Ne parlano tutti i giornali: nazionali e internazionali.
Prima di tutto non posso che accodarmi al cordoglio e al dolore di coloro che hanno perso delle persone care, ma anche essere solidale nei confronti di chi ha vissuto quegli attimi di terrore e paura. Non posso nemmeno esimermi dal premettere che con questo post non voglio analizzare gli errori del capitano Francesco Schettino né i contorni legali, nautici e via dicendo che questa situazione sta – giustamente o meno – generando.
In questa sede – come proprio del tema di questo blog – vorrei analizzare la situazione dal punto di vista degli errori, dei punti di forza e di quanto è stato fatto di corretto o di completamente errato nella gestione di quella che possiamo definire “Social Media Crisis“.
Sappiamo ormai che i Social Media hanno assunto dimensioni preponderanti per i brand – specie se questi sono di grandi dimensioni e internazionali, come nel caso di Costa Crociere – e che siano tanto utili quanto rischiosi se non gestiti correttamente.
Cerchiamo di riassumere quanto successo immediatamente dopo il tragico evento. Roberta Milano – in un suo posto pubblicato il 14 Gennaio qui http://www.robertamilano.com/2012/01/costa-crociere-te-lo-rivelan-gli-occhi-e… – ha giustamente condiviso alcune riflessioni a caldo parlando di engagement e di quanto Costa Crociere si stesse comportando bene nell’utilizzo dei Social Media.
Devo dire di essermi trovato parzialmente d’accordo con quello che ha scritto fino a quello che è successo nei giorni scorsi che mi ha portato a ridimensionare i miei criteri di valutazione.
Ma per prima cosa vediamo di raccogliere qualche dato interessante. Ebbene: quello che emerge dai canali analizzati (Costa Crociere ha impiegato Twitter Youtube e Facebook per comunicare la crisi della Concordia) è un quadro come quello riportato in figura.
Come facilmente intuibile il canale in cui si è concentrata la maggior parte dell’interazione è Facebook.
Ad integrazione segnalo come su Twitter basti fare una ricerca con un hashtag o sulle mention ( come qui – https://twitter.com/#!/search/@costacrociere ) per rendersi conto di quante richieste dirette stiano piovendo sul brand.
Dall’analisi dei canali social di Costa Crociere emerge un utilizzo come cassa di risonanza per i comunicati stampa e le notizie ufficiali dell’azienda sulla tragedia.
Un utilizzo sicuramente sensato ma che – comunque – utilizza solo parte delle grandi potenzialità che i social media hanno nella gestione delle emergenze e nel far circolare l’informazione in rete.
Ecco, poi, uno di quelli che considero uno dei più grandi degli errori commessi dal brand. L’aggiornamento delle immagini di sfondo a poche ore della tragedia.
Sono riuscito a cogliere lo screenshot proprio pochi secondi prima che le immagini venissero rimosse e l’aggiornamento cancellato in seguito a numerose polemiche.
Di per sé credo sia grave perché mostra un’attenzione a un dettaglio poco significativo e fa trasparire una mancanza di consapevolezza nei confronti delle reazioni che un gesto del genere – a poche ore dal disastro – possa generare.
Interessante risulta poi essere anche l’analisi dei commenti che sono emersi su Facebook che – a mio avviso – forniscono uno spaccato dell’Italia. Sono presenti commenti di ogni genere e tipologia, da chi accusa a chi giustifica, da chi pontifica a chi analizza freddamente la situazione, insulti e lodi si mescolano allo stesso modo nel creare un quadro davvero “bizzarro”.
Qui di seguito una gallery dei commenti che gli utenti hanno postato sulla pagina ufficiale di Facebook del Brand Costa Crociere ( http://it-it.facebook.com/CostaCrociere )
Ecco una gallery delle “parodie” e dei meme che stanno cominciando a generarsi in rete sull’argomento. I gruppi e le fanpage dedicate alla questione si sprecano (ovviamente). Impattando a livello negativo sulla reputazione e sull’immagine generale del brand.
