Sarà in edicola nei prossimi giorni il numero di Giugno di Harvard Business Review: prestigiosa rivista internazionale di altissimo livello. In allegato a questo numero un manifesto un po’ particolare, dedicato al Social Business che ho contribuito a scrivere nei giorni scorsi con alcuni miei colleghi.
I partecipanti alla 5a edizione del Social Business Forum saranno inoltre omaggiati con una copia gratuita – http://www.socialbusinessforum.com/?lang=it
Ma che cos’è esattamente il Social Business?
Come scrive correttamente Emanuele Quintarelli:
Un’organizzazione che ha messo in campo le strategie, le tecnologie ed i processi atti a coinvolgere sistematicamente tutti gli individui che compongono il proprio ecosistema (dipendenti, clienti, partner, fornitori) nella massimizzazione del valore scambiato
Questa definizione sottolinea che:
- Viene a perdere importanza la separazione storica e manichea tra dentro dell’azienda e fuori dell’azienda, avente come corollario un ruolo privilegiato per quelle idee e quelle decisioni che dall’organizzazione vanno verso il mercato (inside-out) rispetto al flusso inverso che dal mercato trasferisce indicazioni verso l’azienda (outside-in)
- Gli attori che acquisiscono il ruolo di co-decision maker e di agenti del cambiamento dell’azienda non sono più i manager, ma neanche i soli clienti (come prescritto invece dal Social CRM). Oltre che dai manager, l’evoluzione organizzativa può essere guidata indistintamente dai clienti, dai dipendenti, dai partner e dai fornitori. Tutte queste categorie passano dal ruolo di comprimari a quello di co-protagonisti
- Il processo di scambio tra interno ed esterno viene reso possibile da un approccio di coinvolgimento non di comunicazione. Coinvolgere significa accogliere una pluralità di esigenze nell’informare il percorso di crescita e cambiamento organizzativo
- Il motivo ultimo di esistenza dell’organizzazione non è più la sola generazione di valore a beneficio degli stakeholder tradizionali dell’impresa, ma lo scambio di valore tra l’azienda e l’intero ecosistema. E’ come se improvvisamente il gruppo degli stakeholder si fosse ampliato e l’ecosistema fosse entrato in l’azienda. E’ opportuno notare come questo scambio miri ad amplificare, in un’ottica di network e proprio grazie all’ecosistema, il valore generato per i vecchi stakeholder. Il Social Business è quindi un efficientamento del concetto storico di impresa rispetto alle nuove dinamiche del mercato ed ai nuovi comportamenti del consumatore.
In estrema sintesi allora, un Social Business è un’azienda che decide consapevolmente di porsi in una relazione osmotica con il proprio ambiente e che è capace di ricalibrare costantemente se stessa rispetto agli stimoli intercettati:
- Il caos è una semplicità che non siamo ancora riusciti a vedere
- Le organizzazioni sono conversazioni
- L’entropia nasce dal cercare di usare strumenti nuovi per fare cose vecchie, o dall’usare strumenti vecchi per fare cose nuove
- La mail è superata da piattaforme di scambio più aperte ed emergenti. Le organizzazioni dovrebbero abolire l’utilizzo della mail al proprio interno
- Davanti a problemi sempre più complessi e interconnessi, l’architettura decisionale rappresentata dai modelli di impresa e di governance contemporanei – ancorati ad un principio di tipo gerarchico e di comando-controllo – mostra tutta la sua inadeguatezza
- La strada deve essere la cultura del rischio: senza rischi non si aprono nuove prospettive
- I clienti conoscono i prodotti molto più delle imprese che li producono
- Chi lavora si aspetta in qualche modo di poter partecipare al progetto organizzativo; il malessere è frutto dell’impossibilità di questa partecipazione
- Per vedere fenomeni nuovi bisogna costruire strumenti nuovi di analisi e misurazione
- Le organizzazioni sono organismi viventi. Prima ancora di generare prodotti generano e trasformano conoscenza
- Questa capacità di generare e trasformare conoscenza le fa emergere o declinare nell’economia della conoscenza
- La conoscenza viene generata e trasformata nelle conversazioni tra dipendenti, tra clienti e tra clienti e dipendenti
- Le conversazioni superano i muri e i ruoli e privilegiano relazioni di fiducia difficili da condizionare
- Il punto debole del knowledge management è il management
- La collaborazione è la sfida delle organizzazioni contemporanee. Abbiamo solo iniziato ad occuparcene; gli strumenti di gestione e di management attualmente disponibili sono inadeguati allo scopo in quanto nati in un’altra epoca e per obiettivi opposti
- Collaborazione non significa (solo) coordinamento, pianificazione, gestione dei ruoli. Collaborazione significa mettere a frutto l’intelligenza collettiva
- Oggi abbiamo bisogno di unire, di creare storie e significati comuni, di coinvolgere le sensibilità personali, di trovare l’ingaggio delle persone
- Le organizzazioni troppo ordinate rischiano l’estinzione
- Le organizzazioni ad alta performance hanno come punti di forza la disorganizzazione e i legami deboli
- Nelle nostre organizzazioni c’è molta più intelligenza di quella che il management è disposto a riconoscere
- L’intelligenza presente nelle organizzazioni rimane oggi intrappolata nelle procedure, nei riti, nei ruoli
- È difficile guidare una conversazione, è più facile alimentarla o farla tacere per sempre
- Una crisi economica è anche una crisi di modelli di management e di organizzazione del lavoro
