per evitare che la velocità e la fluidità sostituiscano il pensiero articolato.
  • Consapevolezza linguistica, per preservare la varietà espressiva e la capacità di abitare la complessità.

L’AI va orientata come dispositivo culturale, capace di espandere possibilità di senso anziché ridurle. La questione decisiva riguarda la forma dell’esperienza che stiamo costruendo. In un ecosistema cognitivo ibrido, la posta in gioco non è l’imitazione dell’umano da parte della macchina, ma la capacità degli esseri umani di non adattarsi passivamente a linguaggi sempre più semplificati.

Su questo terreno si gioca il futuro delle relazioni, del sapere e della responsabilità culturale nell’era dell’intelligenza artificiale.

L’Intelligenza Artificiale Agentica non rappresenta semplicemente il prossimo passo nell’automazione: costituisce una trasformazione profonda nel modo in cui le organizzazioni operano. Secondo il blueprint Agentic Enterprise 2028 di Deloitte, ci stiamo muovendo verso un modello in cui gli agenti intelligenti non si limitano a supportare il lavoro umano, ma agiscono in autonomia per percepire il contesto, prendere decisioni ed eseguire attività lungo i flussi di lavoro.

Questa evoluzione non è speculativa né lontana nel tempo: il suo orizzonte di trasformazione è stimato in tre a cinque anni. Le organizzazioni che iniziano a prepararsi oggi non solo ridurranno gli attriti operativi, ma potranno liberare nuove forme di contributo umano e creare valore strategico inedito.

In questo contesto, autonomia non significa sostituire le persone, ma ridefinire il significato stesso del lavoro umano.

Perché ora: le forze che spingono verso l’autonomia

Il report individua tre driver principali che rendono urgente l’adozione dell’autonomia:

  1. Competizione accelerata – le aziende devono rispondere più rapidamente e operare con maggiore efficienza.
  2. Evoluzione normativa – crescono le richieste di accountability, trasparenza e gestione del rischio.
  3. Maturità tecnologica – i sistemi di IA possono oggi pianificare, adattarsi e coordinare, non solo classificare o predire.

In breve, l’autonomia non è più solo uno strumento per incrementare la produttività: è un mezzo per costruire resilienza in ambienti incerti.

La Scala dell’Autonomia

Per comprendere questa evoluzione, il report introduce la metafora della “scala dell’autonomia”. Si parte da sistemi che assistono e consigliano, fino ad arrivare ad agenti capaci di coordinare processi complessi e, infine, di migliorare sé stessi.

Ciò che cambia in modo particolarmente significativo è il ruolo umano a ogni stadio: con l’aumentare dell’autonomia, le persone si spostano gradualmente dall’eseguire compiti, a supervisionare come i compiti vengono svolti, fino a definire obiettivi e intenti strategici.

Il valore umano non scompare: si sposta verso il giudizio, l’interpretazione, i confini etici e la capacità di comprendere ciò che conta nel contesto.

Progettare un Modello Operativo Agentico

Uno dei messaggi più chiari del report è che l’autonomia non può essere un’aggiunta estemporanea: richiede una riprogettazione coordinata a più livelli dell’organizzazione. Sei elementi risultano essenziali:

  1. Strategia chiara – non ogni flusso di lavoro necessita di un agente; il lavoro deve trarre reale beneficio.
  2. Governance affidabile – le regole devono essere esplicite, verificabili e adattive.
  3. Fondazione dati solida – agenti intelligenti agiscono solo quanto i dati che ricevono sono ricchi, aggiornati e integrati.
  4. Architettura tecnologica interoperabile – sistemi che comunicano tra loro, non strumenti isolati.
  5. Sviluppo della workforce – le persone devono essere preparate a nuovi ruoli, non semplicemente “riallocate”.
  6. Modello di cambiamento dinamico – l’organizzazione deve imparare mentre si trasforma.

Non si tratta di un aggiornamento tecnico: è una vera e propria riconfigurazione organizzativa.

Misurare il Progresso: Return-on-Autonomy

Per assicurare che l’autonomia generi valore, il report propone il concetto di RoA – Return-on-Autonomy.
Non si tratta solo di efficienza, ma di considerare:

  • Velocità di decisione
  • Riduzione dei tempi di ciclo
  • Diminuzione degli errori e dei rifacimenti
  • Qualità dei risultati
  • Soddisfazione e fiducia degli utenti degli agenti

Il valore non risiede solo nelle azioni degli agenti, ma nel modo in cui l’impresa evolve di conseguenza.

Un Percorso Graduale, Non un Balzo

Il viaggio verso l’impresa agentica è progressivo:

  1. Iniziare con piccoli scenari pilota, dove valore e vincoli sono chiari.
  2. Espandere l’autonomia a sequenze di azioni, non solo a singoli compiti.
  3. Progettare processi e sistemi fin dall’inizio per lavorare con e attraverso gli agenti.

Ogni passo costruisce le basi per il successivo: l’autonomia ha effetto cumulativo.

Verso il Lavoro Umano-Agentico

La transizione verso l’impresa agentica non significa semplicemente aggiungere intelligenza ai flussi esistenti. Come sottolinea il report Work, Reworked, “agentic AI isn’t just a powerful new tool — it requires us to reimagine how work gets done.”

Questo è il punto di svolta: le organizzazioni devono decidere se l’autonomia diventa un livello aggiuntivo sui processi legacy o il catalizzatore di una riprogettazione profonda del valore.