Cercando di riassumere quanto abbiamo visto:
i social media sono un veicolo fondamentale per la comunicazione e possono giocare un ruolo chiave nella gestione delle crisi, sia al momento della tragedia sia a posteriori per informare, aggiornare e richiedere aiuto.
l’utilizzo in chiave solo informativa è limitante. Di sicuro Costa Crociere ha avuto problemi ben più grandi che pensare alla gestione della pagina Facebook negli ultimi giorni, ma avere questi spazi significa anche doverli gestire durante i periodi di “tempesta”. Questo soprattutto perché è li che si concentra la grossa parte dell’interazione.
la disinformazione che può correre lungo i social media è pericolosa. Come si vede dai commenti riportati sulla pagina di Facebook sono parecchie le problematiche che sono emerse e che meriterebbero una moderazione o una risposta quantomeno ufficiale che chiarisca la situazione. La mancata gestione di alcuni di essi può amplificare il danno di immagine subito da un brand.
la gestione delle crisi può passare anche (attenzione: non SOLO) attraverso i social media, come mostra questo articolo http://www.socialmediaexaminer.com/how-to-use-social-media-for-crisis-managem… e sarebbe opportuno che lo facesse. E’ necessario – in questi casi più che mai – che questi strumenti meritano la stessa attenzione (se non superiore) di quella destinata ai media tradizionali.
In casi come questi, imprevedibili, è necessario essere “pronti prima”. La corretta gestione dei Social Media non può che derivare da una policy adeguatamente impostata. In un recente post sul suo blog, Stefano Mizzella parla di Social Media Triage (http://www.socialmediascape.org/social-media-triage/) per la gestione delle emergenze e per capire come gestire i commenti e le interazioni più complesse con gli utenti più difficili.
E’ vero: le tragedie non si prevedono, i problemi sono altri in casi come questi e le preoccupazioni ben più serie e approfondite di una gestione non proprio perfetta dei social media. Tuttavia sono dell’idea – ed è questo quello che volevo comunicare con il post – che forse una policy migliore in casi come questi avrebbe aiutato una maggiore chiarezza e trasparenza nelle informazioni e nel tranquillizzare chi era alla ricerca di informazioni e di notizie ufficiali evitando disinformazione e limitando i ritorni negativi per il brand.
Nato nel Marzo del 2009 nel giro di meno di due anni ha già raggiunto 4 milioni e mezzo di utenti e il suo mercato è in forte crescita. Fondato da Dennis Crowley e Naveen Selvadurai,Foursquare, si basa su un concetto molto semplice, ma estremamente efficace: il suo scopo è – infatti – quello di permettere la registrazione della propria posizione e la sua condivisione con la propria rete di contatti. Come si legge sul sito ufficiale:
When you tell foursquare where you are, that’s called “checking in”. You can check in from parks, bars, museums, restaurants, libraries…really anywhere. When you check in, we’ll let your friends know where they can find you and award you points and badges based on your adventurousness. You should only check in once to where you are at the time–no drive by check-ins or couch check-ins, please!
Se la condivisione della posizione è la funzione senza dubbio principale di Foursquare non dobbiamo dimenticare che l’applicazione prevede un’altra serie di funzionalità che permettono di trasformarla in un tool interessante per avere informazioni sui locali e sulle località presenti in una determinata città. Attraverso Foursquare è – infatti – possibile associare a un determinato luogo in cui ci troviamo un piccolo messaggio che fornisce ad altri utenti le informazioni che scegliamo di condividere (ad esempio: costo medio delle pietanze del ristorante, cocktail consigliato in un pub, offerte speciali in un negozio di vestiti…). L’applicazione è poi dotata di alcune funzioni “social” che permettono – nemmeno a dirlo – la creazione di un profilo personalizzato e una lista di amici (importabile e collegabile direttamente con la propria rubrica, l’account Twitter o Facebook) attraverso la quale tenere monitorati tutti gli spostamenti e i progressi della propria rete sociale [1]
E’ tuttavia un’altra la dimensione che ha decretato il grandissimo successo che Foursquare ha avuto – e sta avendo – presso moltissimi utenti: quella “ludica”. L’applicazione, infatti, prevede un sistema di premi e ricompense basate sul tempo di utilizzo e su una serie di azioni che vengono compiute dagli utenti. Il primo livello di riconoscimento previsto è quello dei badge, che l’utente sperimenta sin dal suo primo check-in: queste “medaglie” sono assegnate direttamente e automaticamente nel momento in cui si compiono determinate azioni (per esempio dopo un determinato numero di check-in, a seconda della località dalla quale si effettuano i check-in, o delle persone con cui si effettuano…). Il sistema è poi rafforzato da una condivisione automatica del traguardo raggiunto via Facebook e Twitter e da una vera “medaglia digitale” che rimane permanentemente sul profilo personale di Foursquare, sempre visibile agli altri utenti. Il secondo livello di ricompense possibili è quello legato alla mayorship, la possibilità, cioè, di diventare “sindaci”, dei locali: anche in questo caso l’unica utilità prevista dall’applicazione è quella di ottenere un titolo che sia mostrato sul proprio profilo personale e condiviso sui social-network che l’utente ha scelto di associare a Foursquare.
