Stavo leggendo un interessante post di Leandro Agrò ( http://www.leeander.com/2011/10/16/progettare-gli-oggetti-della-prossima-inte… ) che racconta del suo onore di aver partecipato alla conferenza TEDx di Bologna nelle scorse settimane. Il video e lo speech mi hanno riportato a uno dei temi di cui mi ero interessato – solo a livello di studio e ricerca personali – qualche anno fa.
Il fatto di tornarci a distanza di qualche anno mi ha permesso di elaborare nuove idee e di pormi anche alcune domande sulla possibile integrazione di due mondi di cui mi sono (e mi sto) interessando e che paiono così differenti tra loro.
Il video del suo speech è visibile qui:
Vi consiglio di dargli un’occhiata perché è veramente interessante.
Ma credo che per comprenderlo occorra fare un passo indietro cercando di esplicitare che cosa sia e come funzioni quella che viene definita Internet of Things o Internet degli Oggetti.
Wikipedia la definisce come:
In computing, the Internet of Things refers to a network of objects, such as household appliances. It is often a self-configuring wireless network. The concept of the internet of things is attributed to the original Auto-ID Center, founded in 1999 and based at the time in MIT.The idea is as simple as its application is difficult. If all cans, books, shoes or parts of cars are equipped with minuscule identifying devices, daily life on our planet will undergo a transformation. Things like running out of stock or wasted products will no longer exist as we will know exactly what is being consumed on the other side of the globe. Theft will be a thing of the past as we will know where a product is at all times. The same applies to parcels lost in the post.If all objects of daily life, from yogurt to an airplane, are equipped with radio tags, they can be identified and managed by computers in the same way humans can. The next generation of Internet applications (IPv6 protocol) would be able to identify more objects than IPv4, which is currently in use. This system would therefore be able to instantaneously identify any kind of object.The Internet of objects should encode 50 to 100,000 billion objects and follow the movement of those objects. Every human being is surrounded by 1,000 to 5,000 objects.Alcatel-Lucent touchatag service and Violet’s Mirror gadget provide a pragmatic consumer oriented approach to the Internet of Things by which anyone can easily link real world items to the online world using RFID tags (and QR Codes in case of touchatag).
Per capire ancora meglio consiglio anche di vedere questo video di David Orban realizzato qualche anno fa per chiarire proprio il legame tra internet degli oggetti e oggetti percettivi.
Come vedete si tratta di qualcosa di molto interessante e che merita una seria riflessione in proposito. Al di là dei principi legati strettamente alla IoT mi piacerebbe pensare a quale potrebbe essere una zona di confine, di sovrapposizione tra la Internet degli Oggetti e il Social Business.
Forse sto cercando di incrociare due ambiti che sono completamente differenti e che non meritano un accostamento nemmeno nella stessa frase, forse si tratta di un possibile trend che è interessante monitorare.
Mi piacerebbe più che giudicare la correttezza o meno delle idee, provare a mettere assieme alcune riflessioni.
La prima riflessione riguarda la centralità dei comportamenti umani e di quelli degli “oggetti” lo speech di Leandro ha ben messo in evidenza la centralità del comportamento.
Riflettere sul comportamento a livello organizzativo e sociale diviene determinate per comprendere assetti culturali di riferimento e modalità delle persone e dell’organizzazione di adattarsi all’ambiente esterno e di agire con esso.
La pragmatica della comunicazione umana, il testo cardine di Paul Watzlawick ha messo bene in evidenza come non sia possibile ridurre i comportamenti – umani e organizzativi – a semplici linearità di causa/effetto ma sia sempre necessario comprendere il contesto più ampio all’interno del quale sono collocati.
Se riflettiamo partendo da questo assioma diviene dunque importante conoscere il contesto in cui ci muoviamo, e di questo contesto fanno parte anche gli oggetti “intelligenti”.
George Siemens – nel riflettere sul Connettivismo e sul Social Learning – ha messo in luce passaggi simili considerando nel quadro generale della conoscenza e dell’apprendimento anche gli oggetti come punti fondamentali e nodi della rete di apprendimento ( ne avevamo parlato anche qui qualche mese fa: http://www.sociallearning.it/connected-knowledge-quando-la-conoscenza-e-la )
Ancora: nel proporre le tre leggi o i tre assiomi della prossima serie di oggetti intelligenti Leandro affronta il tema dello storytelling e dell’importanza del fatto che gli oggetti stessi siano portatori di esperienze. Un parallelo in questo caso può essere fatto con le organizzazioni come sistemi complessi, portatori di una cultura e di una filosofia proprie.
Alcune riflessioni sul tema erano già state condivise in questa sede in un post di qualche settimana fa: http://www.sociallearning.it/storytelling-social-business-e-social-learnin
Il design assume un’importanza chiave e cruciale nello sviluppo degli oggetti, design che però deve essere inteso nel senso più ampio di progettazione e ideazione di un prodotto, un servizio o un piano: design che deve essere considerato come il punto di partenza per la realizzazione di qualcosa di successo.
In questo senso Stefano Mizzella di recente mi ha ricordato i dieci principi del design di Dieter Rams – http://ilmacminimalista.tumblr.com/post/575792006/dieter-rams-e-i-principi-de…
Infine, forse il punto più interessante, quello che maggiormente si lega al Social Business tradizionalmente inteso, ovvero: la socializzazione al centro: gli oggetti hanno la capacità di comunicare e di condividere la stessa rete delle persone.
Al di là di queste riflessioni mi piacerebbe considerare questo come un post aperto in cui riflettere sul possibile futuro della Internet degli Oggetti e del Social Business: forse il primo argomento rimane ancora troppo confinato in un orizzonte fantascientifico? Forse la situazione attuale impedisce di creare e di vedere un collegamento? Forse le due cose prenderanno forma e si concretizzerano nelle organizzazioni del futuro?
Mi piacerebbe poter avere delle opinioni sui temi di questo post.
A voi la parola.
photo credit by KRISS_
Molto molto interessante… Paul Watzlawick sarebbe molto contento. :-)Con questo recupero diventa "vero" anche su internet il suo assunto che "non si puo’ non comunicare".Fisicizzare ed "umanizzare" la rete tramite gli oggetti e’ una bella frontiera, anche e soprattutto per sdoganare, dal mio punto di vista, l’utilizzo improprio del termine e-learning.Gran bel post!Grazie,maurizio
Grazie Maurizio, assolutamente d’accordo con quello che dici. Forse sono proprio questi i robot a cui la fantascienza ci ha abituati, nulla a che vedere con novelli terminator, ma pi?? simili a chip intelligenti in grado di migliorare la nostra relazione con il mondo: utopistico? Vedremo :)
Sui citati principi del buon design di Rams, Stefano Mizzella ha appena scritto un ottimo post che riflette appunto sul ruolo che possono giocare in una strategia di Social Business. Lo trovate qui http://www.socialmediascape.org/i-principi-del-buon-design-applicati-al-social-business/