Senza un redesign, l’autonomia scala solo inefficienza. Per realizzarne il pieno potenziale, le organizzazioni devono spostarsi:

  • dal cambiamento guidato dalla tecnologia alla trasformazione centrata sull’uomo
  • da ruoli basati sui compiti a design del lavoro basato sui risultati
  • dalla crescita dipendente dal personale alla performance scalabile attraverso l’orchestrazione
  • dall’inerzia culturale alla prontezza organizzativa come capacità strategica

L’autonomia non è una destinazione: è il modello operativo che permette a esseri umani e agenti AI di operare come un sistema unico.

Le organizzazioni che guideranno questa transizione saranno quelle che riprogetteranno il lavoro dall’inizio, creando ambienti dove gli agenti digitali gestiscono complessità e scala, mentre le persone recuperano tempo, attenzione e spazio cognitivo per ciò che richiede vero giudizio, creatività e finalità.

Il futuro delle performance aziendali non è uomo contro macchina, né uomo al servizio della macchina. È lavoro guidato dall’umano, abilitato dagli agenti, ancorato ai risultati.

Chi agisce ora, con decisione e intenzione, non solo opererà più efficacemente: plasmerà un sistema di lavoro più adattivo, resiliente e significativo, dove l’autonomia diventa la base di una nuova forma di potenziale umano.

“Le domande come ‘che cos’è l’intelligenza artificiale?’ o ‘è possibile?’ non hanno più senso. Ciò che conta ora sono le questioni aperte sulla sua natura e il suo impatto.”
Daniel C. Dennett

Una nuova svolta antropologica

L’Intelligenza Artificiale (AI) non rappresenta semplicemente un’evoluzione tecnologica: è la più profonda provocazione antropologica che l’umanità abbia mai affrontato. Come sottolinea Dennett, non ha più senso chiedersi se l’AI sia possibile; la vera domanda è come essa stia cambiando la nostra condizione umana.
L’AI sta già ridefinendo non solo i meccanismi del lavoro, ma anche i dispositivi interpretativi attraverso i quali costruiamo senso, comunichiamo significati, comprendiamo il mondo. Una trasformazione che richiama la profonda connessione fra tecnologia e cognizione umana studiata da Doreen Kimura, che ha mostrato la relazione fra le aree cerebrali deputate ai movimenti fini e quelle del linguaggio, evidenziando come l’evoluzione della manipolazione tecnica sia legata a quella della capacità di articolare concetti complessi.

Non è un caso, allora, che i Large Language Models (LLM) rappresentino ben più di un salto tecnico: essi riscrivono il modo in cui generiamo, manipoliamo e condividiamo significato. Il linguaggio da dispositivo interpretativo si fa sintetico, generativo, artificiale—sfidando i confini tra naturale e artificiale.
Lo stesso accade con le immagini: la fotografia, un tempo specchio del reale, ora genera mondi mai esistiti. La catena referenziale della verità si spezza, aprendo a nuove ambiguità, creatività—e rischi.
L’AI ci obbliga dunque a ripensare le frontiere fra naturale e artificiale, conoscenza e calcolo, delega e responsabilità. Come afferma Manuel Castells, non c’è rivoluzione tecnologica senza rivoluzione culturale.

Come restare rilevanti in questo scenario? Come rafforzare le competenze umane distintive quando le macchine ci superano nei compiti che consideravamo unici? La sfida che si pone a HR, formatori, leader non è tecnica, ma culturale.

Serve uno sguardo integrato, che intrecci dimensioni storiche, filosofiche, sociologiche, cognitive, per orientare la trasformazione del lavoro e delle organizzazioni.


Il continuum evolutivo della tecnica

L’AI non è una rottura improvvisa nella storia umana. Come osservava Ernst Mach nel 1905, l’uomo è spinto da una naturale inclinazione a riprodurre ciò che comprende—una tendenza che attraversa ogni epoca.

Dal mito di Prometeo ai calcolatori di Pascal, dagli automi greci ai sistemi AI odierni: è questo impulso a imitare e riprodurre il reale a generare evoluzione tecnologica. L’AI ne è l’espressione più radicale.
Per Arnold Gehlen, l’uomo è un essere biologicamente incompleto, che esternalizza funzioni vitali in strumenti e ambienti. La tecnologia non è un accessorio: è estensione funzionale dell’umano. L’AI è oggi la più avanzata protesi epistemologica, che ridefinisce percezione, decisione, apprendimento.

Il Test di Turing (1950) ha spostato la questione dal meccanico all’identitario: se una macchina si comporta come un uomo, dov’è il confine della coscienza? Penrose, Churchland, Barr & Feigenbaum, Edelman hanno spinto più a fondo il dibattito, intrecciando filosofia, neuroscienze, cibernetica.
Le macchine Darwin III e Nomad di Edelman hanno mostrato come l’apprendimento possa emergere dall’adattamento, non dalla programmazione. Allo stesso modo, gli agenti intelligenti descritti da Giuseppe Riva rivelano l’AI come nuovo attore cognitivo nello spazio umano.

L’AI riflette così le nostre aspirazioni, contraddizioni, paure. È prisma della tensione evolutiva fra conoscenza e calcolo, intuizione e automatismo, creatività e replica.

Riflessività e resistenza: vantaggi cognitivi umani

Per questo il ruolo umano nella governance dell’AI deve cambiare. Come scrive Donald Schön, i professionisti efficaci agiscono in “zone indeterminate” — spazi di incertezza e conflitto. Qui conta la reflection-in-action: la capacità di percepire, interrogare, modificare in corso d’opera.