E’ interessante sottolineare – in questo senso – come s’innesti spesso una dinamica competitiva tra persone – amici o anche perfetti sconosciuti – che frequentano uno stesso posto per ottenerne la mayorship. Per avere una riprova di questa tendenza è sufficiente fare una ricerca su Twitter per accorgersi della presenza di parecchi tweet dove utenti differenti si sfidano a colpi di check-in per ottenere la “fascia di sindaco” del locale in questione. E’ inoltre presente – a corredo di tutto ciò – una classifica settimanale che mostra il proprio posizionamento rispetto ai propri amici e i leader con il relativo punteggio che sarà tanto più elevato quanto più utilizzata sarà stata l’applicazione. La dimensione ludica è dunque quella predominante all’intero del servizio, ma le ricadute concrete che questa dimensione può avere (e in alcuni casi ha) possono influenzare in modo significativo alcuni processi specifici, non ultimi quelli di marketing e di business delle aziende, come si vedrà anche più avanti.
Infine, l’utilizzo frequente di Foursquare è incoraggiato anche dalla presenza della To-Do List in cui gli utenti possono tenere traccia di quello che vorrebbero fare e osservare i traguardi raggiunti.
Assumendo la distinzione operata da Riva (2008) è possibile distinguere tre dimensioni di analisi di un medium o di un artefatto: fisica, simbolica e pragmatica.
A livello di “caratteristiche fisiche” Foursquare richiede la presenza di alcuni requisiti specifici per poter essere impiegato correttamente. E’ necessaria – in primo luogo – una registrazione al sito ufficiale dell’applicazione [ http://www.foursquare.com ] che, per essere completata correttamente, richiede la compilazione dei classici campi (nome, nickname, e-mail…); successivamente sarà necessario scaricare l’applicazione mobile per il proprio device [2]. Tra o requisiti minimi per poter utilizzare l’applicazione mobile è anche richiesta una conoscenza base della lingua inglese considerando che l’interfaccia è sviluppata – per il momento – esclusivamente in questa lingua. Una volta installata l’applicazione Foursquare è pronto per essere utilizzato, a patto – ovviamente – che il proprio cellulare disponga di un servizio GPS e di una connessione dati [3] attiva.
Nel momento in cui Foursquare viene utilizzato le limitazioni dell’applicazione sono – ovviamente – quelle collegate al device (durata delle batterie, corretto funzionamento dell’interfaccia utente…) e l’esperienza d’uso dell’applicazione varia secondo il dispositivo che stiamo utilizzando (la “situazione” in cui mi trovo quando utilizzo Foursquare su iPhone è differente dalla “situazione” che sperimento utilizzando la stessa applicazione su Blackberry). In questo senso l’utilizzo dell’applicazione assume – in parte – caratteristiche che sono proprie del dispositivo che utilizzo per farla funzionare. I miei atteggiamenti e comportamenti saranno dunque influenzati in modo circolare dallo strumento e viceversa [4]. Gli input richiesti sono la semplice pressione delle icone corrispondenti al posto in cui ci si trova per effettuare il check-in.
Per quanto riguarda la dimensione simbolica possiamo notare alcuni aspetti caratteristici: tra questi: l’abbreviazione 4sq per identificare la piattaforma o altri tipici messaggi diffusi automaticamente su Twitter (assieme ai classici messaggi che sono diramati attraverso il sito di microblogging: «I just unlocked the “Swarm” badge on @foursquare! http://4sq.com/…» – quando si sblocca una badge; «I’m at Spring Creek Apartments http://4sq.com/…» – quando si registra la propria posizione; «I’m at Hartsfield-Jackson Atlanta International Airport (ATL) ??? (6000 N Terminal Pkwy, Atlanta) w/ 61 others http://4sq.com/…» – quando si effettua il check-in con altre persone Foursquare le indica con un w/ se sono contatti segnala la cosa con un @ che informa
Il fatto che l’applicazione sia in inglese incoraggia poi, molto spesso, gl
i utenti a condividere i propri pensieri e le proprie recensioni in lingua inglese anche se questi sono in realtà di nazionalità italiana o non anglofone.
