Come mai non si lavora sul posto di lavoro (Why work doesn’t happen at work)

February 27, 2011 — Leave a comment

Un video interessante di Jason Fried al TED parla di come mai il lavoro non accada al lavoro. Del perchè cioè le persone non riescano a lavorare sul posto di lavoro (anche se questo è progettato apposta per quell’obiettivo) e del perchè preferiscano lavorare in posti come casa propria, affermando di essere maggiormente distratti al lavoro rispetto che nell’ambiente domestico.

L’approccio di Fried è sicuramente provocatorio e fuori dagli schemi – come abbastanza tipico degli speech del TED, ma credo che dia occasione per riflettere su alcuni punti interessanti che riguardano i nuovi modelli di lavoro che oggi divengono sempre più frequenti e necessari.
Egli sostiene che le distrazioni principali sul posto di lavoro vengano da quelli che lui definisce M&M = i manager e i meetings, ovvero i capi e le riunioni. I problemi verrebbero appunto dalle distrazioni che sono imposte (e non scelte) di questi due eventi spesso combinati che forzano nell’interruzione di ciò che si sta facendo. Fried sostiene che queste interruzioni involontarie siano molto più dannose sul posto di lavoro rispetto – per esempio – all’utilizzo dei Social Media che egli paragona alla pausa sigaretta, una distrazione volontaria che viene scelta da chi sta lavorando per rilassarsi e distrarsi. Louis Suarez, in un articolo interessante del suo blog approfondisce questi concetti e ipotizza un modello di lavoro senza le riunioni [ http://www.elsua.net/2010/12/03/why-work-doesnt-happen-at-work-a-world-without-meetings/ ]
A sostegno di questa ipotesi potremmo portare anche l’esempio della teoria del Flow e dell’esperienza ottimale, che come abbiamo visto più volte, richiede una concentrazione che non può essere interrotta.
Fried propone poi tre strategie per arrestare questo fenomeno e fare in modo che le persone lavorino veramente sul posto di lavoro:

  1. Pianificare momenti di silenzio sul posto di lavoro. Momenti in cui nessuno può interrompere gli altri mentre stanno lavorando. Per esempio: un giorno a settimana in cui non si può parlare, un pomeriggio, un giorno al mese e via dicendo.
  2. Promuovere il passaggio a tool passivi: l’utilizzo di IM anziché l’interruzione diretta, chat e software come Skype possono aiutare. Anziché l’interruzione verbale diretta questi strumenti di comunicazione permettono di scegliere il momento in cui si vuole essere interrotti, permettendo quindi al lavoratore di scegliere come gestire i flussi di lavoro in modo assolutamente autonomo.
  3. Se sei invitato a un meeting o lo stai programmando, semplicemente cancellalo.

Come vedete si tratta di consigli abbastanza distruptive che sono difficilmente conciliabili con le logiche del lavoro di oggi. Ma è proprio un radicale cambiamento di pensiero quello che propone Fried.
Su questo tema ho letto anche un interessante post del buon Mario Gastaldi sul suo interessante blog in cui proponeva altre soluzioni integrative e aiutava a contestualizzare il tutto in un’ottica maggiormente applicabile [ http://mariogastaldi.com/2010/12/06/work-doesnt-happen-at-work-how-do-you-care/ ]

  1. People work collaboratively because they communicate somehow. Focus should be much more on how and when, and with which goal in mind you plan a meeting. So managers should focus on their ability to organize meaningful meetings.
  2. People achieve results, together, because of the quality of relationships they have, and the sense they can make of what happens. There have to be circumstances in which people meet, reach common understanding, make sense of what they do, (or don’t do), and ties strengthen. Yes, all this happens when people spend time with colleagues and have focused conversations about work.
  3. While Jason does make a point when he laughs about managers banning the use of social media, (stupid rules he implies), at the same time he promotes other bans (no use of tools of communication tools that interrupt;  no-talk days). Stupid rules?
  4. Most of the work gets done collaboratively thanks to the informal flow of interactions that take place. So, to some extent, interruptions could be worthwhile. Let people decide when, and by whom they wish to be interrupted, as long as they accomplish what they are accountable for.
  5. Managers should grow people’s ability to make choices. It is much more valuable promoting a culture that allows people to choose to take part in meetings depending on priorities they are capable to set. Same goes for interruptions.
  6. I do value the idea of promoting asynchronous collaboration: it makes work flow faster and allows people to choose when to do what.
  7. Managers should focus on their own capability to choose if, when, how to plan meetings.
Zurich_google_office

Personalmente mi trovo d’accordo con Mario nella scelta di questi punti e credo che il lavoro ideale in cui manager e dipendenti siano contenti e soddisfatti allo stesso modo si possa ottenere con un giusto equilibrio tra tutti i fattori. I meeting e le interruzioni si possono difficilmente cancellare, ma il limitare all’essenziale, il semplificare, il rendere tutto più a misura d’uomo è sicuramente qualcosa che andrebbe incoraggiato, auspicato e applicato.
Mi piace con
cludere il tutto con un bel detto Zen che trovo particolarmente indicato.

Chi è maestro nell’arte del vivere distingue poco fra il suo lavoro e il suo tempo libero. Persegue semplicemente la sua visione d’eccellenza in qualunque cosa egli faccia lasciando agli altri decidere se sta lavorando o giocando.

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