Per le organizzazioni ciò significa trattare l’adozione dell’AI come processo adattivo continuo, non come progetto tecnico finito. Serve chiedersi: quali effetti imprevisti produce? Come cambiano dinamiche di team, potere, competenze?
La reflection-on-action amplia questo lavoro: rileggere pratiche, assunzioni, risultati; promuovere cultura del feedback, policy trasparenti, apprendimento permanente.

Essenziale anche il concetto di Olivier Houdé di “imparare a resistere“. Nell’era degli LLM, resistere alla risposta immediata e intuitiva diventa competenza cruciale. L’output dell’AI può sembrare autorevole—ma richiede verifica, controllo delle fonti, giudizio critico.

Questa resistenza cognitiva tutela l’unicità umana: creatività, empatia, etica, analisi critica. Senza di essa rischiamo di ridurci a validatori passivi di decisioni algoritmiche.


Dall’Human-in-the-Loop all’Human-on-the-Loop

Serve allora un salto di paradigma: da “human-in-the-loop” a “human-on-the-loop”.
L’”in-the-loop” confina l’umano a supervisore di emergenza, ruolo reattivo e marginale. L’”on-the-loop” vede l’umano come progettista, stratega, governatore del sistema:

  • Definizione di scopo e limiti;
  • Progettazione di architetture etiche e trasparenti;
  • Interpretazione dei risultati nel contesto socio-culturale;
  • Controllo ultimo e potere di disattivazione.

HR ha qui ruolo cruciale: l’AI impatta reclutamento, formazione, collaborazione, valutazione, cultura. Il compito è garantire che essa amplifichi—non impoverisca—potenziale, diversità, autonomia umana.


Implicazioni organizzative: strategia, competenze, etica

  1. Strategia: integrazione AI richiede adattamento culturale e strutturale, non solo tecnico.
  2. Competenze: l’OCSE avverte sul divario di skill. Urgente riqualificazione diffusa.
  3. Governance: come indicano Deloitte e McKinsey, le aziende sono impreparate alla gestione dei rischi AI. Servono policy robuste.
  4. Cultura: l’AI ridefinisce l’identità organizzativa. HR deve gestire paure, resistenze, promuovere adozione consapevole.
  5. Etica: come nota Kurzweil, se le macchine imitano l’uomo, la posta etica si alza. L’agenzia umana responsabile resta insostituibile.

Verso un nuovo umanesimo digitale

L’AI ci impone di rinnovare competenze umanistiche: metacognizione, etica, riflessività, resistenza. Non sono lussi—sono competenze di sopravvivenza.

Come scriveva Antoine de Saint-Exupéry:

“La tecnologia non allontana l’uomo dai grandi problemi della natura: lo costringe a studiarli più a fondo.”

Dobbiamo accogliere questa sfida.


Letture consigliate e riferimenti bibliografici

  • Accoto, C. (2017). Il mondo dato: Cinque brevi lezioni di filosofia digitale. Egea.
  • Accoto, C. (2023). Il pianeta latente: L’intelligenza delle piattaforme come nuovo ordine del mondo. Egea.
  • Besana, S. (2021). The Future of Work: AI, People, and Organizational Change. Hoepli.
  • Castells, M. (1996). The rise of the network society. Blackwell.
  • Churchland, P. M. (1984). Matter and consciousness: A contemporary introduction to the philosophy of mind. MIT Press.
  • Deloitte. (2024–2025). Human Capital Trends 2024–2025. Deloitte Insights.
  • Dennett, D. C. (1996). Kinds of minds: Toward an understanding of consciousness. Basic Books.
  • Edelman, G. M. (1987). Neural Darwinism: The theory of neuronal group selection. Basic Books.
  • Feigenbaum, E. A., & Barr, A. (1981). The handbook of artificial intelligence (Vol. 1). Heuristech Press.
  • Gehlen, A. (1980). Man in the age of technology. Columbia University Press.
  • Houdé, O. (2019). The psychology of intelligence. Routledge.
  • Kurzweil, R. (1999). The age of spiritual machines: When computers exceed human intelligence. Penguin Books.
  • Mach, E. (1905). The analysis of sensations (C. M. Williams, Trans.). Dover Publications.
  • McKinsey & Company. (2023). The state of AI in 2023: Generative AI’s breakout year. McKinsey Global Survey.
  • OECD. (2023). Skills Outlook 2023: Skills for a resilient green and digital transition. OECD Publishing.
  • Penrose, R. (1989). The emperor’s new mind: Concerning computers, minds, and the laws of physics. Oxford University Press.
  • Riva, G. (2004). The psychology of cyberspace: The impact of the Internet on self and society. Ios Press.
  • Saint-Exupéry, A. de. (2000). Wind, sand and stars (L. Galantière, Trans.). Mariner Books. (Original work published 1939)
  • Schön, D. A. (1983). The reflective practitioner: How professionals think in action. Basic Books.
  • Turing, A. M. (1950). Computing machinery and intelligence. Mind, 59(236), 433–460.