- Oggi grandi opere dell’uomo nascono dalle conversazioni, e spesso non hanno bisogno di manager
- Il sapere delle organizzazioni oggi sta più nelle connessioni che nei data base aziendali
- Teamwork, integrazione, collaborazione: le organizzazioni si riempiono la bocca dei concetti più lontani dalla propria pratica
- Il mercato ha oggi una intelligenza più rapida e articolata di quella delle organizzazioni
- Le organizzazioni reagiscono agli stimoli del loro mercato con una velocità inversamente proporzionale alla propria dimensione
- I piani della Direzione Personale servono a coprire la paura di liberare l’energia e l’intelligenza presenti all’interno dell’organizzazione
- I clienti, come i dipendenti, cercano un contatto e un dialogo ma trovano muri di gomma con titoli altisonanti: call center, customer care, direct line
- I consulenti rafforzano lo status quo: cercano di riportare la complessità all’ordine
prestabilito ma così facendo aumentano solo l’entropia poiché spostano il disordine ad un altro livello - L’innovazione disruptive non avviene nei dipartimenti di Ricerca e Sviluppo: avviene mescolando punti di vista e saperi in connessioni nuove e aperte
- Le Intranet a senso unico sono inutili; le Social Intranet oggi possono diventare il sistema nervoso che permette a un organismo
di sentire e di agire come un’unità: permette lo scambio degli stimoli, l’accumularsi della memoria, il formarsi dell’identità, il coordinamento delle azioni - Oggi c’è bisogno di unire: collegare i punti (vision) ma anche collegare le persone e creare sistemi autopoietici
- Reputation: è tutto qui
- Centro e periferia sono concetti del secolo scorso: nella rete la centralità è funzione dell’autorevolezza e della visibilità
- Ascoltare, ascoltare, ascoltare: è il cliente che ti dice chi sei
- Nell’economia della conoscenza puoi non sapere tutto ma devi essere ben connesso
- Dall’economia della conoscenza all’economia del dono…
- Il processo di business emerge dal basso, apprende continuamente, si adatta a partire dai feedback di dipendenti e clienti
- Per pensare in un modo nuovo: abbandoniamo le slide e ristrutturiamo gli spazi di lavoro
- Ascoltare le conversazioni non basta. Bisogna estrarne senso e guidare il cambiamento
- I tuoi dipendenti vengono prima. Senza il loro coinvolgimento il tuo Marketing non sarà mai capace di coinvolgere
- Per costruire nuove organizzazioni non c’è bisogno di società di consulenza
- Le idee di clienti, dipendenti e fornitori sono buone quanto quelle del management
- Il Social Business non è una nuova tecnologia, è una nuova azienda
- Guardare al mercato tramite lenti del prodotto e segmenti sociodemografici ha perso di valore. Andiamo a caccia di passioni, bisogni, tribù
- Un’azienda è centrata sul cliente quando riesce a guardarsi da fuori, abbattendo le barriere sia all’interno che all’esterno
- Innovazione dal basso non significa realizzare tutto quello che i clienti chiedono. Innovazione dal basso significa capire qual è il problema che i clienti vogliono sia risolto e aiutarli nel risolverlo
- Socializzare i processi non significa creare altri silos, seppure sociali. Socializzare i processi significa abbattere i silos tradizionali e sociali
- Lavorare per uno stipendio non fa mai la differenza. Le persone oggi cercano una missione comune
- Aprire una pagina Facebook è facile. Aprire le porte dell’azienda ed accogliere i clienti è difficile
- Le aziende non sanno quasi mai cosa il cliente desidera perché hanno sempre avuto paura di ascoltare
- Le community di persone non si creano e non si gestiscono. Le community si attraggono e si coltivano
- Il nuovo management è più vicino alla coltivazione di una community che alla guida di un gregge
- Il cambiamento parte dagli early adopters, ma il cambiamento sostenibile arriva a tutti gli altri
- Il servizio al cliente è il nuovo marketing
- L’unico modo per bilanciare l’eccesso di informazione da cui siamo sommersi è aggiungere ulteriore informazione che agisca da filtro
- Ha fatto più innovazione negli ultimi 15 anni un gruppo di ragazzini che IBM, Microsoft e Oracle messi insieme.
Molto bene, mi sembra tutto coerente con le proposte dello Humanistic management 2.0: http://www.marcominghetti.com/humanistic-management-2-0-per-le-aziende/le-aree-d%E2%80%99intervento-dello-humanistic-management-2-0/ Ormai ?? chiaro che il social business non ?? pi?? solo un problema tecnico/una opportunit?? di crescita dell’ICT, del marketing o della comunicazione interna/esterna: ?? un problema strategico.Per questo il tema vero adesso ?? di proporre modelli di sviluppo organizzativo che consentano al board delle organizzazioni di creare delle roadmap e dei piani di attivit?? per la trasformazione delle aziende tradizionali in social organization. Sarebbe a mio avviso auspicabile che la "regia tecnica" della trasformazione venisse assunta da una Direzione HR che finalmente si prenda la responsabilit?? di essere motore del cambiamento: non con dichiarazioni retoriche e prive di vero contenuto, ma nei fatti, a partire dall’abbandono definitivo del modello "comando e controllo" e messa in campo della capacit?? di elaborare proattivamente concrete proposte di trasformazione da presentare al Top Management.
Molto interessante. Specialmente l’ultima constatazione: Ha fatto pi?? innovazione negli ultimi 15 anni un gruppo di ragazzini che IBM, Microsoft e Oracle messi insieme.