Utilizzare Foursquare – almeno in Italia – significa, inoltre, fare parte di una comunità di persone abbastanza specifica. [5] E’ impiegato – infatti – con più frequenza da persone che sono appassionate o s’interessano di tecnologia e che sono più attente alle “mode” e alle novità che provengono da oltreoceano: aspetto che può essere confermato anche dai device che sono supportati dall’applicazione che hanno specifiche tecniche tipiche degli ultimi modelli (connessione dati, App Store, GPS…).
La dimensione pragmatica, consente di riflettere anche sulle modalità d’uso di Foursquare: l’applicazione viene utilizzata solitamente quando ci si trova fuori casa, quando ci si sta muovendo verso un posto e si vuole segnalare alla propria rete di contatti la posizione nella quale ci si trova. La posizione può assumere alle volte connotati legati alla ricerca di una maggiore desiderabilità sociale (voglio condividere dove sono perché sono in un posto bello e voglio rendere tutti partecipi del fatto che sono presente a questo evento o in questo posto), mentre altre volte può essere semplicemente la ricerca di persone con gusti simili in uno stesso posto, o – ancora – la volontà di controllare se in quella località siano presenti persone che si conoscono. Una riflessione interessante può essere fatta anche a proposito della possibilità – che offre Foursquare – di condividere, o meno, la propria posizione [6]. L’applicazione consente, infatti, di non mostrare alla propria rete i check-in che sono effettuati registrando comunque la posizione con l’unico scopo di aumentare il punteggio generale.
Una riflessione interessante può essere fatta anche in merito alla mancanza – perlomeno fino a qualche tempo fa – di un reale controllo che impedisse agli utenti di fare check-in da dove volessero (per esempio se a un convegno americano so che è possibile acquisire una badge e conosco il nome del convegno posso semplicemente cercarlo nella lista generale delle venue e fare il check-in come se mi ci trovassi realmente). Con alcune modifiche del software Foursquare ha comunque cercato di limitare il comportamento dando la possibilità all’utente di fare comunque il check-in ma non dando nessun punteggio o riconoscimento in modo da scoraggiare il comportamento scorretto.
Un’altra funzione introdotta di recente – anche in vista del successo di Instagram [7] – è la possibilità di associare delle fotografie al proprio check-in e di commentare quello degli altri con un breve messaggio di testo. Un’altra “lezione” che Foursquare ha “imparato” direttamente dagli utenti è quella che ha visto – piuttosto di recente – l’introduzione dell’indicatore che mostra quanti check-in manchino per l’acquisizione del titolo di mayor: una funzione che è stata a lungo chiesta dalla comunità e che non era inizialmente prevista nelle funzionalità dell’applicazione che si limitava a informare semplicemente quando il titolo veniva conquistato.
Foursquare prevede anche la possibilità di attivare notifiche push che sono in grado di informare – tramite brevi messaggi di testo [8] – in tempo reale della presenza di amici nelle vicinanze rafforzando l’utilità immediata dell’applicazione (in accordo anche con il principio del kairos identificato da B.J. Fogg in riferimento all’influenza persuasiva delle tecnologie sugli atteggiamenti e sui comportamenti dell’essere umano).
Foursquare diventa quindi uno strumento per rafforzare la propria comunicazione sui social media: attraverso l’applicazione posso tenere aggiornati i miei contatti sulle azioni che sto compiendo, su quello che voglio fare, sui posti in cui mi trovo: la possibilità di collegarlo con Twitter e Facebook consente di estenderne le opportunità comunicative permettendomi di rendere nota la mia posizione anche a persone che non utilizzano l’applicazione e dando loro la medesima possibilità di commento che è offerta agli utilizzatori del servizio.
In conclusione possiamo considerare Foursquare un’applicazione a bassa virtualità che “sovrappone” allo strato fisico una serie d’informazioni digitali che ci permettono di: condividere la nostra posizione con una rete – più o meno selezionata – di contatti, ottenere informazioni su località che non conosciamo, partecipare a un’esperienza “ludica”.