L’Intelligenza Artificiale (IA) sta trasformando rapidamente le industrie, le società e le economie. Con il progresso delle tecnologie IA, aumentano anche i rischi e le implicazioni legate al loro utilizzo. Il Rapporto Internazionale sulla Sicurezza dell’IA 2025 fornisce un’analisi approfondita delle capacità, dei rischi e delle strategie di mitigazione relative all’IA generalista. Questo post sintetizza i principali risultati del rapporto, trattando:

  • Le capacità in rapida evoluzione dell’IA
  • I rischi associati a usi malevoli, malfunzionamenti e sfide sistemiche
  • Lo stato attuale della gestione dei rischi e delle strategie di mitigazione
  • Le implicazioni più ampie per i decisori politici e le imprese

Il rapporto è frutto del contributo di 96 esperti internazionali di IA provenienti dal mondo accademico, governativo e industriale, e riflette la più recente comprensione dei rischi legati all’IA e dei meccanismi di sicurezza. È stato sviluppato nell’ambito di un’iniziativa globale per creare un approccio condiviso alla governeance e alla sicurezza dell’IA.


Capacità dell’IA Generalista

Le capacità dell’IA si sono evolute a un ritmo straordinario, superando le aspettative precedenti. Cinque anni fa, i modelli di IA faticavano a generare paragrafi coerenti. Oggi sono in grado di:

  • Scrivere e correggere codice con precisione crescente, assistendo gli sviluppatori nell’automazione di compiti complessi e nell’individuazione di vulnerabilità prima del rilascio.
  • Sostenere conversazioni avanzate in più lingue, con una maggiore consapevolezza del contesto, intelligenza emotiva e coerenza delle risposte, rendendoli strumenti preziosi per il servizio clienti, la terapia e la creazione di contenuti.
  • Generare immagini, video e audio realistici, indistinguibili dai contenuti creati dall’uomo, aprendo nuove opportunità creative ma anche sollevando questioni etiche, specialmente nella lotta alla disinformazione e alle frodi.
  • Eseguire ragionamenti scientifici e risolvere problemi matematici a livelli esperti, supportando la ricerca in fisica, chimica e medicina, accelerando la scoperta di nuovi farmaci e aiutando nella modellazione climatica.

Over 90% of online content could be AI-generated by 2030, raising concerns about authenticity, trust in media, and election security.


Rischi Associati all’IA Generalista

Con l’aumento delle capacità dell’IA, crescono anche le preoccupazioni sul suo potenziale utilizzo improprio e sulle conseguenze indesiderate. Il rapporto classifica i rischi dell’IA in tre categorie principali:

Rischi di Uso Malevolo
L’IA può essere sfruttata da attori malintenzionati per causare danni su larga scala. Tra le minacce più preoccupanti troviamo:

  • Contenuti falsi e deepfake: I media generati dall’IA possono essere usati per diffondere disinformazione, frodi o ricatti. Alcuni studi stimano che oltre il 90% dei contenuti online potrebbe essere generato dall’IA entro il 2030, sollevando preoccupazioni su autenticità, fiducia nei media e sicurezza elettorale.
  • Manipolazione dell’opinione pubblica: Le campagne di propaganda guidate dall’IA possono influenzare elezioni, decisioni politiche e movimenti sociali. Eventi passati hanno dimostrato come reti di bot e contenuti generati dall’IA siano stati usati per distorcere il discorso politico, aumentando la polarizzazione e minando la democrazia.
  • Attacchi informatici: L’IA viene sempre più sfruttata nella cybersicurezza, sia per misure difensive che per forme avanzate di hacking. Strumenti di rilevamento automatico delle vulnerabilità e sfruttamento delle falle, alimentati dall’IA, potrebbero rappresentare gravi minacce alle infrastrutture digitali.
  • Minacce biologiche e chimiche: Alcuni modelli di IA hanno dimostrato la capacità di assistere nella progettazione di agenti biologici dannosi, sollevando preoccupazioni sulla possibilità di un uso improprio da parte di attori non statali o organizzazioni criminali.

AI-driven automation is expected to replace millions of jobs, requiring large-scale workforce reskilling initiatives to mitigate economic displacement.

Rischi di Malfunzionamento
Anche quando non viene utilizzata in modo malevolo, l’IA può causare danni involontari a causa di difetti di progettazione, dati di addestramento incompleti o comportamenti imprevedibili. I rischi includono:

  • Problemi di affidabilità: I sistemi di IA a volte generano informazioni false o fuorvianti, soprattutto in settori critici come medicina, diritto e finanza.
  • Bias e discriminazione: Gli algoritmi possono amplificare e perpetuare pregiudizi presenti nei dati di addestramento, causando discriminazioni in ambiti come assunzioni, prestiti e applicazione della legge.
  • Perdita di controllo: Gli esperti avvertono che i futuri sistemi di IA potrebbero diventare sempre più difficili da prevedere e gestire, sollevando interrogativi sulla necessità di garantire un allineamento sicuro tra IA e obiettivi umani.

Rischi Sistemici
Oltre ai problemi legati ai singoli modelli, l’adozione diffusa dell’IA porta a rischi più ampi per l’economia e la società:

  • Disoccupazione tecnologica: L’automazione guidata dall’IA potrebbe eliminare milioni di posti di lavoro, rendendo necessarie iniziative su larga scala per la riqualificazione della forza lavoro.
  • Concentrazione del potere dell’IA: Poche aziende dominano lo sviluppo dell’IA, creando squilibri nell’accesso alle tecnologie avanzate e nella capacità di regolamentare il settore.
  • Impatto ambientale: L’addestramento di un singolo modello di IA di grandi dimensioni può produrre tanta CO₂ quanto cinque automobili nel corso della loro vita utile.

Training a single large AI model produces as much CO₂ as five cars over their lifetime, necessitating greener computing solutions and regulatory interventions.


Gestione del Rischio e Strategie di Mitigazione

Le strategie di gestione del rischio devono concentrarsi sulla trasparenza, sulla conformità normativa e sull’etica dell’IA. Governi e imprese devono sviluppare quadri normativi completi che garantiscano un uso responsabile dell’IA, imponendo test rigorosi prima del rilascio dei modelli.

Gli investimenti nella ricerca sulla sicurezza dell’IA devono aumentare, con un focus su interpretabilità, riduzione dei bias e robustezza contro attacchi esterni. Le collaborazioni pubblico-private possono contribuire a creare organismi di vigilanza indipendenti per garantire la responsabilità nello sviluppo dell’IA.


Il Futuro dell’IA e le Considerazioni Politiche

La governance dell’IA, lo sviluppo etico e gli standard normativi saranno cruciali per definire il modo in cui l’IA verrà integrata nella società. I responsabili politici devono bilanciare innovazione e sicurezza, garantendo che l’IA sia utilizzata per il bene pubblico.

Le future politiche dovrebbero concentrarsi sulla democratizzazione dell’accesso all’IA, prevenendo il controllo monopolistico sulle tecnologie e promuovendo uno sviluppo sostenibile dell’IA per ridurre l’impatto ambientale.

AI does not happen to us; it is shaped by the choices we make today. Ensuring a future where AI serves humanity requires vigilance, cooperation, and a commitment to responsible innovation.

Il Rapporto Internazionale sulla Sicurezza dell’IA 2025 è una risorsa fondamentale per comprendere il panorama in evoluzione dell’IA. Le scelte che società e governi faranno oggi determineranno se l’IA rimarrà una forza positiva o diventerà una sfida globale.

La National Academies of Sciences, Engineering, and Medicine ha pubblicato un report approfondito intitolato Artificial Intelligence and the Future of Work. Questo studio analizza l’impatto dell’AI sulla produttività, sulle dinamiche del lavoro, sull’istruzione e sulle politiche pubbliche. Qui sotto esploriamo i punti chiave del report, arricchendoli con dati e insight per offrire un quadro chiaro e concreto dell’influenza attuale e futura dell’AI.


Scoperta 1: L’AI è una tecnologia generalista in rapida evoluzione

“AI is a general-purpose technology that has recently undergone significant rapid progress. Still, there is a great deal of uncertainty about its future course, suggesting that wide error bands and a range of contingencies should be considered.”

  • Il mercato globale dell’AI crescerà da 136,6 miliardi di dollari nel 2022 a 1,81 trilioni entro il 2030, con un CAGR del 37,3%.
  • I modelli di linguaggio di grandi dimensioni (LLM) hanno visto un’espansione esponenziale, passando da 40GB (GPT-2, 2019) a 45TB (GPT-4, 2023).
  • Gli investimenti in ricerca e sviluppo sull’AI hanno raggiunto 91,9 miliardi di dollari nel 2022, con un aumento del 19,6% rispetto all’anno precedente.

Scoperta 2: I sistemi di AI oggi sono ancora imperfetti

“AI systems today remain imperfect in multiple ways. For example, LLMs can ‘hallucinate’ incorrect answers to questions, exhibit biased behavior, and fail to reason correctly to reach conclusions from given facts.”

  • Tasso di errore: L’AI ha un margine di errore del 15-20%, specialmente in settori critici come sanità e diritto.
  • Bias nei modelli: Uno studio MIT ha rivelato che il riconoscimento facciale ha un tasso di errore 34,7% più alto per persone con pelle scura rispetto a quelle con pelle chiara.
  • Cybersecurity: Gli attacchi phishing basati su AI sono aumentati del 126% anno su anno.

Scoperta 3: L’AI continuerà ad avanzare, ma la sua traiettoria è incerta

“Significant further advances in AI technology are highly likely, but experts do not agree on the exact details and timing of likely advances.”

  • Incertezza sulle tempistiche: Il 47% degli esperti prevede l’AI a livello umano entro il 2040, mentre il 25% pensa che non arriverà prima del 2075.
  • Potenza computazionale: La capacità di calcolo per l’addestramento AI è raddoppiata ogni 3,4 mesi dal 2012, superando la legge di Moore.
  • Adozione aziendale: Il 77% delle aziende sta esplorando l’AI, ma solo il 23% l’ha completamente integrata nei processi aziendali.

Scoperta 4: Il potenziale dell’AI per la produttività è significativo ma disomogeneo

“AI offers the promise of significant improvements in productivity, but achieving these benefits will require complementary investments in skills and organizational processes.”

  • Aumento della produttività: L’AI potrebbe far crescere il PIL globale del 7% all’anno entro il 2030.
  • Differenze settoriali: L’AI potrebbe migliorare la produttività del 25% in IT e software, ma solo del 5-10% in sanità e manifattura.
  • Automazione del lavoro: Il 60% dei lavori attuali ha almeno il 30% delle attività automatizzabili.

Scoperta 5: L’impatto dell’AI sull’occupazione dipenderà da molteplici fattori

“The labor market consequences of AI deployment will depend both on the rate at which AI’s capabilities evolve and on demographic, social, institutional, and political forces.”

  • Perdita di posti di lavoro: Secondo McKinsey, l’AI potrebbe sostituire 400 milioni di posti di lavoro entro il 2030, ma crearne tra 550-600 milioni di nuovi.
  • Demografia e lavoro: Il calo della popolazione attiva nei paesi avanzati potrebbe compensare le perdite occupazionali dovute all’AI.
  • Disuguaglianza salariale: Il top 10% degli stipendi ha visto una crescita del 14% grazie all’AI, mentre i salari dei lavoratori meno qualificati sono rimasti stagnanti.