Le applicazioni più concrete e “utili” di Foursquare si hanno però – probabilmente – nel mondo aziendale. Per le venues è – infatti – possibile (sempre tramite il sito ufficiale) creare offerte speciali per gli utilizzatori di Foursquare, creare coinvolgimento tramite premi forniti ai mayor e organizzare piccoli contesti [9]. Se a un primo sguardo quest’applicazione di Foursquare può sembrare una perdita di tempo non va comunque sottovalutata [10]: l’utilizzo di Foursquare in chiave marketing non si limita però semplicemente alla creazione di offerte e di occasioni speciali, ma può divenire (a patto che venga raggiunta la dovuta massa critica anche in Italia) un utile strumento di monitoring attraverso cui tracciare le conversazioni e le abitudini dei consumatori permettendo ai brand di muoversi di conseguenza e di tenere traccia di possibili criticità o di nuove tendenze emergenti. [11]
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[1] Per maggiori informazioni sul funzionamento – di per sé estremamente semplice – è possibile guardare il video ufficiale presente sul sito internet ufficiale e su YouTube –
[2] Un elenco dei dispositivi supportati è presente direttamente sul sito ufficiale di Foursquare –http://foursquare.com/ e include tutti i modelli di smartphone più diffusi sul mercato internazionale. Nella presente trattazione si assumerà – per ragioni di praticità – come esempio d’interfaccia quella realizzata per iPhone iOs.
[3] La connessione dati se ci si trova negli Stati Uniti non è indispensabile e il servizio può essere comodamente utilizzato anche via SMS senza costi aggiuntivi, analogamente a quanto accade con Twitter.
[4] In questo senso possiamo fare riferimento anche al modello Bi-Circolare Bi-Direzionale teorizzato da Antonietti e Colombo (2008) in cui si mostra come le credenze e le rappresentazioni che le persone possiedono circa un tool ne influenzino l’utilizzo e i comportamenti d’uso. In questo senso facendo un esempio molto banale potremmo dire che nel momento in cui gli utenti avessero sul proprio cellulare la possibilità di scattare fotografie in alta risoluzione non solo potrebbero, in “potenza” adottare questo comportamento, ma ne sentiranno più urgentemente la necessità, rispetto a chi non abbia a disposizione quello strumento. Lo stesso discorso per Foursquare potrebbe essere fatto rispetto a chi possiede una connessione flat attiva 24/7 che lo metterà in condizione di sfruttare al massimo tutte le affordance messe a disposizione dell’ambiente senza troppe preoccupazioni.
[5]
Non sono presenti statistiche ufficiali circa gli utenti totali di Foursquare in Italia: alcuni blogger di settore ipotizzano che il numero di utenti possa essere attorno alle 100.000 persone circa.
[6] Una parentesi interessante potrebbe essere aperta anche sulla dimensione di privacy che scaturisce da Foursquare. Un sito interessante incrocia i dati di Foursquare e Google Maps in una mappa che mostra le case “svaligiabili” tranquillamente dai ladri (http://pleaserobme.com/): si tratta di un’iniziativa nata con l’unico scopo di sensibilizzare le persone circa la condivisione della propria posizione.
[7] Si tratta di un’applicazione per iPhone che permette semplicemente la condivisione con la propria rete di contatti di fotografie scattate mediante la fotocamera del device mobile. Maggiori informazioni – http://instagr.am/
[8] Nell’interfaccia iPhone l’impressione è – a tutti gli effetti – quella di ricevere un normale SMS.
[10] In questo senso un’interessante evento su questi temi si è tenuto a Bologna lo scorso luglio la I Italian Conference dei Sindaci di Foursquare in cui si è discusso – tra le altre cose – dei possibili impieghi Business dell’applicazione. Il sito ufficiale dell’evento è http://www.4sqconf.org/
Digital thought leader. Professor. Eternal student. Holds a dual bachelor’s degree in learning processes and neuroscience and an MSc in education. Karatedō master. Ph.D. in Psychology. Book author.
Partner in Deloitte Consulting - Organization Transformation | Human Capital.
Stefano led the Digital and Future of Work solution within EY andwas responsible for wavespace Italy: innovative and collaborative hubs for transformative experience design.
He is a professor for diverse business schools and universities (MIP – Politecnico di Milano, UniversitàCattolicadiMilano, Sole24Ore Business School) about social and digital media use to heighten business outcomes.
Stefano has a master’s degree in long-life education, and a bachelor’s in learningprocesses achieved with a thesis on how to use social networks within companies to generate significant learning (awarded by TIM Working Capital as one of the most innovative Italian projects in 2010). He was also a visiting student at UCLA in 2011. In 2016 has started a bachelor’s in psychology and neuroscience for a second degree completed in 2018. He holds a Ph.D. in Psychology on PositiveInnovationNetworks to study the impact of networked flow on innovation.
He has also published many online and offline studies (including HarvardBusinessReview) a book about video games and gamification, one on Collaborative Organization with EGEA in 2018, and two in 2021 on Digital Transformation and the Future of Work with Hoepli.