Scoperta 6: Il ruolo dell’AI nell’istruzione e nella formazione professionale è in crescita

“AI will have significant implications for education at all levels, from primary to continuing workforce education.”

  • Apprendimento personalizzato: Le piattaforme educative AI-driven hanno aumentato i tassi di ritenzione degli studenti del 12-18%.
  • Necessità di riqualificazione: 1,1 miliardi di lavoratori dovranno essere riqualificati nei prossimi dieci anni.
  • Investimenti in formazione aziendale: Le aziende hanno speso 366 miliardi di dollari in programmi di upskilling nel 2022, con un incremento del 32% rispetto al 2019.

Scoperta 7: Servono misurazioni migliori per monitorare l’impatto dell’AI sul lavoro

“Better measurement of how and when AI advancements affect the workforce is needed.”

  • Monitoraggio dell’adozione AI: Solo il 35% dei paesi ha statistiche ufficiali sull’impatto dell’AI sul lavoro.
  • Lacune nei dati pubblici: Il 42% dei policymaker denuncia una mancanza di metriche affidabili sull’occupazione AI.
  • Tendenze nel mercato del lavoro: Le offerte di lavoro legate all’AI su LinkedIn sono aumentate del 72% negli ultimi due anni.

Conclusione: Il Futuro del Lavoro non è preordinato

“It is impossible to predict exactly the nature of AI’s effects, but society can take steps to shape AI’s impact through policy, education, and ethical guidelines.”

  • I policymaker devono bilanciare innovazione e regolamentazione, garantendo che i benefici dell’AI siano distribuiti equamente.
  • Le aziende devono investire in strategie di lavoro aumentato dall’AI, privilegiando la collaborazione uomo-macchina rispetto alla pura automazione.
  • I lavoratori devono puntare su apprendimento continuo e adattabilità, sfruttando i nuovi strumenti AI per restare competitivi.

L’impatto dell’AI sul lavoro è complesso e articolato. Solo con scelte consapevoli e strategie mirate possiamo garantire che l’AI contribuisca a un futuro del lavoro più produttivo, equo e innovativo.

Il nuovo report di Deloitte sullo stato dell’Intelligenza Artificiale Generativa è stato pubblicato. Alcune indicazioni risultano interessante per l’analisi dei fenomeni organizzativi:

  • Il ritmo dell’adozione della GenAI varia significativamente tra settori e regioni, influenzato da fattori come infrastrutture tecnologiche e apertura culturale.
  • Solo il 28% delle aziende ha integrato la GenAI nelle funzioni principali, evidenziando un divario tra prontezza tecnologica e preparazione della forza lavoro.
  • Le principali aspettative delle organizzazioni riguardo alla GenAI includono riduzione dei costi (74%), personalizzazione per i clienti (56%) e accelerazione dell’innovazione (48%).
  • Solo il 39% delle iniziative avanzate di GenAI raggiunge o supera le aspettative di ROI, spesso a causa di costi elevati e disallineamenti strategici.
  • Le preoccupazioni etiche e normative, come bias e privacy dei dati, rimangono barriere critiche all’adozione su larga scala.
  • La resistenza culturale e la paura di perdere posti di lavoro ostacolano il progresso; un forte supporto della leadership è essenziale per superare queste sfide.
  • Problemi tecnici e vincoli economici potrebbero rallentare l’implementazione della GenAI, richiedendo una pianificazione strategica e investimenti mirati.

L’AI presenta notevoli variazioni tra settori, regioni e dimensioni organizzative. Fattori come la prontezza tecnologica, l’apertura culturale e gli ambienti normativi giocano un ruolo cruciale nell’influenzare la velocità e la portata dell’implementazione.

Ad esempio: i settori guidati dalla tecnologia, come l’informatica e i servizi finanziari, sono in prima linea, dimostrando capacità avanzate e strategie di integrazione. Al contrario, settori come la produzione e la sanità spesso arrancano a causa di vincoli infrastrutturali e requisiti di conformità stringenti.

Questo ritmo irregolare pone una doppia sfida. I primi utilizzatori ottengono un vantaggio competitivo sfruttando la GenAI per ottimizzare le operazioni, migliorare l’esperienza del cliente e stimolare l’innovazione.

Al contrario, i ritardatari rischiano di cadere in un ciclo di obsolescenza tecnologica, rendendo sempre più difficile recuperare terreno. Le organizzazioni devono valutare le loro circostanze uniche e sviluppare strategie su misura per navigare in questo contesto dinamico. Come osservato da un leader del settore:

“Il ritmo di adozione della GenAI dipende tanto dalla mentalità quanto dall’infrastruttura. Le aziende che abbracciano il cambiamento prospereranno; quelle che lo resistono faticheranno.”

A che punto siamo con l’adozione nella forza lavoro?

Le implicazioni della GenAI per la forza lavoro sono profonde, prefigurando un cambiamento paradigmatico nei ruoli, nelle competenze e nelle strutture occupazionali. I dati del rapporto evidenziano alcune tendenze chiave:

  • Il 62% delle organizzazioni ha avviato programmi di aggiornamento delle competenze.
  • Solo il 28% ha integrato la GenAI nelle funzioni lavorative principali, rivelando un notevole divario tra prontezza e implementazione.

Questo divario evidenzia una barriera critica: il disallineamento tra progresso tecnologico e preparazione umana. I dipendenti spesso vedono la GenAI attraverso una lente di incertezza, percependola come un fattore dirompente piuttosto che un abilitatore. Questa percezione è aggravata da una comunicazione inadeguata sui benefici della GenAI e dalla mancanza di opportunità per riqualificarsi e adattarsi ai nuovi ruoli.

Colmare questa lacuna richiede un approccio multifaceted, tra cui iniziative di formazione robuste adattate a diversi livelli di competenza, un dialogo trasparente sull’impatto della tecnologia e la creazione di ruoli ibridi che combinino l’expertise umana con le capacità dell’IA.

Quali benefici puntano a raggiungere le iniziative di GenAI?

Le organizzazioni mirano a una gamma di benefici attraverso le iniziative di GenAI, guidate dal potenziale per l’automazione, l’innovazione e l’insight strategico. Secondo il rapporto, il 74% degli intervistati identifica la riduzione dei costi e l’ottimizzazione dei processi come obiettivi principali. Inoltre, il 56% utilizza la GenAI per esperienze personalizzate dei clienti, sfruttando strumenti come chatbot, motori di raccomandazione e analisi del sentiment, mentre il 48% sfrutta la GenAI per l’innovazione e il prototyping rapido.

Esempi specifici di benefici includono l’automazione di compiti ripetitivi come l’inserimento dati e l’analisi di base, il miglioramento dell’engagement del cliente attraverso la personalizzazione in tempo reale e l’abilitazione di un’ideazione del prodotto più rapida e accurata per ridurre il time-to-market. Nonostante questi vantaggi, realizzare il pieno potenziale della GenAI richiede una visione coesa che allinei gli investimenti tecnologici agli obiettivi organizzativi, una collaborazione interdipartimentale per integrare senza soluzione di continuità le iniziative di IA e valutazioni regolari delle performance per affinare le strategie.

Le iniziative avanzate di GenAI soddisfano le aspettative di ROI?

Il ritorno sull’investimento (ROI) rimane un parametro critico per valutare il successo delle iniziative di GenAI. Il rapporto rivela un panorama misto, in cui solo il 39% delle implementazioni avanzate soddisfa o supera le aspettative di ROI.

I principali fattori che influenzano il ROI includono elevati investimenti iniziali in infrastrutture, acquisizione di talenti e integrazione di sistemi, che spesso ritardano la realizzazione del ROI. Inoltre, i gap di competenze e il disallineamento tra gli obiettivi della GenAI e i più ampi obiettivi organizzativi possono ridurre il valore percepito di queste iniziative.

Le organizzazioni che raggiungono risultati forti in termini di ROI condividono tratti comuni, come la definizione chiara degli obiettivi con risultati misurabili, la collaborazione interfunzionale per allineare le iniziative di IA alle strategie aziendali più ampie e il monitoraggio continuo e l’adattamento delle performance della GenAI.

Cosa potrebbe rallentare l’adozione della GenAI?

Sebbene il potenziale della GenAI sia innegabile, diversi ostacoli potrebbero ostacolare la sua diffusione su larga scala:

  • Preoccupazioni Regolatorie ed Etiche: Le normative sulla privacy dei dati e la sicurezza stanno diventando sempre più stringenti. Le preoccupazioni riguardanti il bias algoritmico e la trasparenza richiedono quadri di governance solidi.
  • Resistenza Culturale: La resistenza al cambiamento all’interno delle organizzazioni, spesso derivante dalla paura della perdita di posti di lavoro, può rallentare i progressi. Il supporto dei leader è cruciale per superare l’inerzia culturale.
  • Limitazioni Tecniche: Nonostante i progressi, persistono sfide come la comprensione contestuale e l’integrazione con sistemi legacy. Problemi nella generazione di output accurati per compiti complessi possono erodere la fiducia nelle soluzioni di IA.
  • Vincoli Economici: Le pressioni di bilancio, soprattutto in contesti con risorse limitate, potrebbero ritardare le implementazioni di GenAI. Le richieste di investimento concorrenti costringono le organizzazioni a dare priorità ad altre iniziative.

Affrontare questi ostacoli richiede di promuovere una cultura dell’innovazione per incoraggiare la sperimentazione, investire in iniziative di aggiornamento delle competenze per colmare il divario di talento e collaborare con gli enti regolatori per navigare efficacemente nelle sfide di conformità.

Il recente report di Google sugli Agenti IA mette in luce un cambiamento trasformativo nel campo dell’IA generativa. Questi agenti, ben lontani dall’essere semplici modelli autonomi, rappresentano una nuova classe di applicazioni capaci di combinare ragionamento, logica e utilizzo di strumenti per raggiungere obiettivi in autonomia. Colmano il divario tra modelli statici di machine learning e sistemi dinamici e attuabili che possono osservare, decidere e agire nel mondo reale.

  • Sistemi autonomi e proattivi: gli agenti IA operano indipendentemente, pianificando ed eseguendo compiti senza intervento umano. Ragionano e agiscono proattivamente per raggiungere obiettivi predefiniti.
  • Architetture cognitive: questi agenti integrano modelli, strumenti e uno strato di orchestrazione per ragionare, decidere e agire iterativamente, adattandosi a scenari dinamici.
  • Capacità ampliate tramite strumenti: gli agenti IA sfruttano strumenti come API, estensioni e data store per accedere a informazioni in tempo reale, recuperare dati ed eseguire compiti complessi in applicazioni del mondo reale.
  • Applicazioni trasversali: dal supporto clienti alla sanità, all’educazione e ai sistemi per smart home, gli agenti IA affrontano sfide multifaccettate con precisione ed efficienza.

Cosa sono gli agenti IA?

Alla base, un agente IA è un’applicazione autonoma progettata per raggiungere obiettivi specifici osservando il suo ambiente e agendo su di esso attraverso strumenti. A differenza dei tradizionali modelli di IA generativa che forniscono risposte statiche basate esclusivamente sui dati di training, gli agenti IA vanno oltre:

  1. Autonomia: Operano indipendentemente dall’intervento umano. Una volta fornito un obiettivo, pianificano ed eseguono proattivamente i compiti per raggiungerlo.
  2. Proattività: Anche senza istruzioni esplicite, gli agenti possono determinare cosa fare successivamente ragionando sui loro obiettivi e sulle risorse disponibili.

Questa capacità rende gli agenti IA un’evoluzione fondamentale rispetto ai modelli standalone, posizionandoli come componenti integrali dei moderni sistemi di IA.


Componenti di un agente IA

Gli agenti IA si basano su un’architettura cognitiva, un framework che governa come ragionano, decidono e agiscono. Questa architettura include tre componenti chiave:

  1. Il modello Il modello linguistico (LM) è il decisore fondamentale in un agente. A seconda della complessità del compito, gli agenti possono utilizzare un singolo modello o più modelli che lavorano insieme. Questi modelli possono:
    • Seguire framework di ragionamento basati su istruzioni come ReAct (Reasoning + Action), Chain-of-Thought (CoT) o Tree-of-Thoughts (ToT).

    • Essere ottimizzati per compiti specifici, integrando conoscenze di dominio o configurazioni di strumenti.

    Il modello, tuttavia, non opera da solo: è potenziato dagli strumenti e dai framework di ragionamento che guidano le sue decisioni.
  2. Gli strumenti Sebbene i modelli linguistici siano eccellenti nella generazione di testo, hanno limitazioni intrinseche nell’interazione con il mondo esterno. Gli strumenti permettono agli agenti di superare queste limitazioni, fungendo da ponti tra l’agente e dati o azioni esterne, consentendo capacità come:
    • Recupero di dati: Accesso a informazioni in tempo reale o specifiche tramite database o API.

    • Esecuzione di azioni: Compiti pratici come inviare email, aggiornare record o controllare dispositivi.

    • Generazione aumentata: Utilizzo di tecniche come il Retrieval-Augmented Generation (RAG) per fornire risposte factuali e contestuali.

    Un esempio? Un agente concierge potrebbe usare un’API per la prenotazione di voli per ottenere prezzi aggiornati o un servizio di mappe per suggerire percorsi ottimizzati.
  3. Lo strato di orchestrazione Qui avviene la magia. Lo strato di orchestrazione governa come l’agente integra gli input, ragiona e decide l’azione successiva. Questo strato consente:
    • Gestione dello stato: Mantenere la cronologia delle sessioni e il contesto attraverso le interazioni.

    • Ragionamento iterativo: Refinare decisioni e piani basandosi su output e osservazioni precedenti.

    • Applicazione di framework: Implementare tecniche come ReAct o CoT per migliorare le capacità di ragionamento.
    In sintesi, lo strato di orchestrazione trasforma un modello statico in un agente dinamico e adattivo.

Applicazioni pratiche degli agenti IA

Le potenziali applicazioni degli agenti IA sono vaste e in continua espansione. Ecco alcuni esempi:

  • Supporto clienti: Gestione di richieste complesse e multi-step, recupero di dati specifici del cliente, escalation di problemi o completamento autonomo di transazioni.
  • Sanità: Dalla gestione dei record dei pazienti all’assistenza diagnostica in tempo reale, gli agenti possono ottimizzare i processi e migliorare i risultati.
  • Sistemi per smart home: Controllo di dispositivi, pianificazione di attività e risposta intelligente alle preferenze degli utenti.
  • Educazione: Agenti tutor personalizzati che si adattano alle esigenze degli studenti, utilizzando dati in tempo reale per offrire esperienze di apprendimento su misura.

Sfide e prospettive future

Sebbene il potenziale degli agenti IA sia immenso, ci sono sfide da affrontare:

  • Complessità: Progettare e mantenere architetture cognitive richiede competenze significative.
  • Integrazione degli strumenti: Garantire interazioni fluide tra agenti e sistemi esterni può essere oneroso.
  • Etica e fiducia: L’autonomia decisionale solleva questioni su responsabilità e bias.

Tuttavia, il futuro appare promettente. I progressi nella sofisticazione degli strumenti, nei framework di ragionamento e nei sistemi multi-agente (ad esempio, agenti specializzati che lavorano collaborativamente) sbloccheranno possibilità ancora maggiori.

Gli agenti IA rappresentano un cambio di paradigma nel modo in cui affrontiamo l’IA generativa. Combinando i punti di forza dei modelli linguistici con strumenti esterni e ragionamento strutturato, aprono le porte a nuove applicazioni e settori. Dal problem-solving autonomo all’integrazione di dati in tempo reale, gli agenti sono destinati a diventare indispensabili per affrontare le sfide di domani.

Mentre questi sistemi evolvono, una cosa è chiara: stiamo solo grattando la superficie del loro potenziale.

La domanda non è più se gli agenti IA ridefiniranno il panorama, ma quanto rapidamente le organizzazioni si adatteranno per sfruttarne la potenza.